Название | Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 3 |
---|---|
Автор произведения | Botta Carlo |
Жанр | Историческая литература |
Серия | |
Издательство | Историческая литература |
Год выпуска | 0 |
isbn |
Mentre dall'un de' lati Burgoyne cercava di mansuefare la naturale ferocia dei Barbari, da un altro si affaticava colle minacce di questa d'intimorire i popoli, ed alla soggezione disporgli. Mandò egli a questo fine un bando dal suo campo di Putnam-Creek, dato addì 29 giugno, nel quale molto magnificava le forze degli eserciti e delle armate britanniche, che da ogni parte dovevano l'America attorniare e correre; con parole molto gravi, e con colori assai vivi dipingeva le enormità commesse dai Capi della ribellione, siccome pure l'infelice condizione, alla quale era ridotta l'America per opera loro. Rammentava le arbitrarie incarcerazioni ed i tormenti fatti sperimentar a coloro, che fedeli si erano dimostrati al Re ed alla patria loro; andava spaziandosi col descrivere la tirannide esercitata dalle assemblee e dai Consiglj contro i quieti sudditi, senza distinzione di età e di sesso, perch'erano essi, o forse perchè solo si sospettava che fossero a quel governo aderenti, sotto il quale erano nati, e tanto tempo vissuti, ed al quale erano da ogni legge divina ed umana obbligati. Ricordava, che si era fatto violenza alle coscienze coll'aver forzato ai giuramenti, od all'armi coloro, che le inudite usurpazioni detestavano. Proseguiva con dire, che veniva con un fiorito e potente esercito da parte del Re per por fine a tante enormità; che invitava i buoni a congiungersi seco lui per ristorar l'autorità delle leggi; che i casalinghi, gli industriosi, gl'infermi protetti avrebbe, purchè continuassero a starsene quieti, ed i bestiami, le biade, e qualunque spezie di foraggi rimossi non avessero dai luoghi loro, o rotto i ponti, o guaste le strade, e nessun'altra dimostrazione nimichevole fatto avessero; che fornissero il campo di ogni sorta di viveri, i quali a contanti sarebbero stati a giusti prezzi pagati. Denunziava finalmente una terribil guerra a tutti quelli, che, con menti caparbie ed indurate, nella ribellione continuato avessero; minacciando loro, che la giustizia e la vendetta gli attendevano in sul campo, accompagnate dalla devastazione, dalla fame, e da tutti quegli orrori, che sogliono loro tener dietro. Gli ammoniva in ultimo, non isperassero di trovare scampo per la lontananza, o nei nascondiglj; perciocchè solo, che rallentasse il freno agl'Indiani, che a migliaia (magnificando il numero loro per ispaventare) lo seguitavano, avrebbero essi razzolato in tutti i canti, e, trovatigli, a condegno gastigo tratti i nemici della Gran-Brettagna e dell'America.
Questo bando, il quale era poco degno del capitano di una polita nazione, fu molto, e molto meritevolmente, non che nelle due Camere del Parlamento, ed in tutta l'Inghilterra biasimato, ma in tutta l'Europa da tutti gli uomini temperati e generosi. Nè vale il dire, siccome si scusò Burgoyne, che l'avesse fatto per isbigottire, e non per eseguirlo. Imperciocchè colle armi esercitate secondo l'usanza delle nazioni civili, e non colle minacce dei Barbari si debbono i nemici intimorire. Senza di che le soldatesche, e massimamente gl'Indiani, erano pur troppo già di per sè stessi inclinati al sacco ed al sangue, e ad intender daddovvero quello, che forse per finta e per arte annunziava il capitano. Male si può scherzare con questa sorta di gente, e la materia stessa non era da burla. Checchè di ciò ne sia, operò il bando un effetto tutto contrario a quello che l'autor suo ne aspettava. Quell'ardita generazione di uomini, e molto latina di bocca, che abitano la Nuova-Inghilterra, non che non ne impaurissero, se ne trastullavano, ed incontrandosi per le compagnevoli brigate, andavan dimandando l'un l'altro le novelle di quel ventoso intronamento, come lo chiamavano, e di quelle vesciche che venuto era a vendere in America l'ampolloso capitano della Gran-Brettagna.
