Nozze d'oro. Enrico Castelnuovo

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Название Nozze d'oro
Автор произведения Enrico Castelnuovo
Жанр Языкознание
Серия
Издательство Языкознание
Год выпуска 0
isbn 4064066070649



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ruvido!

      — S'è visto a' suoi funerali — disse Giacomo. — Da dieci, da venti miglia son venuti per rendergli onore.

      — Povero zio! Era di cinqu'anni più giovine del babbo... Potrebb'esser oggi con noi... E chi sa?... Forse mio fratello Cesare sarebbe rimasto, forse certi attriti sarebbero stati evitati.

      — È morto tredici mesi giusti dopo il signor Manlio, in Marzo.

      — Appunto; in quell'anno non finiva mai di nevicare.

      — E l'han portato via in mezzo alla neve..... Che tristezza!

      L'Angela diede una capatina nella stanza attigua ch'era l'antica biblioteca dello zio e ov'ella aveva fatto collocare due letti pei due nipoti Alvarez.

       — Certo ch'è molto ingombra e che quei due ragazzi saranno un po' pigiati. Ma sono due futuri militari e si adatteranno.

      — Mi ricordo d'averli visti un'unica volta, da bambini... ed erano sprezzanti e scontrosi più del bisogno — borbottò Giacomo, mentre, traversando la sala, s'avviava con la padroncina alla camera che, da ragazzi, Luciano e Girolamo Torralba dividevano insieme e che ora l'Angela destinava al primo dei due fratelli.

      Per la Marialì e pel marito era pronta la camera gialla, l'antica camera delle ragazze, ampia ed ariosa, ove le tre sorelle avevano scambiato tante chiacchere e fatte tante allegre risate, ove nessuna delle tre si svegliava la notte senza svegliare le altre due e richiamar la loro attenzione sul russare romoroso di Mademoiselle Lucie, la governante francese, che dormiva lì presso. Allora le tre birichine russavano anch'esse con certe note nasali così stravaganti e caratteristiche che Mademoiselle Lucie si destava in sussulto e gridava picchiando sul muro: — Mais, Mesdemoiselles, est-ce que vous ne pouvez pas dormir sans ronfler? C'est tout à fait inconvenant.

       Oh felici autunni di Villarosa, quando la famiglia era tutta riunita, e i genitori erano sani e robusti, e non un'ombra turbava l'accordo delle tre sorelle! L'Angela non invidiava nè la bellezza florida e regolare della Letizia, nè la bellezza capricciosa e vivace della Marialì: anzi ell'era superba di loro, superba dell'ammirazione ch'esse destavano; sempre la prima a magnificare i loro pregi, sempre l'ultima ad accorgersi dei loro difetti. Ella non vedeva, non voleva vedere il freddo egoismo che si nascondeva sotto le apparenze corrette della Letizia, non vedeva, non voleva vedere, dietro il sorriso affascinante della Marialì, nei movimenti felini della sua persona leggiadra, una smania morbosa di piacere, di soverchiare, un desiderio insaziato di lodi e di adulazioni, una sensualità raffinata ed irrefrenabile. All'Angela bastava che quelle sue sorelle l'amassero, che così la maggiore come la minore (ell'era di tre anni più giovine dell'una, e di due più vecchia dell'altra) ricorressero a lei per consiglio e per ajuto, e perchè aveva anch'ella un poco di vanità (chi non ne ha a questo mondo?) si godeva a sentirsi dire: — Tu sei più savia, tu sei più buona di noi.

       Ah, quelle parole la Letizia gliele aveva ripetute con amara ironia dopo la morte dello zio Luigi: — Era naturale che lo zio ti preferisse nel suo testamento. Tu sei la più savia, tu sei la più buona... anche con gli zii ricchi...

      Questo aveva osato rinfacciarle la Letizia Alvarez, tornando dal cimitero, in una giornata rigida di Marzo, ed ella, colpita nel cuore dall'ingiuria immeritata, non aveva saputo nemmeno difendersi, non aveva saputo che inghiottir le lacrime che le rigavano il viso. Ah, in quel giorno ella s'era dovuta persuadere che non aveva più sorelle... L'altra, Marialì, la sua dolce Marialì, ella l'aveva perduta prima, fin da quando la bella inconsciente le aveva preso il cuore di Giulio Frassini e se l'era sposato...

      Avrebbero ora dormito insieme in quella camera, Giulio Frassini e la Marialì, egli forse innamorato sempre della moglie ancor bella e seducente a quarantadue anni, ella con la testa piena di fisime galanti e di null'altro tanto sollecita quanto di conservare il più a lungo possibile il suo impero sugli uomini.

