Название | Storia d'Italia dal 1789 al 1814, tomo V |
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Автор произведения | Botta Carlo |
Жанр | Зарубежная классика |
Серия | |
Издательство | Зарубежная классика |
Год выпуска | 0 |
isbn |
Conquistati i castelli di castel Nuovo e di castel dell'Uovo attesero gli alleati all'acquisto di Sant'Elmo, il quale oppugnato gagliardamente qualche giorno venne in mano loro, essendosi il comandante Mejean arreso a patti. Stipulossi fra le due parti, che la guernigione Francese sarebbe prigioniera di guerra del re, e de' suoi alleati; che non servisse contro di loro, finchè non fosse scambiata; che sotto fede si conducesse sopra bastimenti regj in Francia. Quanto ai sudditi del re, che si trovavano nel forte, si convenne che si consegnassero in mano degli alleati. Mejean non potrà sfuggire il carico di aver consentito a quest'ultimo capitolo; perchè se primo suo pensiero era, e doveva essere di salvar i Francesi suoi compagni, e se a tali estremi era giunto che della salute dei repubblicani, che si eran rimessi nella sua fede, non potesse richiedere gli alleati, debito suo era almeno, seguitando l'esempio dei comandanti di Torino, d'Alessandria, e di Cuneo, lasciare che gli alleati quegli uomini da immolarsi si prendessero da per se stessi, non obbligarsi col suo nome sottoscritto a consegnargli. Maggiore biasimo eziandio meritano Tommaso Trowbridge, capitano comandante la nave Inglese il Culloden, e il capitano Baillie, comandante le truppe dell'imperatore delle Russie, per avere richiesto e stipulato, che i repubblicani si consegnassero agli alleati; perchè farsi dar uomini per dargli in mano al boja, era cosa del tutto indegna di uffiziali di Russia e d'Inghilterra. Potevano bene stipulare, ed avrebbe bastato, che fossero dati in mano degli agenti Napolitani. Si aggiunse a patti crudeli una esecuzione più crudele. I repubblicani travestitisi a modo di soldati Francesi, per istare alla fortuna, se non fossero riconosciuti, di salvarsi, essendo riconosciuti, ed anzi indicati da chi gli doveva preservare, vennero in poter di coloro che tanto agognavano il sangue loro; spettacolo miserabile, che commosse a compassione molti degl'inimici.
S'arrendevano in questo alle armi regie Capua e Gaeta, non fatta difesa alcuna d'importanza. Così tutto il regno tornò all'antica divozione, ma rotto, sanguinoso, pieno d'incendj, di rapine, di sdegni e di vendette. Incominciavansi i supplizj, l'infuriata plebe imitava; l'uccidere per tribunali era accompagnato dall'uccidere per anarchìa. Non a età si perdonava, non a sesso, non a grado. Le donne come gli uomini, giovanetti di sedici anni come vecchi di settanta furono uccisi sui patiboli: fanciulli di dodici condannati all'esilio, e dove in nome della legge giuridicamente non si poteva condannare, arbitrariamente si condannava. Un Fiori, un Guidobaldi già altrove nominato, un Damiani, un Sambuci, e massimamente uno Speciale, già stato ordinatore dei supplizj di Procida, erano gli stromenti della barbarie. Piange ancora Napoli, e piangerà lungo tempo i tremendi effetti del furor di costoro, e di coloro a cui piacevano. I più chiari, i più virtuosi s'immolavano i primi. A tanta immanità si aggiungeva nei repubblicani rabbia a coraggio per modo che dissero, e fecero morendo cose degne di eterna memoria. Fora troppo lunga e lagrimevole istoria il raccontare tutti i supplizj; toccheremo solo i principali, e da essi potranno i posteri argomentare, quanta virtù sia stata tolta a Napoli dalle discordie civili.
Mario Pagano, al quale tutta la generazione risguardava con amore e con rispetto, fu mandato al patibolo dei primi: era visso innocente, visso desideroso di bene; nè filosofo più acuto, nè filantropo più benevolo di lui mai si pose a voler migliorare quest'umana razza, e consolar la terra. Errò, ma per illusione, ed il suo onorato capo fu mostrato in cima agli infami legni, sede solo dovuta ai capi di gente scellerata ed assassina. Non fe' segno di timore, non fe' segno di odio. Morì qual era vissuto, placido, innocente e puro. Il piansero da un estremo all'altro d'Italia con amare lagrime i suoi discepoli che come maestro e padre, e più ancora come padre che come maestro il rimiravano. Il piansero con pari affetto tutti coloro che credono che lo sforzarsi di felicitare la umanità è merito, e lo straziarla delitto. Non si potrà dir peggio dell'età nostra di questo che un Mario Pagano sia morto sulle forche. Domenico Cirillo, medico e naturalista, il cui nome suonava onoratamente in tutta l'Europa, non isfuggì il destino di chi ben ebbe amato in tempi tanto sinistri. Richiesto una prima volta di entrare nelle cariche repubblicane aveva negato perchè gl'incresceva l'allontanarsi delle sue lucubrazioni tanto gradite di scienze benefiche e consolatorie. Gli fecero una seconda volta suonare agli orecchi il nome, e la necessità della patria. Lasciossi, come buon cittadino, piegare a queste novelle esortazioni. Eletto del corpo legislativo, nè cosa vi disse, nè vi fece, se non alta, generosa e grande; ed il gridar per vezzo contro i re e contro gli aristocrati stimava indegno di lui per ragione, il propor cose a pregiudizio