Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 2. Botta Carlo

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Название Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 2
Автор произведения Botta Carlo
Жанр Историческая литература
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Издательство Историческая литература
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parte del continente, e letto su pei pulpiti dai ministri colle opportune esortazioni. Nel campo bostoniano fu letto con preparata solennità. Il maggior generale Putnam assembrò quella parte dell'esercito, che obbediva a' suoi comandamenti in sul Prospect-hill, e quivi con insolita pompa fu letto ai soldati. Terminata la lettura si fe' un'accomodata preghiera. Dato il segno dal generale, tutto l'esercito gridò tre volte amen, ed in quel mentre si sentì lo scoppio dell'artiglieria, che tirò dal Forte. Drappellavano nell'istesso tempo colla insegna mandata recentemente al Putnam col solito motto di Appello al Cielo, e con quell'altro; Qui transtulit sustinet. Le istesse solennità osservate furono tra le altre schiere. Tutti erano contenti e concitati. A Cambridge poi, essendovi concorsi i principali uomini della provincia di Massacciusset, la lettura fu fatta in presenza loro e di molto popolo con grande apparato. Il che contribuì non poco ad indur negli animi, con una ardenza e zelo religiosi, una grandissima ostinazione. Queste cose si facevano ad imitazione di quelle, che stat'erano praticate dai libertini ai tempi di Carlo I, sicchè pareva, fosse quell'istessa guerra rinnovata, nella quale la religione protestante serviva di motivo o di pretesto agli autori della libertà, od ai fautori dell'anarchia; e la religione cattolica serviva di titolo o di coperta ai difenditori della temperata Realtà, od agli stabilitori del dispotismo. Tanta è la forza della religione nei cuori umani! E tanta è sempre stata la propensione dei reggitori delle nazioni a profittarne! Dal che la religione stessa ricevè gran danno; ed è nata in gran parte quella freddezza, che in proposito di lei fu osservata in certi tempi, e che fu sì meritevolmente lamentata dagli uomini prudenti. Imperciocchè l'universale dei popoli si accorse, che gli uomini astuti della religione si servivano, come di un istromento per arrivare ai fini mondani loro. E siccome l'uomo è pur troppo sfrenato, e ne' desiderj suoi molto intemperante, sicchè non contento di rimanersi ai limiti del bene non precipiti spesso nel suo contrario, così la religione, che dovrebb'essere sempre santa ed intemerata, diè talvolta favore a biasimevoli imprese con grave scandalo dei popoli, e con molta diminuzione della propria autorità, che riuscì assai dannosa alla rettitudine ed al buon costume. Comunque ciò sia, ella è cosa certa, che questa sembianza religiosa, colla quale vollero gli Americani colorire l'impresa loro, se produsse fra di essi maggior consenso ed ostinazione, fu causa eziandio della pertinacia del governo inglese, del rigore e della severità, coi quali esercitò egli la presente guerra. Oltre la ragion di Stato si tramescolava nella mente sua la ricordanza dei passati casi dei britannici Re; il che doveva con un certo spavento indurre anche più rabbia e maggior livore.

      Avendo in tal modo il congresso cercato di giustificar l'opera sua presso le nazioni del mondo, voltò il pensiero a protestare al popolo inglese, che l'intendimento degli Americani era quello di voler l'antica congiunzione con essi mantenere, la quale, affermavano, era stata, e tuttavia era la gloria, la felicità ed il primo dei desiderj loro. Gli ammonivano in istile grave e molto patetico, si ricordassero dell'antica amicizia, delle gloriose e comuni imprese degli antenati, e dell'affezione verso gli eredi delle virtù loro, le quali la vicendevole congiunzione fin'allora conservata avevano. Ma quando, soggiungevano, l'amicizia era violata colle più atroci ingiurie; quando ciò, ch'era l'onore e l'ornamento degli antenati riputato, diventava una cagione di biasimo, e quando niun'altri rispetti rimanevano fuori di quelli, che fra tiranni e gli schiavi esistono; quando finalmente ridotti erano all'alternativa di rinunziar al favor loro, od alla libertà, non dover poter essere dubbia la elezione. E dopo di aver toccato i meriti loro e le dannose leggi, concludevano con dire, che la vittoria sarebbe del pari pregiudiziale all'Inghilterra, che all'America; che quei soldati, i quali avrebbero cacciato le spade dentro le viscere degli Americani, le avrebbero anche senza esitazione alcuna rivolte contro i Brettoni; che pregavano bene il cielo, volesse dagli amici loro, fratelli e concittadini, imperciocchè con tali nomi volevano ancora appellargli, primachè la memoria dell'antica affezione cancellata non fosse, quell'eccidio e quella rovina frastornare, che loro soprastavano.

