Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 4. Edward Gibbon

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Название Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 4
Автор произведения Edward Gibbon
Жанр Зарубежная классика
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Издательство Зарубежная классика
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di parole l'orgoglio de' professori e de' loro discepoli. Ma il più sagace fra i Teologi Cristiani, l'istesso grande Atanasio, ha candidamente confessato162 che ogni volta che sforzò la sua mente a meditare sulla divinità del Logos, i suoi laboriosi sforzi riuscirono vani ed inefficaci; che quanto più vi pensava, tanto meno capiva; e che quanto più scriveva, tanto era meno capace d'esprimere i suoi pensieri. Ad ogni passo di tal ricerca noi siam costretti a sentire ed a confessare l'immensa sproporzione che passa fra la natura del soggetto e la capacità della mente umana. Possiam tentare d'astrarre le nozioni di tempo, di spazio e di materia, che sono tanto strettamente congiunte con tutte le percezioni del nostro sperimentale conoscimento. Ma quando pretendiamo di ragionare di sostanza infinita, di generazione spirituale; quando vogliam dedurre qualche conclusione positiva da un'idea negativa, restiamo involti in oscurità, in dubbiezze ed in sicure contraddizioni. Poichè tali difficoltà provengono dalla natura del soggetto, esse opprimono col medesimo insuperabile peso tanto i filosofi quanto i teologi disputanti; ma possiamo peraltro osservare due particolari ed essenziali circostanze, che rendono diverse le dottrine della Chiesa Cattolica dalle opinioni della Platonica scuola.

      I. Una scelta società di filosofi, uomini educati liberamente e disposti alla curiosità, poteva meditare in silenzio, o tranquillamente discutere ne' giardini di Atene o nella libreria d'Alessandria le astruse questioni della scienza metafisica. Le sublimi speculazioni, che non convincevano l'intelletto, nè agitavano le passioni degli stessi Platonici, venivan trascurate dalla parte sì oziosa che attiva ed anche studiosa dell'umano genere163. Ma dopo che il Logos fu rivelato come il sacro oggetto della fede, della speranza e del religioso culto de' Cristiani, fu abbracciato quel misterioso sistema da una copiosa e sempre crescente moltitudine in ogni Provincia del Mondo Romano. Quelli, che per l'età, pel sesso, o per le occupazioni loro erano i meno atti a giudicare, ed i meno esercitati nell'abitudine di ragionare astrattamente, aspiravano essi pure a contemplar l'economia della natura divina: e Tertulliano164 vanta che un artefice Cristiano potea facilmente rispondere a tali questioni, che avrebbero imbarazzato il più acuto de' Greci Sapienti. Dove il soggetto è tanto al di là delle nostre forze, la differenza fra il più sublime ed il più debole degli umani ingegni può in vero computarsi per un infinitamente piccolo; pure si può forse misurare il grado di debolezza dal grado d'ostinazione e di dogmatica sicurezza. Queste speculazioni, invece d'esser risguardate come divertimenti di qualche ora disoccupata, divennero l'affare più serio della vita presente, e la preparazione più vantaggiosa per la futura. Una teologia ch'era obbligo credere, di cui era empietà il dubitare, ed intorno a cui sarebbe stato pericoloso ed anche fatale ogni sbaglio, divenne il famigliar argomento delle private meditazioni e de' popolari discorsi. La fredda indifferenza della Filosofia era infiammata dal fervente spirito di devozione; ed eziandio le metafore del linguaggio comune suggerivano fallaci pregiudizi di senso e d'esperienza. I Cristiani, che abborrivano la grossolana ed impura generazione della mitologia Greca165 furon tentati di trarre argomento dalla famigliare analogia delle relazioni filiale e paterna. Il carattere di figlio pareva che includesse una perpetua subordinazione al volontario autore della sua esistenza166; ma siccome bisogna supporre, che l'atto di generare, nel più spirituale ed astratto senso, trasfonda le proprietà d'una natura comune167, non ardirono di limitar la potenza o la durata del Figlio di un onnipotente ed eterno Padre. Ottant'anni dopo la morte di Cristo, i Cristiani della Bitinia dichiararono avanti al Tribunale di Plinio, ch'essi l'invocavano come Dio; ed in ogni secolo e paese gli si son continuati gli onori divini dalle varie Sette, che hanno assunto il nome di suoi discepoli168. La tenera loro venerazione per la memoria di Cristo, e l'orrore che avevano pel culto profano di ogni Ente creato, gli avrebbe impegnati a sostenere l'uguale ed assoluta Divinità del Logos, se il rapido loro volo verso il trono del Cielo non si fosse insensibilmente frenato dal timore di violar l'unità e la sola superiorità del gran Padre di Cristo e dell'Universo. Si può veder la sospensione e l'ondeggiamento prodotto negli animi dei Cristiani da queste contrarie inclinazioni negli scritti de' Teologi, che fiorirono dopo il tempo degli Apostoli, ed avanti l'origine della controversia Arriana. Tanto gli ortodossi quanto gli eretici pretendono con ugual sicurezza d'averli in loro favore; ed i più diligenti critici vanno pienamente d'accordo, che se essi ebber la buona fortuna di conoscer la Cattolica verità, almeno hanno espresso i loro sentimenti con parole indeterminate, inesatte ed alle volte contraddittorie169.

