Название | Lia |
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Автор произведения | Delio Zinoni |
Жанр | Научная фантастика |
Серия | |
Издательство | Научная фантастика |
Год выпуска | 0 |
isbn | 9788885356016 |
Mangiammo. Del primo uccello, Riskrill gettò nel fuoco la testa, si lanciò alle spalle le ossa, seppellì in un buco praticato in terra con un dito il fegato. Paradin lo imitò con cura.
Il giovane era seduto vicino a me.
â Perché? â chiesi, senza molta speranza di ricevere una risposta. Ma forse il cibo e il vino, oppure lâesecuzione della cerimonia, avevano rotto la consegna del silenzio.
â Per conciliare. Il loro spirito â rispose. La sua voce era bassa, leggermente roca, come il fruscio del vento fra le foglie secche. Mi venne in mente che era come il suo mantello: adatta a confondersi con il bosco. â Lo spirito degli animali. Ha quattro forme. Fuoco. Aria. Terra. Acqua â aggiunse inaspettatamente.
Ci misi un momento a capire. Ma... â Acqua? â chiesi, parlando anchâio a voce bassa.
â La saliva â rispose lui.
Il ragazzo aveva più o meno la mia età . â à tuo padre?
â No. Maestro.
â Come faceva a sapere che quellâuccello si sarebbe levato?
â Il maestro è un grande cacciatore. Conosce la natura degli animali. â E dopo una pausa, a voce ancora più bassa: â Un giorno anchâio sarò un grande cacciatore.
Osservai il giovane Paradin con una certa invidia. Lui sapeva cosa sarebbe diventato. O almeno cosa voleva diventare. Il suo sguardo incrociò il mio.
Baran disse: â Stiamo cercando la strada per il mare.
Riskrill disse: â Vi accompagneremo. Per un tratto.
â Da dove vieni? â chiesi a Paradin.
â Gaskill. à un piccolo villaggio. â Indicò una direzione. Non chiese da dove venissi io.
Notai un movimento con la coda dellâocchio. Riskrill si era alzato, senza produrre il più piccolo rumore. Paradin lo imitò dopo la pausa di un respiro.
Il vecchio indicò â Di lì. Vi raggiungeremo. Volete comprare cibo?
â Sì, certo! â disse Myrtilla.
I due se ne andarono senza voltarsi. Appena superati i primi alberi, svanirono del tutto alla nostra vista.
Due ore dopo, e una lega circa di strada, ad un crocevia: eccoli ad attenderci.
Paradin appoggiò a terra un involto di pelle. Lo srotolò. Carni rosse, scuoiate. Forse due lepri e qualche uccello che non riconobbi. Alcune radici e delle erbe, raccolte in mazzi.
Myrtilla si inginocchiò per guardare. â Quanto? â chiese.
Il maestro nominò una cifra, molto modesta. Baran lo pagò senza mercanteggiare, e Myrtilla mise cacciagione e vegetali in un cesto. Paradin riavvolse la pelle. I due presero per una delle strade e noi li seguimmo. Non si voltarono mai a guardarci, né ci rivolsero la parola. Di tanto in tanto si scambiavano occhiate, segni, forse un paio di volte una parola sussurrata. Nessuno di noi osò turbare i loro misteriosi colloqui. I pochi contadini che incontrammo salutarono i cacciatori come se li conoscessero, ricevendo in cambio un cenno del capo.
Poco prima di mezzogiorno raggiungemmo una sorta di passo fra le colline. La vegetazione era rada: ginepro, ginestre quasi in fiore, qualche quercia. Molte altre piante di cui un abitatore della città , come me, non conosceva il nome, e probabilmente non lo conoscerà mai.
Oltre il crinale, le colline si adagiavano nella pianura. La calura rendeva indistinti i contorni, ma si intravedeva il nastro grigio-argento di un fiume, macchie più scure che forse erano città , tratti più chiari di strade.
