Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 4. Botta Carlo

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Название Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 4
Автор произведения Botta Carlo
Жанр Историческая литература
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Издательство Историческая литература
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chiamata la Pantera. Per levarsi quel bruscolo d'in sugli occhi, gli Spagnuoli fecero il disegno di volerle ardere in un colle navi da carico, che nel medesimo luogo erano sorte, siccome pure i magazzini pieni di munizioni, ch'erano stati costrutti sulla riva del mare. Apparecchiarono a questo fine sette brulotti con un numero grandissimo di battelli e di bastarde; gli uni, e le altre pieni di soldati, e d'ogni sorta di armi da offendere. Nel medesimo tempo le navi da guerra di Don Barcelo sorsero, e s'arringarono avanti la bocca della cala, non solo per dar coraggio a' suoi, e concorrere nella impresa, ma ancora per intraprendere qualunque nave, che avesse voluto cansarsi. Dal lato di terra Mendoza stava pronto per accrescer terrore alla cosa, e per facilitar il disegno, a piover bombe dentro la città, tostochè i brulotti appiccato avessero il fuoco al navilio inglese. Appuntarono all'impresa la notte de' 6 giugno. Era ella molto scura, il vento ed il mare propizj. Gl'Inglesi non si addavano. Ivano i brulotti avvicinandosi, e già era vicino a compiersi il disegno. Ma gli Spagnuoli, o impazienti, o per l'oscurità della notte credendosi più presso di quello ch'erano veramente, o temendo di accostarsi di vantaggio, precipitarono gl'indugj, e dier fuoco ai brulotti ancora un po' lontani. Destaronsi gl'Inglesi a sì improvviso accidente, e nulla punto smarritisi al subito pericolo, uffiziali e soldati montarono spacciatamente nei battelli, e con mirabile coraggio accostatisi agli ardenti brulotti gli aggraffarono, e condussero alla larga in luoghi, dove non potessero far danno. Gli Spagnuoli senza frutto alcuno si ritirarono. Intanto era Mendoza intentissimo a farsi avanti coi lavori della circonvallazione. Il generale Elliot, al quale il Re Giorgio aveva commesso la cura di difendere quella rocca, lo lasciava fare. Ma quando lo Spagnuolo aveva condotto a fine le opere sue, ecco che Elliot a furia di cannonate le disfaceva, ed intieramente rovinava tutte. Saltava anche qualche volta fuori, e, guaste le opere degli assedianti, ne chiodava o rapiva le artiglierie. Queste vicende parecchie volte si rinnovarono. Se ne rallegravano gl'Inglesi; gli Spagnuoli ne sentivano una noia grandissima. Per la qual cosa aguzzando gl'intelletti loro alla necessità, e male soffrendo, che una piccola presa di genti, poichè il presidio di Gibilterra, inclusi gli uffiziali, non passava i seimila soldati, non solo loro resistessero, ma con sì prosperi successi gli combattessero, fecero una deliberazione, la quale molto noiò nel processo di tempo la guernigione, accrebbe la difficoltà ed i pericoli della difesa, e produsse in ultimo un total eccidio della città. Questa fu di construrre in gran numero certe piatte, che chiamarono barche cannoniere. Erano sì fatte, che portavano da trenta a quaranta botti, quaranta o cinquanta uomini, ed un cannone in prua, che buttava ventisei libbre di palla. Altre portavano bombarde. Avevano una larga vela, e quindici remi dalle due bande. Erano molto maneggevoli; ed intendevasi con esse di gettar bombe e palle nella città e nei forti di nottetempo, ed anche, quando la occasione si scoprisse, di assaltar le fregate. Poichè credevasi, che due di queste piatte fossero bastevoli a far istare una fregata. E siccome poco si alzavano sopra il pelo dell'acqua, così era cosa assai malagevole il por loro la mira, e colpirle. Non avendo i Gibilterrani in pronto una simil sorta di navi, male dagli assalti loro si sarebbero potuti difendere. Così gli Spagnuoli erano intentissimi nel procurare a sè stessi questo nuovo istrumento di oppugnazione, che stimarono dover apportare grandissimo giovamento alla felice riuscita dell'impresa.