      Composero anche una dicerìa indiritta al Re, colla quale narrati prima i meriti loro, la fede verso la Corona, le disgrazie e calamità presenti, pregarono e scongiurarono, che il reale animo di Sua Maestà si piegasse a voler interporre l'autorità sua per sottrargli dalla presente condizione, ed a trovar qualche buon mezzo, onde, le unite supplicazioni delle colonie udite, possano alla riconciliazione condursi. Imploravano eziandio, cessassero intanto le armi, e quelle leggi si rivocassero, dalle quali maggiore e più prossimo danno provavano. Che ciò fatto, avrebbe il Re tali prove del buon animo delle colonie avute, che le avrebbe tosto alla sua reale grazia ritornate, ed esse nulla lasciato per testimoniare la divozione loro verso il sovrano, e l'affezion verso la comune patria.

      Desiderava il congresso di rendersi benevola la nazione irlandese, essendochè molti utili cittadini ne venivano ogni anno dall'Irlanda ad abitar l'America, e tra i soldati, anzi tra i generali americani si trovavano alcuni Irlandesi. Temeva eziandio, che gli uomini di quella nazione avessero mal animo contro i coloni per causa delle leghe contro il commercio, dalle quali avevano ricevuto molto danno. Nè non sapeva, che anche gl'Irlandesi erano per molte ragioni scontenti del governo inglese; e quantunque si fossero ultimamente fatte loro concessioni, tuttavia rimaneva ancora molto disgusto negli animi loro. Questa mala contentezza intendeva di usare il congresso, e d'invelenir quelle piaghe, che già andavano serpendo nei cuori irlandesi. La qual cosa come potesse consistere colla fedeltà, nissuno non potrà non giudicare. Ma la guerra era rotta, e già molto avanti trascorsa, e gli Americani volevano con tutti i mezzi esercitarla; tra i quali secondo il solito, quello si è di aver la sembianza di desiderar la pace, e quell'altro ancora di sollevare ed inasprire gli animi dei sudditi del nemico contro l'autorità dello Stato. A questo fine il congresso scrisse una molto accomodata lettera, la quale inviò al popolo irlandese. Affermarono che siccome ingiuriati ed innocenti, così desideravano di goder il favore dei virtuosi ed umani uomini; che comunque incredibile dovesse parere, che in quel secolo, tanto chiaro per la civiltà e per le dottrine, i reggitori di una nazione, la quale in ogni tempo aveva per la libertà combattuto, e la memoria degli amici di quella con perpetua onoranza proseguiti, tentassero di stabilire un'arbitraria potestà sulle vite, le libertà e le proprietà dei concittadini loro dell'America, ciò era non di meno una altrettanto deplorabile, che incontrastabile verità. Parlavano ancora delle battaglie di Lexington e di Breed's-hill, dell'incendio di Charlestown, e delle prigioni di Boston. Continuarono dicendo, che nissuno gli poteva biasimare di aver voluto colla forza arrestar il corso di tanta desolazione; di ributtare gli assalti delle feroci schiere; che speravano bene coll'ajuto di Dio di poter resistere alle usurpazioni ministeriali, e che già anticipavano nella mente loro quell'età d'oro, in cui la libertà, con tutte le gentili arti della pace e dell'umanità, avrebbe il suo dolce dominio in quel mondo occidentale stabilito, e rizzati monumenti eternali a quei virtuosi amici e martiri della libertà, i quali avevano combattuto per la causa sua, e riportatone ferite, patimenti o morte; che ringraziavano grandissimamente gl'Irlandesi del buon animo loro verso l'America; che sapevano, che non istavan essi nemmeno senz'aggravj; che molto si condolevano alle strettezze loro; e che si rallegravano, che il disegno dei ministri di voler soggiogar le colonie gli avesse indotti a graziar l'Irlanda di alcuni benefizj; che per fino la mercè del governo era stata crudele verso gl'Irlandesi, e che nei grassi pascoli dell'Irlanda molti affamati parricidi avevano trovato e cibo, e forze per macchinare la distruzion sua; che speravano, che la pazienza dei modesti uomini non sarebbe sempre lasciata in dimenticanza, e che Iddio permetterebbe, che fosser guasti e rotti i disegni di coloro, i quali volevano spegnere la libertà nel britannico impero; che avevan essi pigliate le armi per difenderla, e con essa la vita, la roba, l'onore e tutto quello, che l'uomo ha più caro quaggiù; che per ottenere un prospero fine all'impresa loro molto confidavano nei buoni uffizj dei compagni loro al di là dell'Atlantico, giacchè questi altro destino sperar non potevano dal comune nemico, se non quello di esser gli ultimi artigliati.

      Insistendo nel medesimo pensiero scrisse il congresso una lettera alla città di Londra per ringraziarla della parte, che aveva presa in favor dell'America; il quale procedere, dicevano, molto bene si conveniva alla prima città del mondo, a quella che in ogni tempo era stata la difenditrice della libertà e di un giusto governo contro la tirannide.

      Ma il congresso stimava importare assai al buon fine del suo negozio tenersi gli animi dei Canadesi benevoli, sicchè od agli Americani si accostassero, od almeno tenessero la via di mezzo. Sapevano, che la prima lettera non era riuscita senza effetto, e questo intendevano di confermare con una nuova. Del che avevano grandissima