Riskrill indicò. â Ah! â disse Baran, come riconoscendo i luoghi.
Paradin era sparito. Tornò poco dopo con della legna secca. Come per incanto, il fuoco era già acceso. Myrtilla gli sorrise grata e prese le provviste, gli attrezzi da cucina.
Ricordo che faceva molto caldo, le cicale cantavano forte fra lâerba secca, e la strada polverosa aveva accresciuto la nostra sete. Myrtilla prese un fiasco di vino che aveva tenuto in fresco nella botticella dellâacqua.
Paradin si sedette di nuovo accanto a me, per mangiare. Io mi ero tolto la giacca, e lâamuleto di Occhi di Gatto mi usciva dalla camicia slacciata. Me lo tolsi dal collo e lo mostrai a Paradin. Forse perché era lâunica cosa che avessi che potesse interessarlo, pensai.
Lui lo prese e se lo rigirò fra le dita. Era una sfera perfetta, nera, di un materiale opaco e liscio, che non avevo mai visto e di cui non sapevo il nome. Vidi che anche Riskrill la fissava.
â Questo â disse Paradin. â Possiede un grande potere.
â Come lo sai? â chiesi.
â Noi... cacciatori. â Con un movimento degli occhi cercò forse lâapprovazione di Riskrill. â Conosciamo la magia. La caccia è magia. Il cibo è magia. La magia... â Non gli avevo mai sentito fare un discorso così lungo. â à sapere le cose.
Riskrill si alzò. Paradin teneva ancora fra le dita la sfera magica. Me la restituì, e nel farlo la sua mano si strinse attorno alla mia.
â Vi ringraziamo â disse Baran.
Fra i cespugli bassi, i due sparirono, in un tempo sorprendentemente breve.
(25) I DUE AMANTI
Il villaggio si chiamava Ardzilla, ed era davvero piccolo. Non doveva capitare molto spesso che vedessero un carro di teatranti, lì fra le Colline Ventose, a parecchie leghe dalla Strada del Mare.
Câera una locanda passabilmente pulita, con una sala comune per gli ospiti e un cortile piuttosto grande, che dâestate doveva servire anche per trebbiare il grano.
Baran fece i suoi calcoli. Si accordò con lâoste. Non câera bisogno di manifesti, ad Ardzilla. Al calar della sera, il villaggio si era riunito quasi al completo nel cortile della locanda, senza riuscire a riempirlo.
Allestimmo uno spettacolo senza scene, usando come palcoscenico i tavoli della sala comune. In programma: la farsa di Galapin e Pandeimon, con intermezzi musicali e danzati. Astrix faceva Galapin, Myrtilla la servetta astuta, Baran lâavaro. Gertrid era andata a dormire presto, lamentando un mal di testa, e Dumpy Dum suonava una quantità impressionante di strumenti, anche contemporaneamente.
I tre sulla scena improvvisavano quasi tutto. Pandeimon venne abbindolato come di dovere, Galapin e Yvette si sposarono.
I bambini, seduti per terra in prima fila, guardavano con grandi occhi seri, ridendo solo ad imitazione dei grandi. Quello era probabilmente il primo spettacolo della loro vita. Non avevano mai visto la Festa delle Maschere, con duecentoquaranta spettacoli in una sola sera!
Il pubblico adulto rise con moderazione: anche loro non dovevano essere molto abituati alla finzione teatrale. Nondimeno, ci ricompensarono con maggiore generosità dei cittadini di Larissa, in proporzione al loro numero e alla loro ricchezza.
Alla fine, lâoste e Baran divisero il guadagno, con reciproca soddisfazione.
Andammo a letto quando il sole era tramontato da poco, e fummo svegliati allâalba per la colazione: latte cagliato e miele. Cominciavo a pensare che la vita del comico di campagna fosse ciò che faceva per me, dopo tutto.
Phainon è molto diversa da Larissa: posta allâincrocio di due grandi vie di comunicazione, affacciata sulla riva di un