Название | L'umorismo |
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Автор произведения | Luigi Pirandello |
Жанр | Документальная литература |
Серия | |
Издательство | Документальная литература |
Год выпуска | 0 |
isbn | 4064066069018 |
Intesa in questo senso l'ironia, ognun vede come a torto essa venga attribuita a certi scrittori, come ad esempio, al nostro Manzoni, che della realtà oggettiva, della verità storica si fece una vera e propria fissazione, fino a condannare il suo stesso capolavoro. Nè d'altra parte si può attribuire al Manzoni quell'altra ironia, la retorica, giacchè nessuna contradizione fittizia si trova mai in lui tra quel che dice e quel che vuole sia inteso, contradizione frutto di sdegno. Il Manzoni non si sdegna mai della realtà in contrasto col suo ideale: per compassione transige qua e là e spesso indulge, rappresentando ogni volta minutamente, in forma viva, le ragioni del suo transigere e del suo indulgere: il che, come vedremo, è proprio dell'umorismo.
La sostituzione di ironismo, ironista a umorismo, umorista non sarebbe quindi legittima. Dall'ironia, anche quando sia usata a fin di bene, non si sa disgiungere l'idea di un che di beffardo e di mordace. Ora, beffardi e mordaci possono essere anche scrittori indubbiamente umoristici, ma il loro umorismo non consisterà già in questa beffa mordace.
È pur vero però che a una parola si può per comune accordo alterare il significato. Tante parole che noi adoperiamo adesso in un senso, ne avevano un altro in antico. E se alla parola umorismo, come abbiamo veduto, s'è già veramente alterato il senso, non ci sarebbe in fondo nulla di male se — per determinare, per significare senza equivoco la cosa — venisse adoperata un'altra parola.
II. Questioni preliminari
Prima di entrare a parlar dell'essenza, dei caratteri e della materia dell'umorismo, dobbiamo sgomberarci il terreno di tre altre questioni preliminari: 1) se l'umorismo sia fenomeno letterario esclusivamente moderno; 2) se esotico per noi; 3) se specialmente nordico.
Queste tre questioni si ricollegano strettamente con quella più vasta e complessa della differenza dell'arte moderna dall'arte antica, lungamente agitata durante la lotta tra classicismo e romanticismo considerato dalle genti anglo-germaniche come una rivalsa contro il classicismo delle genti latine.
Vedremo in fatti ripresi nelle varie dispute su l'umorismo tutti gli argomenti della critica romantica, a cominciare da quelli de lo Schiller, il quale, col saggio famoso Ueber naïve und sentimentalische Dichtung, fu, a dire del Goethe[7] il fondatore di tutta l'estetica moderna.
Questi argomenti sono ben noti: il subiettivismo del poeta speculativo-sentimentale, rappresentante dell'arte moderna, in contrapposto con l'obbiettivismo del poeta istintivo o ingenuo, rappresentante dell'arte antica; il contrasto tra l'ideale e il reale; la serenità marmorea, l'equilibrio dignitoso, la bellezza esteriore dell'arte antica contro l'esaltazione dei sentimenti, il vago, l'infinito, l'indeterminato delle aspirazioni, le melanconie, la nostalgia, la bellezza interiore dell'arte moderna; e da un canto le bassure del verismo della poesia ingenua, e dall'altro le nebbie dell'astrazione e il capogiro intellettuale della poesia sentimentale;[8] l'azione del cristianesimo; l'elemento filosofico; l'incoerenza dell'arte moderna opposta all'armonia della poesia greca; le particolarità singole di fronte alle tipificazioni classiche; la ragione che s'interessa del valore filosofico del contenuto più che della vaghezza della forma esteriore; il sentimento profondo di un'interna disunione, di una doppia natura dell'uomo moderno, ecc. ecc.
Per darne qualche prova, citeremo ciò che scriveva il Nencioni in quel suo studio su L'Umorismo e gli umoristi, di cui abbiamo già fatto parola: «L'antichità, nel suo felice equilibrio dei sensi e dei sentimenti, guardò con calma statuaria anche nelle tragiche profondità del destino. L'anima umana era sana e giovine allora, nè il cuore e la intelligenza erano stati tormentati da trenta secoli di precetti e di sistemi, di dolori e di dubbi. Nessuna penosa dottrina, nessuna crisi interiore aveva alterato la serena armonia della vita e del temperamento umano. Ma il tempo e il cristianesimo hanno insegnato all'uomo moderno a contemplare l'infinito, a paragonarlo con l'effimero e doloroso soffio della vita presente. Il nostro organismo è continuamente eccitato e sovreccitato; e secolari dolori hanno umanizzato il nostro cuore. Noi guardiamo nell'anima umana, e nella natura con una simpatia più penetrante, e vi troviamo delle arcane relazioni e un'intima poesia ignote all'antichità... Il riso d'artista e la comica fantasia di Aristofane, alcuni dialoghi di Luciano, sono eccezioni. L'antichità, non ebbe, nè poteva avere, letteratura umoristica... Si direbbe che questa sia la caratteristica delle letterature anglo-germaniche. Il cielo crepuscolare e l'umido suolo del Nord sembrano esser più acconci a nutrire la delicata e strana pianta dell'umorismo.»
