Название | Storia d'Italia dal 1789 al 1814, tomo VI |
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Автор произведения | Botta Carlo |
Жанр | Зарубежная классика |
Серия | |
Издательство | Зарубежная классика |
Год выпуска | 0 |
isbn |
Nissun ordine buono poteva sorgere da farragine sì dolorosa: perchè ogni fondamento civile era disordinato, ed i soldati si creavano per altri. Narrano alcuni che almeno questo accidente buono nascesse nel regno Italico, che lo spirito militare si risvegliasse, e che buoni soldati si formassero a benefizio d'Italia. Certamente buoni soldati si creavano sotto la disciplina Napoleonica; ma mandati a battaglie forestiere, come amassero l'Italia, e come imparassero a difenderla, io non so vedere; se forse non si voglia credere, che il rovinare i paesi d'altri, ed il distruggere le patrie altrui siano pei soldati salutiferi esempj.
La servitù s'abbelliva. In questo Napoleone fu singolarissimo. Opere magnifiche, opere utilissime sorgevano. Milano massimamente di tutto splendore splendeva. La mole dell'Ambrosiano tempio cresceva, il foro Buonaparte si disegnava, e da qualche principio già si conosceva quanto grandiosa opera avesse a riuscire, se fosse stato condotto a termine. Eugenio vicerè fomentava i parti più belli dei pittori, degli scultori, degli architettori; la corte pruomovitrice di servitù, era anche pruomovitrice di bellezza. Nuovi canali si cavavano, nuovi ponti s'innalzavano, nuove strade si aprivano. Nè le rocche, nè i dirupi ostavano; l'umana arte stimolata da Napoleone ogni più difficile impedimento vinceva. Sorsero sotto il suo dominio, e per sua volontà due opere piuttosto da anteporsi, che da pareggiarsi alle più belle ed utili degli antichi Romani; queste sono le due strade del Sempione, e del Cenisio, le quali aprendo un facile adito tra le più inospite ed alte roccie d'Italia alla Francia, attesteranno perpetuamente all'età future, in un colla perizia ed attività dei Francesi, la potenza di chi sul principiare del secolo decimonono le umane sorti volgeva. Beato egli, se non avesse corrotto il benefizio colla servitù!
Era arrivato il tempo, in cui i disegni Napoleonici dovevano colorirsi a danno del re di Spagna; i mezzi pari al fine. Il mettere discordia nella famiglia reale, il far sorgere sospetto nel padre del figliuolo, dispetto nel figliuolo verso il padre, il seminar sospetti sopra la conjugal fede della regina, e al tempo stesso accarezzare chi era soggetto dei sospetti, e farne stromento alle sue macchinazioni, il contaminar la fama di una principessa morta, l'esser del sangue di Carolina di Napoli rinfacciandole, accusar un principe di Spagna delle Caroliniane insidie, perchè più amava la Spagna che la Francia, fare che a Madrid e ad Aranjuez ogni cosa fosse sospetta di fraudi e di tradimenti, e la quieta e confidente vita del tutto sbandirne, furono arti di Napoleone. La subitezza Spagnuola le ruppe col far re Ferdinando, e dimetter Carlo; ma Napoleone ravviava le fila: l'accidente stesso di Aranjuez, che pareva dovere scompigliargli la trama, gli diede occasione di mandarla ad effetto. Trasse con le lusinghe il re Carlo in sua potestà a Bajona: restava, che vi tirasse il re Ferdinando; e il vi tirò. Rallegrossi allora dell'opera compita. Fe' chiamar dal padre il figliuolo ribelle, fe' chiamar dalla madre il figliuolo bastardo, dalle gazzette meditatore scelerato della morte del padre, costrinse il padre ed il figliuolo a rinunziare al regno in suo favore, mandò il padre poco libero a Marsiglia, il figliuolo prigione a Valençay; nominò, ribollendo in lui la cupidità sfrenata dell'esaltazione de' suoi, Giuseppe re di Spagna, Murat re di Napoli. A questo fine era stato concluso il trattato di Fontainebleau, promessa grandezza al re di Spagna, introdotti i Napoleoniani in Ispagna. Ma le cose sortirono effetti diversi da quelli ch'ei si era promesso. Sorsero sdegnosamente gli Spagnuoli contro le ordite sceleraggini, e combatterono i Napoleoniani. Napoleone e i suoi prezzolati scrittori gli chiamarono briganti, gli chiamarono assassini: quest'infamia mancava a tanti scandali.
Napoleone obbligato a mandar soldati contro Spagna, ed a scemargli in Germania, temeva di qualche moto sinistro. Una nuova dimostrazione dell'amicizia di Russia gli parve necessaria. Fatte le sue esortazioni, otteneva, che Alessandro il venisse a trovare ad Erfurt. Quivi furono splendide le accoglienze pubbliche, intimi i parlari segreti: stava il mondo in aspettazione e timore nel vedere i due monarchi potenti sopra tutti favellare insieme delle supreme sorti. Chi detestava l'imperio dispotico di Napoleone, disperava della libertà d'Europa, perchè essendo le due volontà preponderanti ridotte in una sola, non restava più nè appello, nè ricorso, nè speranza. Chi temeva dell'insorgere progressivo della potente Russia, abborriva ch'ella fosse chiamata ad aver parte in modo tanto attivo nelle faccende d'Europa; conciossiachè le abitudini più facilmente si contraggono, che si dismettono, ed anche l'ambizione del dominare non si rallenta mai, anzi cresce sempre, ed è insanabile. Rotto era e capriccioso il procedere di Napoleone, e però da non durare, mentre l'andare considerato e metodico della Russia dava più fondata cagione di temere. Le scene d'Erfurt erano per Napoleone più