Название | Lia |
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Автор произведения | Delio Zinoni |
Жанр | Научная фантастика |
Серия | |
Издательство | Научная фантастика |
Год выпуска | 0 |
isbn | 9788885356016 |
Lâuomo sospirò, e prese la mano della sua compagna.
â Adesso ho tre motivi per ringraziarvi â disse. â Vedete, io sono Lektos Ly.
(26) LA STORIA DI LY
Lektos Ly! Il monarca, il tiranno, lâaffamatore del popolo, il violentatore di fanciulle!
Guardai con occhi spalancati lâuomo biondo e la sua cicatrice, poi la donna che gli sedeva accanto, con unâespressione allarmata, e infine i miei compagni, che in verità non mi parevano stupiti quanto la situazione sembrava richiedere.
â Ho saputo della vostra recita a Larissa â iniziò il tiranno. â No, no, non dovete scusarvi â (nessuno, mi pareva, aveva accennato a scusarsi). â Questo è il primo motivo per cui devo ringraziarvi. à stata unâoccasione per dimostrare che non tutti a Larissa sono disposti a chinare la testa davanti al nuovo regime. Il nome di Lektos Ly non è solo esecrato e vilipeso, il fango della menzogna non lâha ancora ricoperto del tutto.
Si andava infervorando.
â Scusatemi. So che le vostre intenzioni erano altre, e non posso certo farvene una colpa. Ho imparato anchâio, e molto in fretta, questa lezione: che chi vive sulla strada non può permettersi di guardare se la mano che gli porge il cibo abbia le unghie curate. Forse un giorno potrò ricompensarvi per il rischio che, mi pare di capire, avete corso a causa dellâazione messa in atto dai miei sostenitori. Oltre, naturalmente, ad aver salvato me e la mia compagna dai sicari dei Dieci, poco fa. Suppongo faccia parte della nobile arte dellâattore riconoscere la vera natura degli uomini sotto le apparenze. Voi avete riconosciuto la nostra e ci avete protetto, e quella dei cavalieri, e li avete mandati su una falsa pista. Sì: erano sicari incaricati dai tiranni di Larissa di cercarci. Per uccidermi, suppongo. E non oso pensare a ciò che avrebbero fatto a mia moglie e alla creatura che...
Prese la mano della donna senza finire la frase.
â Non si accontentano più del mio esilio!
La sua compagna gli lanciò unâocchiata che pareva vagamente di rimprovero. Intuii che volesse dire: non sei davanti a qualche assemblea! Sta di fatto che da quel momento lâesposizione di Lektos Ly divenne un poco meno magniloquente.
Ma ecco, così come la ricordo, la sua storia.
Sono stato Tecnarca di Larissa. Non per mio merito, ma per intrighi altrui. Una comparsa destinata a lasciare la scena poco dopo il levarsi del sipario, giusto il tempo di intrattenere con qualche lazzo gli spettatori, mentre dietro le quinte gli attori veri si disputavano la parte principale. Le grandi famiglie che governano Larissa si erano accordate su di me come male minore, burattino, capro espiatorio se fosse stato necessario. Un animale ammaestrato, ecco cosâero per loro!
Ly tratteneva a fatica la rabbia. Si era alzato, e solo la mano della sua compagna lo indusse a risedersi.
Sono stato Tecnarca di Larissa per nove anni. Gli attori veri non si aspettavano che durassi tanto a lungo. Ma gli accidenti della fortuna, lo stallo delle forze, il favore del popolo... da burattino a burattinaio.
Come sempre lâesercizio del potere crea nemici. Rancore in chi se lâè visto sfuggire di mano, invidia in chi pensa di possedere meriti superiori, e tante altre sfumature di odio.
Concepii, iniziai ad attuare un piano audace: liberare Larissa dalla cappa soffocante della sue tradizioni, dei patetici rituali che ci rendono oggetto di riso nelle città allâintorno, che ci impediscono di trarre giovamento dalle ricchezze del nostro territorio e dallâingegno del nostro popolo.
Pensavo di poter iniziare questâopera dai luoghi stessi del potere, dalla cerchia di persone che mi era più vicina, dai costumi che sovrintendono ai legami di parentela della nobiltà .
