Название | Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 2 |
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Автор произведения | Botta Carlo |
Жанр | Историческая литература |
Серия | |
Издательство | Историческая литература |
Год выпуска | 0 |
isbn |
Speditosi il congresso dalla bisogna degl'Indiani, la quale lo aveva grandemente tenuto sospeso, si rivolse, fatto più ardito dalle giornate di Lexington e di Breed's-hill, ad onestar la causa sua, e la presa dell'armi nel cospetto di tutte le nazioni del mondo; e ciò facendo usò lo stile delle nazioni independenti. Mandarono un bando, o sia dichiarazione, nella quale con molto gravi parole ricordarono le fatiche, i disagi ed i pericoli dagli antenati loro sopportati nell'andar a piantare le colonie in quelle strane e rimote regioni; le cure loro nel farle crescere e prosperare; i patti fermati colla Corona, e l'utilità e le ricchezze che ne erano all'Inghilterra derivate. Rammentarono la lunga fedeltà e la lodata prontezza a venir in soccorso della comune madre. Quindi trapassarono a parlare dei nuovi consiglj presi dai ministri sul finire dell'ultima guerra, e fecero una diligente enumerazione delle lamentate leggi. Narrarono acconciamente le lunghe e vane querele, le decennali ed inutili supplicazioni. Accennarono le inique condizioni per la pace proposte nel Parlamento (intendo di parlare della proposta d'accordo del lord North), escogitate a bella posta per dividergli, per metter le tasse all'incanto, al quale una colonia concorrerebbe contro l'altra, non sapendo ambedue qual prezzo sia a redimer le vite loro bastevole. Descrissero la possessione nimichevolmente presa della città di Boston dalla soldatesca armata sotto i comandamenti del generale Gage; le ostilità di Lexington incominciate dai soldati reali, e le crudeltà commesse in quel fatto; la rotta fede di quel generale pel rifiuto delle permissioni di uscita, e le più peggiori permissioni concesse, per avere con barbara inumanità separato i mariti dalle mogli, i figliuoli dai genitori, gli amici dagli amici, i vecchi e gl'infermi dai pietosi, dai forti e dai sani, i padroni dalle robe e masserizie loro. Rammentarono la beccheria di Breed's-hill, l'incendio di Charlestown, l'arsione delle navi, il guasto delle vettovaglie, la minacciata rovina e distruzione di tutte le cose. Favellarono delle tente fatte dal governatore del Canadà per ispingere a' danni loro gl'Indiani, gente fera e bestiale, ed i disegni ministeriali notarono di voler accumulare sulle infelici ed innocenti colonie tutti i flagelli del fuoco, del ferro e della fame.
«Siamo, esclamarono essi, al bivio ridotti, o di sottometterci intieramente alla tirannide d'irritati ministri, o di resistere colla forza. Abbiam ragguagliati i danni da una parte e dall'altra, e trovato abbiamo, che nulla è più da temersi, che la volontaria schiavitù. L'onore, la giustizia, l'umanità ci vietano di abbandonar vilmente quella libertà, che abbiamo dai nostri valorosi antenati ricevuta; e che la nostra innocente posterità ha diritto di ricevere da noi. Non possiam portar l'infamia di dar in preda le future generazioni a quella miserabilità, che sovrasta loro inevitabilmente, se noi con inudita viltà lasciam loro per eredità la servitù. La nostra causa è giusta, l'unione perfetta, le facoltà grandi; e non mancheranno all'uopo i soccorsi esterni. Noi ringraziamo grande e gratamente la divina Provvidenza, che a questo terribil cimento non ci abbia tratti, se non quando erano già le nostre forze al presente grado cresciute, ed avevamo nelle precedenti guerre imparato l'uso dell'armi, ed acquistato i mezzi di difesa. Con i cuori confortati da questi pensieri noi solennemente, avanti Dio ed avanti gli uomini, dichiariamo, che noi giusta nostra estrema possa quelle armi, che il benefico Creatore ha nelle nostre mani poste, ed alle quali i nostri nemici ci hanno sforzati di ricorrere, ad onta di ogni pericolo, con animi invitti ed insuperabil costanza adopreremo in difesa delle nostre libertà, essendo tutti, ed al tutto risoluti a morir liberi, piuttosto che a vivere schiavi. Che le menti dei nostri amici e concittadini non si sollevino a queste nostre determinazioni. Noi non intendiamo a niun modo quell'unione disciogliere, la quale da sì lungo tempo dura fra di noi, e che con ogni sincerità desideriamo di veder ristorata. La necessità non ci ha peranco spinti a questo disperato consiglio, nè alcun'altra nazione abbiam contro di essi alla guerra provocata. Noi non leviamo gli eserciti coll'ambizioso disegno di separarci dalla Gran-Brettagna, e diventar Stati independenti. Noi non combattiamo nè per la gloria, nè per le conquiste. Noi offeriamo al mondo lo spettacolo di un popolo assaltato da un nemico non provocato, senza niuna imputazione, o sospetto di offesa. Vantan essi i privilegj e la civiltà loro. Eppure altre condizioni non offrono, che la servitù, o la morte.
«Nella nostra propria contrada, in difesa di quella libertà che abbiamo, nascendo, eredata, che abbiam goduta dai tempi della rivoluzione in poi, per la protezione delle nostre proprietà solo acquistate per la onesta industria de' nostri antenati, e nostra, e contro la violenza testè usata, noi abbiamo le armi pigliate. Queste porremo noi giù, ma non prima, allor quando gli assalitori avran cessato le ostilità, ed ogni pericolo che ricominciar possano, sarà allontanato. Posta umilmente ogni nostra confidenza e speranza nella mercè del supremo, ed indifferente Giudice e Governatore di tutte le cose, noi divotamente supplichiamo la sua divina bontà di proteggerci in questo gran conflitto, ed a felice fine condurci, di piegare il cuore de' nostri avversarj alla concordia, di fargli a ragionevoli termini consentire, ed in tal guisa l'impero preservare dalle calamità della cittadina guerra».
Questo manifesto, il quale fu molto lodato a quei tempi, fu sottoscritto da Giovanni Hancock, il quale era in iscambio del Rutledge stato eletto presidente del congresso, e dal segretario Carlo Thompson.
Il congresso non tralasciò anche in questa circostanza