Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 4. Edward Gibbon

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Название Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 4
Автор произведения Edward Gibbon
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Издательство Зарубежная классика
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di sei anni176 ne fu rimessa la decisione alla suprema autorità del generalo Concilio di Nicea.

      A. D. 318-325

      Allorchè i misterj della Fede Cristiana pericolosamente s'esposero alla pubblica discussione, si potè osservare, che l'intelletto umano era capace di formare tre distinti, quantunque imperfetti, sistemi sopra la natura della Trinità di Dio; e fu pronunziato, che nessuno di questi, preso in un senso puro ed assoluto, era esente dall'eresia e dall'errore177. Primieramente, secondo l'ipotesi sostenuta da Arrio e da' suoi discepoli, il Logos era una produzione dipendente e spontanea, creata dal nulla per la volontà del Padre. Il Figlio, da cui s'eran fatte tutte le cose178, era stato generato prima di tutti i Mondi, ed il più lungo periodo astronomico non potea comparire che un passeggiero momento relativamente all'estensione della durata di lui; tal durata però non era infinita179, e vi era stato un tempo che avea preceduto l'ineffabil generazione del Logos. In quest'unigenito Figlio l'onnipotente Padre avea trasfuso l'ampio suo spirito, ed impresso lo splendore della sua gloria. Visibile immagine di un'invisibile perfezione, vedeva ad un'immensa distanza sotto i suoi piedi i troni de' più fulgidi Arcangeli; pure non risplendeva che una luce riflessa, e simile a' figli de' Romani Imperatori, ch'erano investiti de' titoli di Cesare o d'Augusto180, ei governava l'universo con ubbidire alla volontà del suo Padre e Monarca. Nella Seconda ipotesi il Logos godeva tutte le inerenti incomunicabili perfezioni, che la Religione e la Filosofia attribuiscono al sommo Dio. La Divina essenza componevasi da tre distinte infinite menti o sostanze, da tre esseri coeguali e coeterni181 e sarebbe stata una contraddizione che alcuno di loro dovesse non essere stato, o che dovesse mai cessare di esistere182. I difensori del sistema, che pareva che stabilisse tre indipendenti Divinità, tentavano di conservar l'unità della prima causa così patente nel disegno e nell'ordine del Mondo, mediante la perpetua concordia di loro amministrazione e l'essenziale conformità del loro volere. Si può vedere (dicevano essi) una debole somiglianza di tale unità d'azione nelle società degli uomini, ed anche degli animali. Le cause, che disturbano la loro armonia, non provengono che dall'imperfezione e disuguaglianza delle lor facoltà; ma l'onnipotenza, ch'è guidata da infinito sapere e bontà, non può mancare di scegliere gli stessi mezzi per l'adempimento de' medesimi fini. In terzo luogo tre Enti, che per propria original necessità di loro esistenza posseggono tutti i divini attributi nel grado più perfetto; che sono eterni nella durata, infiniti nello spazio, ed intimamente presenti l'uno all'altro ed a tutto l'universo; irresistibilmente forzano l'attonita mente a crederli uno stesso Ente183, che nell'economia della grazia ugualmente che in quella della natura si possa manifestare sotto differenti forme, ed esser considerato in differenti aspetti. Con questa ipotesi una vera sostanzial Trinità si riduce ad una Trinità di nomi e di astratte modificazioni, che sussistono soltanto nella mente che le concepisce. Il Logos non è più una persona, ma un attributo, e non può applicarsi più che in un senso figurato l'epiteto di Figlio all'eterna ragione, che era un Dio fin dal principio, e da cui, non per mezzo di cui furon fatte tutte le cose. L'incarnazione del Logos riducevasi ad una mera inspirazione della Divina Sapienza, che riempì l'anima, e diresse tutte le azioni dell'Uomo Gesù. Così dopo d'aver percorso tutto il cerchio teologico, restiam sorpresi al vedere che il Sabelliano va a terminare dove incominciato avea l'Ebionita, e che l'incomprensibil mistero, ch'eccita la nostra adorazione, sfugge alle nostre ricerche184.