Dovete sapere questo: diventando Tecnarca mi ero fidanzato. Poiché non ero sposato, la scelta era stata quasi obbligata. La fanciulla apparteneva ad una delle famiglie che avevano stretto il patto sulla base del quale ero giunto al potere. Costei, in effetti, era solo una nipote acquisita del capo di una delle famiglie in questione: segno della considerazione in cui mi tenevano! Comunque, non devo lamentarmi: fra la nobiltà di Larissa, i matrimoni vengono combinati in funzione delle alleanze politiche. Suppongo accada in molti altri posti.
Ho detto fanciulla, ma dovrei dire bambina. Allâepoca del nostro fidanzamento lei aveva otto anni. Lâetà minima per sposarsi da noi è di quattordici, per le femmine. Per sei anni, dunque, il matrimonio rimase una promessa. Un altro trascorse nellâattesa: se lâetà minima è quattordici, il costume lâallunga normalmente di un anno. Nel frattempo, lei era cresciuta: una creatura pallida e fragile, che a fatica si poteva immaginare potesse procreare dei figli. Aveva grandi occhi neri e lâombra violacea delle vene dietro la pelle color cera. Questo è quanto ricordo di lei. Il suo nome non ha importanza.
Le facevo visita una volta alla settimana. In presenza delle sue dame di compagnia, conversavamo: del tempo, di etichetta, dei colori dei vestiti da indossare durante una caccia alla volpe, e di quelli per una gita in collina a mezza estate.
Tra le sue dame di compagnia...
Ly gettò unâocchiata alla sua donna, che arrossì leggermente.
Avrete compreso. I nostri occhi spesso si incontravano. Il suo saluto, cominciai ad immaginare, era diverso da quello che rivolgeva a chiunque altro. Giunsi ad attendere con ansia quegli incontri con la mia fidanzata!
Ly fece una lunga pausa. Poi riprese bruscamente.
In breve: diventammo amanti. Blanche ed io.
La cosa, inevitabilmente, si riseppe. Questo, di per sé, non era motivo di scandalo. A un Tecnarca, come ad ogni potente, sono consentite delle distrazioni, soprattutto se non ancora sposato, e a patto che ad esse indugi con discrezione.
Ma io e Blanche non eravamo solo amanti. Ci amavamo. E questa, questa era una inconcepibile infrazione allâetichetta!
Blanche rimase incinta. Anche questo si sarebbe potuto accomodare. Una periodo di vacanza in qualche villa di campagna... Le famiglie nobili di Larissa sono piene di bastardi.
Fu a questo punto che concepii il mio piano. Audace, folle, ingenuo: giudicate voi.
La mia politica di riforme mi aveva creato molti nemici, ma anche un seguito di sostenitori entusiasti: mercanti, cadetti, qualche nobile dalle idee aperte, letterati imbevuti di antiche dottrine, popolani che non avevano nulla da perdere. Sfidai il Senato. Ripudiai la mia promessa sposa. Contemporaneamente, proposi leggi innovative, rivoluzionarie: dal condono dei debiti, alla ridistribuzione delle terre. Fidavo nel sostegno di chi mi aveva manifestato simpatia durante gli anni di regno, e del popolo che non poteva non vedere in me un difensore, nello scarso peso familiare della mia ex-fidanzata.
Si sa: gli amici si trovano nella buona sorte, si perdono nella cattiva.
Molti che credevo fidati si tirarono indietro. Alcuni presero le parti dei miei avversari. Pochi mi rimasero fedeli. Perfino lei, la mia promessa sposa, trovò parole eloquenti per accusarmi davanti al senato. Tanto può lâorgoglio ferito; o forse qualcuno le aveva preparato il discorso.
Quanto al popolo, per lo più, rimase a guardare. Mi resi conto che per loro ero solo un nobile come gli altri, forse con idee un poâ bizzarre. Non mi avevano mai capito, né io avevo capito loro, suppongo.
Ecco, la mia storia è già finita.
Alzò le spalle.
Hanno decretato il mio esilio, sotto una qualche accusa di tradimento.