Gittati Burgoyne questi fondamenti alle cose sue, dopo d'aver soprastato alcuni giorni a Crown-point per ordinarvi e riempirvi i magazzini, per fondarvi gli ospedali, e per altri servigj farvi, necessarj all'esercizio della guerra, procedeva con tutte le sue genti alla volta di Ticonderoga. L'ala dritta marciava sulla riva occidentale del lago, la sinistra sull'orientale, e la battaglia era trasportata sulle navi per le acque del lago medesimo. La presa di quella Fortezza, senza la quale non si poteva a patto nessuno passare più oltre, era la prima fazione che si proponeva di fare l'esercito reale. Era il luogo assai forte per natura e per arte, e si aveva ancora la memoria dell'infelice assalto datogli nel 1758 dalle genti britanniche contro le francesi, che vi erano dentro. Ma parte per levarsi dal viso quella macchia, parte perchè tal era l'ardire del presente esercito di Burgoyne, che ogni più difficile impresa, piana e facile riputava, credeva di doverne fra brevissimo tempo riportar la vittoria. Giungevano sotto le mura di Ticonderoga il dì delle calende di luglio. Nel medesimo tempo quella squadra spedita, che abbiam detto dover correre il paese dei Moacchi, condotta da Giovanni Johnson, e dal colonnello Saint-Leger si moveva da Oswego, per andar ad osteggiare il Forte Stanwix. Il quale acquistato, s'intendeva, dovesse recarsi a campo tra questo medesimo Forte e quello d'Edoardo, posto sulle rive dell'Hudson, a fine di tagliare il ritorno alla guernigione di Ticonderoga, ed ivi congiungersi col grosso dell'esercito.
L'esercito americano, al quale era commessa la cura di contrastar il passo alle genti del Re, e difendere Ticonderoga, era troppo più debole, che non si conveniva ad un tanto bisogno; che anzi era stato sì stremo di soldati durante l'inverno, che si temette, non gl'Inglesi non se ne impadronissero per una battaglia di mano. Giunta la primavera, e spesseggiando ogni dì più gli avvisi, che l'esercito nemico si avvicinava, faceva il generale Schuyler, al quale aveva testè il congresso dato il comando di tutte queste genti, ogni sforzo, ed ogni arte usava per fare accolta di nuove. Desiderava egli, e sperava di raccorre un novero almeno di dieci migliaia, il quale era necessario per l'opportuna difesa di tutti quei luoghi. Ma la bisogna dello arrolare procedeva molto lentamente. Ripugnavano in questo tempo i popoli grandemente a condursi sotto le insegne, sia per una naturale freddezza, sia perchè, o per arte degl'Inglesi, o per credenza dei capitani americani si era divulgata la opinione, che l'esercito del Re non dovesse già fare la fazione di Ticonderoga, ma sibbene che imbarcatosi pel San Lorenzo, e quindi viaggiando per mare, fosse per andar a congiungersi con quello del generale Howe. Per le quali cagioni, allorquando le genti del Re apparvero improvvisamente sotto le mura di Ticonderoga, se quelle di Schuyler arrivavano, certamente non passavano il novero di cinque migliaia, incluse quelle che si trovavano dentro la Fortezza, le quali sommavano ad un dipresso a tre migliaia, numero poco sufficiente a difendere un sì gran circuito di mura, e tante pendici.
Siede Ticonderoga sulla riva occidentale di quell'emissario, pel quale le acque del lago Giorgio scorrono in quello di Champlain. Quest'emissario è lungo da dodici miglia, ed alla sua bocca inferiore verso il Champlain è posta appunto la Fortezza di Crown-point. Ticonderoga è fondata sopra una punta di terra, la quale da tre parti è circondata dalle acque, le sponde delle quali sono alpestri e dirupate. La parte a maestro, la quale sarebbe aperta, ha per difesa una profonda palude, e le fortificazioni già fatte construrre dai Francesi. Gli Americani avevano questo fianco assicurato con nuove fortificazioni. Istessamente sulla sinistra un po' più in su verso il lago Giorgio nel luogo dov'erano i mulini da segare, fatto avevano nuovi bastioni, siccome pure sulla dritta un po' più in giù verso il lago Champlain. Dall'altra parte dell'emissario,