      A. D. 325

      Se fosse stato permesso a' Vescovi del Concilio di Nicea185 di seguire gl'imparziali dettami di lor coscienza, Arrio ed i suoi compagni avrebbero appena potuto lusingarsi con la speranza d ottenere una pluralità di voti a favor d'un'ipotesi tanto direttamente contraria alle due popolari opinioni del Mondo Cattolico. Gli Arriani tosto s'accorsero della pericolosa loro situazione, e prudentemente si vestirono di quelle modeste virtù, che, nel furore delle dissensioni civili o religiose, rare volte son praticate, o anche lodate da altri che dalla parte più debole. Raccomandavano essi l'esercizio della carità e moderazione Cristiana; insistevano nell'incomprensibile natura dello controversia; disapprovavan l'uso di termine, o di definizione alcuna, che non potesse trovarsi nelle Scritture; ed offerivano con proteste molto liberali di soddisfare gli avversari senza rinunziare alla sostanza de' propri loro principj. La fazione vittoriosa ricevè tutte queste proposizioni con altiera diffidenza: ed ansiosamente cercava qualche irreconciliabile segno di distinzione, la condanna di cui potesse involger gli Arriani nella colpa e nelle conseguenze dell'eresia. Fu pubblicamente letta, ed ignominiosamente lacerata una lettera, nella quale il loro Avvocato, Eusebio di Nicomedia, ingenuamente confessava, ch'era incompatibile co' principj del teologico loro sistema l'ammettere la parola Homoousion, o Consustanziale, termine già famigliare ai Platonici. Fu ardentemente abbracciata la favorevole occasione da' Vescovi, che dirigevano le deliberazioni del Sinodo; e secondo la viva espressione d'Ambrogio186 si servirono della spada, che l'eresia medesima avea tirato dal fodero, per tagliar la testa all'odioso mostro. Dal Concilio Niceno fu stabilita la consustanzialità del Padre e del Figlio, ed è stata la medesima concordemente ricevuta, come un fondamentale articolo della Fede Cristiana, dal consenso delle Chiese Greca e Latina, Orientale e Protestante. Ma se la stessa parola non fosse stata sufficiente a diffamare gli Eretici, e ad unire i Cattolici, non si sarebbe ottenuto l'intento della maggior parte di quell'assemblea, da cui fu introdotta nel simbolo ortodosso. Questa parte maggiore si divideva in due classi, distinte fra loro mediante una contraria inclinazione a' sentimenti dei Triteisti e de' Sabelliani. Ma siccome sembrava, che quegli opposti estremi rovinassero i fondamenti della religione sì naturale che rivelata, essi convenner fra loro di moderare il rigore dei loro principj, e di negare in tal modo le giuste, ma odiose conseguenze, che avrebber potuto trarsi da' loro avversarj. L'interesse della causa comune li faceva inclinare ad unire i loro partiti, ed a nasconder le lor differenze; fu ammollita l'animosità loro da salutari consigli di tolleranza, e restaron sospese le loro dispute mediante l'uso del misterioso Homoousion, che ognuno era libero d'interpretare secondo le proprie particolari opinioni. Il senso Sabelliano, che circa cinquant'anni prima aveva obbligato il Concilio d'Antiochia187 a proibir quel celebre termine, lo rendeva caro a que' Teologi, che mantenevano una segreta, ma parziale affezione per una Trinità nominale. Ma i Santi, ch'erano più alla moda ne' tempi degli Arriani, l'intrepido Atanasio, il dotto Gregorio Nazianzeno, e le altre colonne della Chiesa, che sostennero con abilità ed effetto la dottrina Nicena, par che risguardassero l'espression di Sostanza, come un sinonimo di quella di Natura; e si avventurarono ad illustrare il loro pensiero con affermare, che tre uomini, in quanto appartengono alla stessa specie loro comune, sono consustanziali, o sia homoousii l'uno coll'altro188. Questa pura e distinta uguaglianza, per una parte, veniva temperata dall'interna connessione e penetrazione spirituale, che indissolubilmente unisce le persone divine189; e per l'altra dalla preminenza del Padre, che si confessava per quanto essa è compatibile coll'indipendenza del Figliuolo190. Dentro questi limiti si lasciò muover con sicurezza la quasi invisibile e tremula palla dell'ortodossia; ed intorno di questo sacro recinto stavano in agguato gli Eretici, ed i demonj per sorprendere e divorare quegl'infelici che gli oltrepassavano. Ma siccome i gradi dell'odio teologico dipendono piuttosto dallo spirito di guerra che dall'importanza della controversia, gli Eretici che degradavan la persona del Figlio, eran trattati con maggior severità di quelli che l'annichilavano. Atanasio consumò la sua vita nell'irreconciliabile opposizione all'empia pazzia degli Arriani191; ma difese più di venti anni il Sabellianismo di Marcello d'Ancira; e quando alla fine fu costretto a ritirarsi dalla comunione di lui, rammentava sempre con ambiguo sorriso i veniali errori del suo rispettabile amico192.

      L'autorità



<p>176</p>

Le fiamme dell'Arrianismo poterono per qualche tempo ardere occulte; ma v'è ragione di credere, che si manifestassero con violenza sin dall'anno 319. Tillemont Mem. Ecc. Tom. VI. p. 774-780.

<p>177</p>

Quis crediderit? Certe aut tria nomina audiens tres Deos esse credidit, et idolatra effectus est; aut in tribus vocabulis trinominem credens Deum in Sabellii haeresim incurrit; aut edoctus ab Arrianis unum esse verum Deum Patrem, Filium et Spiritum S., credidit creaturas. Aut extra haec quid credere potuerit, nescio. Hieron. adv. Luciferian. Girolamo riserva all'ultimo il sistema ortodosso, ch'è più complicato e difficile.