      II. La devozione degl'individui era la prima circostanza che distingueva i Cristiani da' Platonici; la seconda era l'autorità della Chiesa. I discepoli della Filosofia sostenevano i diritti dell'intellettual libertà; ed il rispetto, che avevano pe' sentimenti de' loro maestri, era un libero e volontario tributo che offerivano alla superiorità della religione. Ma i Cristiani formavano una società numerosa e disciplinata; e rigorosamente s'esercitava sugli animi de' Fedeli la giurisdizione delle leggi e de' Magistrati. I liberi voli dell'immaginazione venivano di mano in mano ristretti dalle formule e dalle confessioni di fede170; la libertà del giudizio privato era sottoposta alla pubblica dottrina de' Sinodi; l'autorità di un Teologo veniva determinata dal grado che esso tenea nella Chiesa; e gli Episcopali successori degli Apostoli soggettavano all'Ecclesiastiche censure coloro, che deviavan dalla Fede ortodossa. Ma in un tempo di controversie religiose ogni atto d'oppressione accresceva nuova forza all'elastico vigor dello spirito; ed alle volte anche lo zelo o l'ostinazione d'un ribelle spirituale si fomentava da segreti motivi d'ambizione o d'avarizia. Un argomento metafisico diveniva la causa, o il pretesto di contese politiche; si usavan le sottigliezze della scuola Platonica come le insegne delle fazioni popolari, e la differenza, che separava le rispettive loro opinioni, si accresceva o magnificava dall'acrimonia della disputa. Finattanto che l'oscura eresia di Prassea e di Sabellio procurò di confondere il Padre col Figlio171, il partito Ortodosso fu degno di scusa, se aderiva con maggior vigore ed impegno alla distinzione che all'uguaglianza delle persone divine. Ma tosto che fu sopito il calor della controversia, ed il progresso dei Sabelliani non dava più motivo di temere alle Chiese di Roma, dell'Affrica o dell'Egitto, la corrente della opinione teologica cominciò a voltarsi con un dolce ma costante moto verso l'estremo contrario; ed i più Ortodossi Dottori non si guardarono dall'usare i termini e le definizioni, che in bocca de' Settari s'erano censurate172. Dopo che l'Editto di tolleranza ebbe restituito la pace a' Cristiani, insorse di nuovo la controversia della Trinità nell'antica sede del Platonismo, nella dotta, opulenta e tumultuosa città d'Alessandria; e la fiamma della discordia religiosa rapidamente si comunicò dalle scuole al Clero, al Popolo, alla Provincia ed all'Oriente. Si agitaron le astruse questioni dell'eternità del Logos nell'Ecclesiastiche conferenze e ne' discorsi popolari; e furon ben presto fatte pubbliche l'eterodosse opinioni d'Arrio173 dal proprio zelo di lui, e da quello de' suoi avversari. I più implacabili nemici suoi hanno riconosciuto la dottrina e la vita incorrotta di quell'eminente Prete, che in un'antecedente elezione aveva dichiarate, e forse generosamente soppresse, le sue pretensioni alla sede Episcopale174, Alessandro, competitore di lui, prese le parti di suo giudice. Fu agitata l'importante causa avanti di esso; e sebbene a principio sembrasse dubbioso, finalmente pronunziò la sua definitiva sentenza, come un'assoluta regola di fede175. L'indomito Prete, che ardì resistere all'autorità del suo ardente Vescovo, fu separato dalla comunione della Chiesa. Ma l'orgoglio d'Arrio era sostenuto dall'applauso d'un numeroso partito. Egli contava fra' suoi immediati seguaci due Vescovi dell'Egitto, sette Preti, dodici Diaconi, e (quel che sembra quasi incredibile) settecento Vergini. Un grandissimo numero de' Vescovi Asiatici parve che ne sostenesse, o favorisse la causa; ed i loro passi eran condotti da Eusebio di Cesarea, il più dotto de' Prelati Cristiani, e da Eusebio di Nicomedia, che aveva acquistato la riputazione di uomo di stato senza perder quella di Santo. Si opposero nella Palestina e nella Bitinia de' Sinodi a quelli dell'Egitto. Questa teologica disputa s'attirò l'attenzione



<p>162</p>

Atanasio Tom. I. p. 808. Le sue espressioni hanno una singolar energia, e siccome egli scriveva a' Monaci, non vi potea essere alcun motivo per affettare un linguaggio ragionevole.

