Название | Niccolò de' Lapi; ovvero, i Palleschi e i Piagnoni |
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Автор произведения | Massimo d' Azeglio |
Жанр | Языкознание |
Серия | |
Издательство | Языкознание |
Год выпуска | 0 |
isbn | 4064066070090 |
—Basta: lasciamo star le fanterie... So bene, anche tra loro sono di valentuomini.... ma ognuno ha da far l’arte sua: ed io mi trovo ormai troppo innanzi cogli anni per impararne una nuova, e se voi volete ch’io possa far cosa buona mi dovete concedere... conosco ch’è un grand’ardire il mio... voi vi maraviglierete.... ma ai termini ov’è ridotta la città non mi riuscirebbe, cred’io, neppur con dugento ducati.... chi l’ha l’adopera per se.... e poi già chi me li darebbe questi danari; insomma, per non allungarla di più, se voi non mi date licenza ch’io mi possa valere del mio cavallo, io mi troverò impacciato.—
A metà di questo discorso Fra Benedetto s’era di nuovo posti gli occhiali, ed appoggiando ambe le mani sui bracciuoli del seggiolone si faceva innanzi colla persona alzando il capo verso il laico, e guardandolo fiso, fiso. Quando finì di parlare il vecchio tacque per mezzo minuto pur seguitando a guardarlo, poi con voce che sonava somma maraviglia, disse due o tre volte:—
—Cavallo? Cavallo? Oh che Domin c’entra il cavallo? Ma a che modo l’intendete? V’ho io detto forse che andassi a giostrare?—
—Ma Fra Benedetto mio, e’ non è mal di giostra; chè qui si fa da maladetto senno... e, com’io v’ho detto, e’ mi basta la vista ancora di far il mestiero a cavallo... ma a piede!—
—E chi v’ha detto di far il mestiero? e di farlo a cavallo o a piede?... col ben che Dio vi dia! Che pazzie son queste? Vi dico di far l’ufficio di buon religioso, d’attendere all’anima, alle cose di Dio... e vo’ m’uscite fuori col cavallo, colle picche e colle fanterie! E’ mi par che vogliate la baja del fatto mio! Andate, andate che vo’ m’avete chiarito... ed io che gli davo retta! Oh Signore, Signore, dammi pazienza con costui!—
—Fra Benedetto.... non v’adirate, disse Fra Giorgio accortosi dallo sbaglio, e tutto doloroso di trovarsi da capo quando già credeva d’aver aggiustate le cose sue. E’ non c’è mal nessuno..... vo’ l’intendete a un modo, io l’intendevo a un altro.—
Visto poi che il superiore taceva e soffiava con certi scrollamenti di capo che non presagivano nulla di bene, si risolse in tutto, dacchè si trovava avere scoperto l’animo suo, di volerla vincer egli; e venendo un tratto a mezza spada, disse col fare di chi non è più per tornare addietro:
—Orsù Fra Benedetto, ascoltatemi. Se voi non mandavi per me sarei venuto di mio, ch’io mi trovo in troppo travaglio per poterla durare. Io vi confesso che stamattina ho fatto errore in tempo di messa, e vi prego a perdonarmi come spero mi vorrà perdonare il mio Signore Iddio. Io vi confesso che gli altri frati hanno mille ragioni di dolersi di me, che i miei portamenti non sono quelli d’un buon religioso. Io sono un omaccio, un pezzo di carne cattiva.... ma forse ci ho che far io s’i’ mi sento struggere, s’i’ perdo il sonno, s’i’ mi rodo giorno e notte di non trovarmi in sulle mura quando vi si fa all’archibusate!.... Ci ho che far io se ho una natura tanto nuova, tanto pazza.... dite pure tanto perversa, che io non ho bene se non quando mi trovo in mezzo alle picche, agli archibusi, alle busse e a mille malanni?.... Io non ho mancato di far il dovere, come m’avete insegnato, per ispegnere codeste fantasie: io digiuni, io orazioni, io discipline.... E sono stati scherzi! Ora io vi protesto che il mio cuore non s’è discostato un dito dal glorioso barone S. Domenico, nè dalla sua santa regola, e ch’io voglio vivere e morire in quella. Io mi ricordo de’ miei peccati, e so che ho da farne la penitenza... e la vo’ fare. A questa guerra io non ci vo’ nè per avvantaggiarmi, nè per salire in grado, nè per altri fini mondani. Io ci vo’ perchè a questo modo io non ci posso stare, ch’io impazzerei; ci vo’ per difendere questo stato popolare, come volle il nostro Beato Fra Girolamo.... e quanto alla penitenza voi la farete in convento, io su per le mura alla neve, e al freddo; voi digiunerete ed io digiunerò; voi farete le discipline e io troverò ronche e spiedi che mi conceranno Dio sa come!