<p>178</p>

Siccome s'introdusse appoco appoco fra' Cristiani la dottrina dell'assoluta creazione dal niente (Beausobre Tom. II. p. 165-215), così la dignità dell'artefice s'elevò assai naturalmente insieme con quella dell'opera.

<p>179</p>

Le teorie metafisiche del Dottor Clarke (script. Trinit. p. 276-280) potrebbero ammettere un'eterna generazione da una causa infinita.

<p>180</p>

S'usa questa profana ed assurda similitudine da' varj de' primitivi Padri, specialmente da Atenagora nella sua apologia all'Imperator Marco ed al suo figlio; e vien citata senza censura da Bull medesimo. Vedi Defens. Fid. Nic. S. III. c. 5. n. 4.

<p>181</p>

Vedi Cudworth Intell. syst. p. 559. 579. Questa pericolosa ipotesi fu favorita dai due Gregorj, Nisseno e Nazianzeno, da Cirillo Alessandrino, da Giovanni Damasceno ec. Vedi Cudworth. p. 603. e Le Clerc. Bibl. univ. Tom. XVIII. p. 97-105.

<p>182</p>

Sembra, che Agostino invidii la libertà de' Filosofi; Liberis verbis loquuntur philosophi… Nos autem non dicimus duo vel tria principia, duos vel tres Deos; de Civ. Dei X. 23.

<p>183</p>

Boezio, ch'era profondamente versato nella filosofia di Platone e d'Aristotile, spiega l'unità della Trinità mediante l'indifferenza delle tre persone. Vedi le giudiziose osservazioni del Le Clerc, Biblioth. Chois. Tom. XVI. p. 225.

<p>184</p>

Se i Sabelliani rigettavano tal conclusione, venivano tratti in un altro precipizio, cioè a confessare, che il Padre era nato da una Vergine, e che aveva sofferto sulla Croce; e così meritavan l'odioso titolo di Patropassiani, con cui furono infamati da' loro nemici. Vedi le invettive di Tertulliano contro Prassea, e le moderate riflessioni di Mosemio p. 423, 681, 3 e Beausobre Tom. I. lib. III. c. 6. p. 533.

<p>185</p>

I fatti del Concilio Niceno son riferiti dagl'antichi non solo in un modo parziale, ma anche molto imperfetto. Una pittura, quale ne avrebbe fatto Fra Paolo, non è da sperarsi; ma quelle rozze ombreggiature, che si delinearono dal pennello della bacchettoneria e da quello della ragione, possono vedersi appresso il Tillemont Mem. Eccl. Tom. VI. p. 669-759 ed il Le Clerc Biblioth. univ. Tom. X. p. 435-454.

<p>186</p>

Siam debitori ad Ambrogio (de Fid. lib. III. c. alt.) della cognizione di questo curioso aneddoto. Hoc verbum posuerunt Patres, quod viderunt adversariis esse formidini: ut tamquam evaginato ab ipsis gladio ipsum nefandae caput haereseos amputarent.

<p>187</p>

Vedi Bull, Defens. Fid. Nic. Sect. II. c. 1. p. 25-36. Egli si crede in dovere di conciliare fra loro i due Sinodi ortodossi.

<p>188</p>

Secondo Aristotile le stelle sono homoousie l'una coll'altra. Che homoousios significhi d'una sostanza in specie, si è dimostrato dal Petavio, dal Curcelleo, dal Cudworth, dal Le Clerc ec. ed il provarlo sarebbe un actum agere. Questa è la giusta osservazione del Dott. Jortin V. II. p. 212. ch'esamina la controversia Arriana con dottrina, ingenuità e candore.

<p>189</p>

Vedi Petav. Dogm. Theol. Tom. II. lib. IV. c. 16. p. 353, ec. Cudworth p. 559. Bull Sect. IV. p. 275, 290. Edit. Grab. La περίχωρησιϛ o circumincessio è forse il più profondo e più oscuro baratro di tutto l'abisso teologico.

<p>190</p>

La terza sezione Della difesa della Fede Nicena di Bull, che alcuni de' suoi antagonisti han chiamato scempiaggine, ed altri eresia, è destinata alla supereminenza del Padre.

<p>191</p>

Il nome, che Atanasio ed i suoi seguaci ordinariamente solevan dare agli Arriani, era quello d'Arriomaniti.

<p>192</p>

Epiphan. Tom. I. haeres. 72. 4. p. 837. Vedi le avventure di Marcello appresso Tillemont (Mem. Eccl. Tom. VII. p. 880-899). Alla sua opera dell'unità di Dio in un libro fu risposto da Eusebio in tre libri, che tuttavia esistono. Il Petavio (Tom. II. lib. I. c. 14. p. 78) dopo un lungo ed accurato esame ha pronunziato con ripugnanza la condanna di Marcello.