<p>163</p>

In un Trattato, che avea per oggetto di spiegar le opinioni degli antichi Filosofi sulla natura degli Dei, avremmo potuto prometterci di veder esposta la teologica Trinità di Platone. Ma Cicerone molto ingenuamente confessa, che sebbene avesse tradotto il Timeo, non aveva mai potuto capire quel misterioso dialogo. (Vedi Hieronym. Praef. ad lib. XII in Isaiam Tom. V. p. 154).

<p>164</p>

Tertulliano in Apolog. c. 46. Vedi Bayle Diction. alla parola Simonide. Le sue osservazioni sulla presunzione di Tertulliano sono profonde ed interessanti.

<p>165</p>

Lactant. IV. 8. Pure la parola Probole, o Prolatio, che i più ortodossi Teologi presero senza scrupolo da' Valentiniani, ed illustrarono co' paragoni d'una fontana e del suo corso, del sole e de' suoi raggi ec. o non significa niente, o favorisce un'idea materiale della divina generazione. Vedi Beausobre (Tom. I, lib. III c. 7. p. 548).

<p>166</p>

Molti de' primitivi Scrittori hanno francamente confessato, che il Figlio doveva l'essere alla volontà del Padre. Vedi Clarke (Script. Trinit. p. 280-287). Dall'altra parte sembra che Atanasio ed i suoi seguaci non voglian concedere quel che hanno timor di negare. Gli scolastici si sbrigano da questa difficoltà con la distinzione fra la volontà precedente e la concomitante. Petavio Dogm. Theol. Tom. II. lib. VI c. 8, p. 587-603.

<p>167</p>

Vedi Petavio Dogm. Theol. T. II. l. II. c. 10. p. 159.

<p>168</p>

Carmenque Christo quasi Deo dicere secum invicem. Plin. (Epist. X 97). Le Clerc (Ars crit. p. 150-156) esamina criticamente il senso della parola Deus, Θεοϛ Elohim negl'idiomi antichi; ed il Sociniano Emlyn (Tract. p. 29, 36, 51-145) abilmente difende la proprietà del culto verso una molto eccellente creatura.

<p>169</p>

Vedi Dalleo De us. Patr. e le Clerc Bibliot. univ. Tom. X p. 409. Lo scopo della stupenda opera del Petavio sulla Trinità (Dogm. Theol. Tom. II) fu d'attaccare la fede de' Padri Antiniceni, o almeno tale n'è stato l'effetto; nè questa profonda impressione si è cancellata dall'erudita difesa del Vescovo Bull.

<p>170</p>

Le formule di fede più antiche furono estese alla massima ampiezza. Vedi Bull (Judic. Eccl. Cath.), che tenta d'impedir Episcopio dal trarre alcun vantaggio da quest'osservazione.

<p>171</p>

L'eresie di Prassea, di Sabellio ec. son esposte con esattezza dal Mosemio p. 425, 680-714. Prassea, che venne a Roma verso il fine del secondo secolo, ingannò per qualche tempo la semplicità del Vescovo, e fu confutato dalla penna del fervido Tertulliano.

<p>172</p>

Socrate confessa, che l'eresia d'Arrio nacque dal forte desiderio, che aveva, di opporsi più diametralmente che fosse possibile all'opinione di Sabellio.

<p>173</p>

Si dipingono da Epifanio Tom. I. Haeres 69. 3. p. 279, con colori molto vivaci la figura ed i costumi d'Arrio, il carattere e il numero de' suoi primi proseliti; e non possiamo fare a meno di dolerci ch'esso tosto abbandoni il carattere d'Istorico per assumer quello di Controversista.

<p>174</p>

Vedi Filostorgio lib. I. c. 3, e l'ampio Comentario del Gottofredo. L'autorità però di Filostorgio vien diminuita agli occhi degli Ortodossi per causa del suo Arrianismo; ed a quegli de' critici ragionevoli a motivo della sua passione, della sua ignoranza e de' suoi pregiudizj.

<p>175</p>

Sozomeno (lib. I. c. 15.) rappresenta Alessandro come indifferente ed anche ignorante in principio della disputa; mentre Socrate (lib. I.) ne attribuisce l'origine alla vana curiosità delle sue teologiche speculazioni. Il Dottor Jortin (Osserv. sull'Ist. Eccl. vol. II. p. 178) ha censurato con la solita sua libertà la condotta d'Alessandro πρὸϛ ὁργήν ἑξκπτεται… ὁμότωϛ φρόνειν ἑκελέυσε (s'accende di sdegno… comanda che si pensi come egli pensa).