Io non sono in sacris.... sapete voi s’io ho lettere latine!... Ma lo fossi anco... la buona memoria del cardinale Sanseverino l’ho veduto con questo pajo d’occhi (chè allora ce gli aveva tutt’a due) alla giornata di Ravenna su un bel bajo turco, tanto bene a cavallo, tanto ardito e ben armato che io ne disgrado il sig. Giovanni,[6] e Napoleone Orsino, l’Abatino di Farfa, non corr’egli Casentino co’ suoi cavalleggieri? e poi tant’altri.... E se v’è caso in cui anche voi altri preti dobbiate ajutar la difesa, è questo senza dubbio; e volete che ve la canti chiara? Quest’esercito non è per far da motteggio, e vedo di gran nugoli serrarsi addosso Firenze, e se ognuno di noi non val per tre, e’ può venire il punto che ce n’abbiamo a pentire.... Li conosco questi Bisogni[7], questi Lanzi gli ho veduti al sacco di Roma.... dove pur troppo.... anch’io.... basta, Iddio mel perdoni.... e se riescono a rovinar in città un giorno o l’altro addio Parigi... e’ non vi sarà nè chiesa nè convento che tenga. Ora voi m’avete inteso, conoscete l’animo mio; datemi dunque buona licenza, e coll’ajuto di Dio non ve n’avrete a pentire.—
Il buon vecchio udendo quel parlare cotanto risoluto, rimase senza parola. Egli non era sprovveduto di quel coraggio che sostiene l’uomo virtuoso quando si tratta d’adempiere al proprio dovere, ma come s’è veduto, l’ardire proprio de’ soldati non era il fatto suo, e si può credere che avrebbe amato meglio trovarsi un po’ più lontano da quelle benedette artiglierie: onde il vedere ora un uomo sui confini della vecchiaja che mostrava non poter più vivere se non andava a cacciarsi in mezzo alle schioppettate, gli parve cosa tanto pazza che credette il povero laico presso ad uscir di senno.
Perciò si guardò bene dallo sgridarlo, ed anzi considerando la cosa così in fretta in fretta disse tra se «E’ non sarà male con buona maniera levarselo dinanzi prima che ne faccia qualcuna delle sue e mandi a soqquadro la casa» e senza mostrarsi alterato gli rispose:
—Certo non mi sarei mai aspettato.... ma se avete tanto desiderio... che per me non so intendere... basta, se così vi piace... non essendo voi in sacris vi si potrà concedere. Ma riflettete bene a quanti pericoli andate incontro; pazienza quelli del corpo. Ma per l’anima come andrà? Voi tornate nella via vecchia, tornate in mezzo alle male compagnie, tra ribaldi che vi porranno innanzi mille occasioni di mal fare!—
—Quanto a questo voi dite il vero; ma Iddio conosce i miei fini, egli m’ajuterà.—
—Poi ricordatevi; la difesa è lecita; ma debb’essere fatta col minor danno possibile: cum moderamine inculpatæ tutelæ, ferir le parti meno vitali, mai il capo, nè il busto.—
Il laico non si potè tenere di non sorridere un poco udendo questi precetti che mostravano quanto il superiore conoscesse i modi che si tengono nel combattere; ma pure ascoltò fino alla fine cogli occhi bassi (e non gli parve fatica, tant’era l’allegrezza che provava di sentirsi ridiventar soldato) un’ultima ammonizione di Fra Benedetto piena di consigli e di precetti sulla carità, sulla prudenza, sui buoni e cattivi esempi, e che per essere stata un po’ lunghetta pensiamo di non riferirla parola per parola. Quando fu finita, disse Fra Giorgio:
—Dunque siete contento ch’io mi valga del cavallo.—
—Sì, sì... che ad ogni modo le noci son macinate, e per l’olive serve il ciuco... Che Dio vi benedica.—
Fra Giorgio se n’andò contento. L’altro guardandogli dietro giunse le mani, strinse le labbra, ed alzò gli occhi al cielo.
CAPITOLO IV.
—Il cavallo è trovato... e’ ti pare aver fatto tutto!... resta a vedere se ti potrà portare, che non s’ha a far i conti senza l’oste.—
Così diceva Fra Giorgio avviandosi verso la stalla. Andava pensoso, col cuore piccino piccino, come chi trovandosi costretto a far una spesa e non avendo numerati da un pezzo i quattrini che ha in borsa, si dispone a contarli, ma il cuore gli dice che non arriveranno.
Ne’ primi tempi dopo che era entrato in convento, ogni