Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 3. Botta Carlo

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Название Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 3
Автор произведения Botta Carlo
Жанр Историческая литература
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Издательство Историческая литература
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allora solamente ebbe le novelle dell'evento della battaglia, quando i fuggiaschi gliele riportarono. Giugneva alle quattro dopo mezzodì agli alloggiamenti di Baum, dove in luogo degli amici, che il ricevessero, trovò i nemici, che lo assaltarono. Malgrado la stanchezza de' suoi, si difendette molto risolutamente. E siccome molti fra le milizie provinciali si eran recati in sull'abbottinare, le cose andavano molto strette, e si correva pericolo, non acquistasse Breyman quello, che aveva perduto Baum. Già aveva cacciato i repubblicani da parecchj posti, che pigliati avevano sui colli, ed aspramente serrava il nemico, che malagevolmente teneva la puntaglia. Ma non corrisposero a questi primi principj gli altri successi: poichè sopraggiunse in questo punto Warner col suo reggimento di stanziali, che, con gran furia premendo addosso agl'Inglesi ed ai Tedeschi incalzanti, rinfrescava la battaglia più feroce che prima; e le milizie, che ritornavano dalla busca, sentito il romore, si rannodavano. Stette gran pezza, e sino all'imbrunire dubbia la vittoria, combattendo in favore degli uni il valore e la disciplina, in favore degli altri il numero ed il furore. Finalmente i soldati di Breyman sopraffatti dalla folla dei nemici, consumate tutte le munizioni, e perdute due bocche da fuoco, che con incredibile fatica avevano condotte, cominciarono a barellare, poscia a piegare. Abbandonato finalmente del tutto il campo di battaglia, e lasciate in sulla furia del partire in poter dei vincitore tutte le bagaglie, un migliaio di archibusi, e da novecento armi bianche, usarono la oscurità della notte per ritirarsi. Perdettero i reali in questi due fatti settecento soldati, la maggior parte prigionieri, forse dugento uccisi. La perdita dei repubblicani fu di poca importanza. Il congresso rendè pubbliche grazie al colonnello Starke ed alle milizie, che combattettero in queste giornate. Starke fu eletto a brigadier-generale.

      Dalla parte dei Moacchi le cose inglesi succedevano sulle prime assai prosperamente. Aveva il colonnello Saint-Leger posto il campo sotto le mura del Forte Stanwix agli tre d'agosto. Guidava da ottocento uomini tra Inglesi, lanzi, Canadesi e leali americani. Seguivano una moltitudine d'Indiani colle femmine loro, e con molta ragazzaglia, vaghi più dell'uccidere e dell'abbottinare, che dell'assediare Fortezze. Fatta la chiamata al colonnello Gausevoort, rispondeva questi, volersi difendere sino allo stremo. Vedute queste cose, e conoscendo benissimo, di quanta importanza fosse il mantener quel Forte nell'obbedienza della lega, il generale Harkimer, uomo di grande autorità nella contea di Tryon, aveva fatto un'accolta di soldati di milizia, e marciava speditamente in soccorso del Gausevoort. Mandavagli dicendo dal suo campo di Erisca, distante a sei miglia dal Forte, che gli sei si sarebbe spinto avanti, e fatto ogni sforzo per congiungersi col presidio. Gausevoort commetteva al luogotenente colonnello Willet, saltasse fuori per assaltar gli alloggiamenti inglesi, e ciò per dar favore al tentativo dell'Harkimer. Ma il capitano inglese accorgendosi di quanto pericolo fosse l'aspettare l'inimico negli alloggiamenti, e massimamente conoscendo, quanto gl'Indiani fossero più atti all'offendere che al difendersi, mandava ad incontrar le genti americane il colonnello Giovanni Johnson con una parte dei regolari e cogl'Indiani. Marciava Harkimer molto negligentemente senza mandare avanti speculatori nè feritori alla leggiera sui fianchi; cosa che dee far maraviglia, non potendo essergli nascoso, quanto il paese fosse atto alle insidie, e quanto gli Indiani fossero destri a scorrere in masnade, a dar gangheri, ed a porre agguati. Fu loro invero offerta la occasione di far una celata, dalla quale nacque il quasi totale eccidio delle genti dell'Harkimer. S'appiattarono gl'Indiani con alcuni regolari nelle selve vicine alla strada, per la quale quelle camminavano, e tostochè furono oltrepassate, saltaron fuori con molta furia, e le soprassalirono alle spalle, mentre che a tutt'altro pensavano fuori che a questo. Fatte le prime scariche cogli archibusi, si avventarono gl'Indiani coi coltelli, e con molta crudeltà ammazzarono i contrastanti e gli arrendentisi. Gli Americani giunti in tal modo alla schiaccia si disordinarono. La strage fu grande; e l'orribile presenza dei Barbari accresceva terrore alla cosa. I repubblicani oppressi da sì subita rovina si riebbero per altro finalmente, e, fatto un puntone, riuscirono ad un luogo forte, nel quale attestati si difendevano. Nonostante sarebbero stati dal numero e dalla furia del nemico sopraffatti, se non che, avuto questi avviso dell'improvviso assalto dato al campo dal Willet, si ritirò. Morirono da quattrocento Americani, tra i quali lo stesso Harkimer e molti uomini d'autorità nella provincia, con parecchj che tenevano i principali maestrati. La qual cosa diè speranza ai reali, che si sarebbe di breve spenta la ribellione. La vittoria però non fu senza sangue dalla parte loro. Alcuni fra i regolari morirono. Degl'Indiani mancarono da sessanta tra morti e feriti, tra i quali parecchj caporioni e guerrieri più riputati. E pare eziandio, che nel calore e nell'inviluppamento della mischia alcuni Indiani siano stati feriti dai regolari del Johnson. Perilchè questa gente indisciplinata ed intrattabile, pronta al sospetto, e feroce di natura, nè avvezza a trovare sì duri incontri, s'inritrosì, ed inferocì di vantaggio. Quindi è, che fecero prima con bestiale immanità un'orribile beccherìa de' prigionieri, e poi diffidantisi e renitenti, ai comandamenti dei Capi non obbedivano, sicchè più ingombro recavano e pericolo, che forza e sicurezza all'esercito.