Concedeva però il Nencioni che «anche sotto il cielo azzurro e nella vita facile delle razze latine» l'umorismo «ha talora fiorito, e due o tre volte in modo unico, meraviglioso». E parlava infatti del Rabelais e del Cervantes, e anche dell'umorismo «realista, e vivente» di Carlo Bini, e diceva il Don Abbondio del Manzoni una creazione umoristica di prim'ordine.
Più preciso nella negazione fu Giorgio Arcoleo[9] il quale, pur ammettendo che la nota dell'umorismo, speciale della letteratura moderna, non manchi di legami col mondo antico, e pur citando quell'insegnamento di Socrate che dice: «Una è l'origine dell'allegria e della tristezza: nei contrapposti un'idea non si conosce che per la sua contraria: della stessa materia si forma il socco e il coturno», soggiungeva: «Questo lo intelletto greco pensava: ma l'Arte non potea esprimerlo: la percezione dei contrasti rimaneva nel campo astratto, perchè diversa era la vita. La Teogonia avvolgeva l'anima nel mito; l'Epopea i fatti umani nella leggenda; la Politica le forze individuali nella suprema legge dello Stato. L'Antichità costrinse serenamente le forme nell'armonia del finito: vide il Ciclope o lo Gnomo, le Grazie o le Parche. Come la vita avea liberi o servi, onnipotenti o impotenti, così la scienza ebbe sorrisi o pianto: Eraclito o Democrito; e la letteratura, ebbe tragedie o commedie. Tutt'al più il contrasto dalla sfera dell'intelletto passò nell'altra della immaginazione, si tramutò in fantasma, e allora Aristofane fece la satira dei sofisti, Luciano degli Dei. Ma se il Paganesimo si era obliato nella magnificenza delle forme e della natura, il Medio Evo si tormentò nei dubbii e nelle angosce dello spirito. Fu triste, ebbe sogni agitati da spettri: la potenza baronale finiva spesso nei conventi, la bellezza nei chiostri. La corruttela romana non seduceva neppure come ricordo: la dissoluzione del grande Impero aveva inoculato negli animi l'idea dell'impotenza. A rovescio del mondo antico: questo rimpiccolì nelle forme plastiche le energie soprannaturali; il Medio Evo le allargò nell'infinito: e, compreso dallo spazio e dal tempo, lo spirito umano si annullò con braminica rassegnazione. Tale depressione soffocò ogni spirito d'iniziativa e di ricerca. Nelle credenze sovraneggiò il dogma, nella scienza l'erudizione, nell'arte la copia, nel costume la disciplina. L'umanità nel suo periodo di decadenza romana avea sostenuto i dolori della vita coll'indifferenza dello stoico: ne avea cercato i piaceri con la sensualità dell'epicureo: nel Medio Evo volle sottrarsi alla vita con l'estasi: donde una nuova mitologia cristiana, popolata di rimorsi, di paure, di preghiere. Il pensiero seguiva la fede: il manuale di logica era un'appendice del catechismo. In tali condizioni dominava il terrore, si aspettava il finimondo... Finalmente nella materia come nello spirito sorge un nuovo mondo. È un periodo di esultanza e al tempo stesso di mestizia e di riflessione: ma si rivela con due tendenze spiccate, l'una presso le razze germaniche, l'altra presso le latine: lì il libero esame o la Riforma: qui il culto della bellezza e della forza, la Rinascenza. I contrasti si moltiplicano nelle istituzioni, nella vita privata, nei costumi, nelle leggi, nella letteratura... Non è antitesi percepita dall'intelletto o intravista dalla fantasia; non è lotta contro la natura umana, come nell'età di mezzo; è dissonanza che stride in tutte le sfere del pensiero e dell'azione: è il dissidio tra lo spirito nuovo e le forme vecchie. In tale situazione il trionfo dell'uno o dell'altra ha influenza decisiva sulle istituzioni, sulla scienza, sull'arte. Qui appunto va notata la differenza dei risultati nelle razze germaniche e nelle latine: differenza che spiega in gran parte, perchè l'umorismo ebbe tanto sviluppo presso le prime, e riuscì quasi nullo presso le seconde».
Ora,