       — Mia sorella è freddolosa — disse l'Angela dopo aver dato un'occhiata al letto. — Bisognerà che domattina la Maddalena aggiunga una coperta.

      Ritto sulla soglia, reggendo con la destra il candeliere e posando la sinistra sulla gruccia d'un uscio, Giacomo aspettava.

      — Apri, apri — ordinò la padroncina, ed entrò dietro di lui nella stanza che vent'anni addietro era occupata da Mademoiselle Lucie, e ch'ella, l'Angela, aveva presa per sè dopo il matrimonio delle sorelle, pur non passandovi la notte già da due anni, da quando cioè, per vigilar meglio i suoi genitori, ella dormiva al pianterreno.

      Oggi quella camera era preparata per l'Antonietta, la primogenita della Marialì che doveva avere ormai 18 anni compiti, e che l'Angela non vedeva da tempo. Però, da quando la ragazza era uscita di collegio, zia e nipote s'erano scambiate lettere affettuosissime, e questa corrispondenza aveva fatto nascere tra loro una viva simpatia. Già all'Angela sorrideva l'idea di poter riportare sulla giovinetta la tenerezza ch'ella provava un giorno per la sorella. E ora, alla vigilia dell'arrivo di lei, ella pregustava la gioja di venire la mattina presto a chiamarla e di condursela in giro pel giardino e per l'orto e di far lunghe chiacchierate insieme.

      — L'ultimo ritratto che abbiamo dell'Antonietta — ella osservò — è del 1895 quand'ell'era all'Annunziata a Firenze ed era tanto bellina, anche nel vestito da collegiale che generalmente ingoffisce.

      — Nel 1892 — soggiunse Giacomo — allorchè la signora Marialì giunse improvvisamente a Villarosa coi figliuoli e vi si trattenne un paio di settimane, la signorina Antonietta era in sottane corte e aveva i capelli giù per le spalle. Era un po' magra, ma che splendidi occhi aveva! E che sorriso! E com'era piacevole e manierosa!

      — I miei ricordi personali risalgono al 1890 — sospirò l'Angela; — al giorno dei funerali del povero zio... Nel 92 ero a Parigi da Luciano; nell'autunno del 96 la Marialì passò a Villarosa un giorno solo coi due maschi ch'ella accompagnava in Svizzera nel collegio ove sono tuttora.

      — O che non ci sono scuole da noi? — domandò il servo.

       — Ma! Ognuno ha i suoi gusti... Io, se avessi avuto figliuoli, non li avrei messi certo in collegio. Perchè allontanarli da sè?

      Giacomo, ch'era un savio, fece una riflessione da par suo.

      — Gli è che quelle che sarebbero nate per esser madri non si sposano; si sposano invece quelle per le quali i figliuoli sono altrettanti impicci.

      — Bisognerà ricordarsi di far portar domani in questa camera una coppa di rose — riprese l'Angela lasciando cader l'allusione. — Una ragazza non può non amare i fiori.

      — Il giardiniere diceva oggi che delle rose ce ne son poche.

      — È tardi, lo so. Ma ce ne saranno abbastanza da riempirne una coppa... Villarosa, Villarosa! È un nome che crea degli obblighi... È vero però che converrebbe far nuovi innesti, nuove piantagioni, e quando i padroni non se ne occupan loro...

      — Il signor Manlio e il signor Luigi avevano una passione pel giardino...

      — Anch'io l'avrei... Ma non ho tempo... purtroppo!

       — E sacrificata sempre...

      — No, Giacomo, non è la parola giusta... Non è un sacrifizio, il mio; è un dovere sacrosanto che mi augurerei di poter compiere fino all'ultimo giorno della mia vita... Triste, triste cosa il veder invecchiare coloro a cui si vuol bene!

      Dopo una breve pausa, e senza indugiarsi in altre considerazioni, l'Angela ripigliò: — Ora siamo quasi al termine del nostro giro. Non ci restano che le due camere del signor Girolamo e del signor Tullio... Animo, facciamo quest'ascensione.

      Le due stanze erano al secondo piano, tutt'e due in buonissima plaga; non avevano che l'incomodo della scala un po' erta.

      — Girolamo capirà che non si poteva diversamente — disse l'Angela. — Luciano è piuttosto corpulento e non era possibile collocarlo quassù... Anche mia cognata, se viene, s'adatterà... Non saprei proprio in che altro modo accomodarla... Però bisognerà domattina portar su una poltrona...

      — Di dove la leviamo? — chiese Giacomo. — Ha voluto che tutti