      Intanto Willet saltato fuori dal Forte aveva assalito con eguali industria e valore gl'Inglesi negli alloggiamenti loro, ed a prima giunta molti ne uccise, altri cacciò nelle selve, alcuni nel fiume. Ma solo essendo venuto per far diversione in favore d'Harkimer, ottenuto l'intento, si ritrasse di nuovo alle mura, portando seco a trionfo caldaie, coltrici, moschetti, pelli di fiere ed altri arnesi, o necessarj all'uso della guerra, o tenuti cari dagl'Indiani. Vollero i nemici tagliargli il ritorno al Forte, e fecero un'imboscata. Ma egli, che stava vigilante, gli combattè, e fe' star lontani a furia di archibusate e di cannonate a scaglia. Arrivò dentro sano e salvo con tutti i suoi; e per trofeo ammontò le armi e le bagaglie conquistate sotto lo stendardo americano, che sventolava sulle creste della Fortezza. Poco dopo tentò con un altro compagno, chiamato Stockewell felicemente un'assai più pericolosa fazione. Passarono di notte tempo per gli alloggiamenti del nemico, e non rimanendosi al grave pericolo che correvano, nè alla crudeltà dei selvaggi, riuscirono alla larga. Nascondendosi secondo il bisogno nelle profonde selve e nelle paludi corsero il paese per levare genti in aiuto del Forte; azione magnanima, e da non esser mai senza molta lode ricordata.

      Il colonnello Saint-Leger, volendo usare la vittoria avuta sull'Harkimer, sotto speranza che ne fosse la guernigione sbigottita, intimò la resa al comandante del Forte, prima con parole per mezzo del colonnello Butler, poscia per iscrittura. Parlò della totale distruzione degli amici loro, dell'impossibilità all'ottener soccorso, della disperazion delle cose. Aggiunse, che Burgoyne, superate e disperse tutte le genti americane, stava ora in Albanìa ricevendo le promesse di soggezione e di fedeltà dei popoli circonvicini. Molto magnificò e le proprie forze, e quelle di Burgoyne Annunziò, che, se venissero a patti, sarebbero verso il presidio tutti quei modi usati, coi quali soglionsi dalle civili nazioni trattare i vinti. Ma, se si volesse in una ostinata ed inutile difesa persistere, sarebbero non solo i soldati del presidio diventati vittima alla bestial rabbia degl'Indiani, che già a mala pena poteva frenare; ma ancora ogni anima vivente, o uomini, o donne, o vecchi, o fanciulli, o infermi, o sani che si fossero, stati sarebbero senza alcuna compassione scarpellati e morti.

      Rispose gravemente, e con molta costanza Gausevoort, che gli Stati Uniti d'America dato gli avevano in guardia la Fortezza di Schuyler; che ad ogni rischio, e sino all'estremo spirito intendeva egli di volerla difendere; e che non aveva mai creduto, nè credeva dovere stare, nè curarsi agli effetti, che nascer potessero dall'adempimento del suo dovere. Aveva benissimo conosciuto, che se il capitano inglese avesse avuto forze sufficienti, avrebbe o fatto una modesta chiamata, od assaltato il Forte senza intrattenersi a fare una sì bizzarra braverìa.

      L'Inglese vedendo, che le insidie e le minacce erano state senza frutto, volse tutti i suoi pensieri alla oppugnazione. Ma poco stante si accorse, che il Forte era e meglio munito, e meglio difeso di quanto si era persuaso. Sperimentò altresì, che le sue artiglierie non eran di tal portata a poter fare notabile danno da una certa distanza. Perciò pigliò il partito di avvicinarsi colle trincee al Forte, sicchè le artiglierie far potessero sufficiente passata; ed in questo procedeva con grandissima diligenza. Intanto gl'Indiani e per le perdite fatte, e per esser caduti dalle speranze del depredare, ogni dì diventavano più rotti, più precipitosi e più molesti. Ad ogni piè sospinto minacciavano di rubare, e poi di andarsene. Vennero in questo mentre le novelle al campo, che Arnold si avvicinava potente di numero, e con grandissima celerità. Il vero si era, che Schuyler, udito, che si combatteva il Forte del suo nome, aveva spedito Arnold in soccorso con una brigata di stanziali sotto gli ordini del generale Learned, al quale si accostaron