      Mentre prevalevano in tal modo sulla terra-ferma d'America le armi britanniche; che nelle Antille quelle dei due antichi rivali si pareggiavano, e che in Europa con diverso evento si combatteva, sicchè pareva, che non ancora volesse la fortuna a favore nè di questo nè di quell'altro nemico inclinarsi, le cose fin là incerte e dubbie state nelle Province unite dell'Olanda ad un certo e determinato fine s'incamminavano. Conciossiacosachè avevano i cieli destinato, che la querela americana commovesse alla guerra tutto il mondo, e che colla congiunzione delle armi olandesi a quelle dei Borboni e del congresso si venisse a compir quella formidabile lega, che pareva, dovere l'ultimo tuffo dare alla potenza dell'Inghilterra. Erano state dal bel principio della querela le cose d'America fomentate in Olanda con molta estenuazione di quelle d'Inghilterra, sia per l'amore che a questa causa della libertà si portava generalmente a quei tempi in Europa, sia perchè paresse agli Olandesi, che l'impresa ridondasse tutta in pro degl'interessi della comunanza protestante, temendosi molto dai dissenzienti delle vere o credute usurpazioni della Chiesa anglicana, e sia finalmente perchè la presente condizione degli Americani molto pareva conforme a quella, in cui gli Olandesi stessi si erano ritrovati ai tempi delle guerre loro contro la Spagna. Quindi è, che coloro, i quali seguitavano in Olanda le parti francesi ed avevano, e ogni dì acquistavano, maggior seguito di quelli che parteggiavano per l'Inghilterra. I più pertinaci fra questi ultimi, sebbene per la ricordanza dell'antica amicizia, per le opinioni loro intorno alle cose commerciali, per l'odio che portavano alla Francia, e pei mali che temevano, fosse questa in grado di far loro nell'avvenire, nell'amicizia inglese persistessero, tuttavia molto detestavano i consiglj presi contro l'America dai ministri britannici, e ciò facevano per l'appunto, e massimamente perchè prevedevano, che essi consiglj avrebbero finalmente quella buon'armonia rotto, ch'eglino avrebbero voluto conservare, e fatto del tutto traboccar la Olanda alle parti di Francia. Aggiungevasi a questo, che siccome vi si stava generalmente molto in gelosia contro la potenza dello Statholder, congiunto di sangue col re Giorgio, e temendosi, che questi lo volesse favorire, e fargli le spalle nelle sue usurpazioni, o disegnate invero, o soltanto credute, o volute farsi credere che si fossero, così vivevano le genti in molto sospetto intorno le intenzioni dell'Inghilterra. Temevano, ch'ella non volesse fare a tempo accomodato, e per mezzo dello Statholder a sè medesimi quello, che allora voleva fare all'America. Queste cose si dicevano apertamente, e con vivi colori si dipingevano dai gallizzanti. Per la qual cosa salivano essi in maggior riputazione, mentre l'autorità degli avversarj diminuiva giornalmente. Tra le città e le province, che si mostravano parziali per la Francia, tenevano il primo luogo e per la ricchezza, e per la potenza loro quelle di Amsterdam e dell'Olanda. Per la qual disposizione d'animi mantenere viva, e per tirare anche altre città e province nella medesima sentenza, aveva la Francia, avvisandosi benissimo, quanto sia potente nei cuori umani, e massimamente in coloro, che fanno professione del mercanteggiare, l'amor del guadagno, molto accortamente ordinato, ch'ella farebbe pigliare in sui mari tutte le navi olandesi, le quali facessero il commercio colla Gran-Brettagna, solo eccettuando quelle delle città di Amsterdam e di Harlem. Dalla quale deliberazione ne era nato, che parecchie altre città principali, tra le quali Rotterdam e Dort, si erano per godere il medesimo privilegio alle parti francesi accostate. Tutte queste cose erano state causa, che si era appiccata, già erano due anni, una pratica in Aquisgrana tra Giovanni Neuville, il quale operava in nome, e per l'autorità di un Van-Berkel personaggio, siccome affezionatissimo ai Francesi, così nimicissimo agl'Inglesi, e Capo del governo della città di Amsterdam, e Guglielmo Lee commissario per parte del congresso. Questi due agenti dopo molte consulte fermarono un trattato d'amicizia e di commercio fra quella città, e gli Stati Uniti d'America. Questo trattato non era in nome, che casuale, intendendosi, che dovesse solo avere il suo effetto, allorquando l'independenza degli Stati Uniti fosse dalla Gran-Brettagna riconosciuta. Ma infatto si riconoscevano questi come franchi ed independenti, poichè come se tali fossero si negoziava e si accordava con essi. Non era invero il trattato stato fatto con altri, che colla città d'Amsterdam. Ma si sperava, che la prepotenza, ch'ella aveva nella provincia d'Olanda, avrebbe tirato a parte della cosa tutta questa provincia, e che quella prepotenza stessa della provincia avrebbe fatto nel medesimo disegno inclinare anche tutte l'altre. Queste pratiche furono con tanta gelosia tenute segrete, che nulla se ne riseppe in Inghilterra. Ma il congresso, il quale ardeva di desiderio, che quello, che si era segretamente stipulato, si recasse apertamente in effetto, creò plenipotenziario a questo fine presso gli Stati Generali Laurens, quello stesso, che stato era presidente. Questo partito con tanto più pronto volere aveva abbracciato, in quanto che si era persuaso quello ch'era vero, cioè, che per gli acciacchi ed insolenze usate dagl'Inglesi alle navi mercantili olandesi nel commercio loro coi porti francesi, si fossero in tutta la Olanda gravemente alterati gli animi; e che massimamente a grandissimo sdegno vi si fossero concitati per la presura fatta delle navi accompagnate dal conte Byland. Questi mali umori poi, e queste nuove ferite invece di sedare e di ammorbidare, aveva viemmaggiormente mossi, e fatte inciprignire Jorke, ambasciadore pel Re della Gran-Brettagna all'Aia con un memoriale pieno di alterigia da lui porto al governo, il quale fu giudicato non dicevole alla dignità di una nazione franca ed independente. Ma la fortuna, la quale così spesso si fa giuoco dei miseri mortali, volle far di modo, che questi maneggi venissero per un impensato accidente a notizia dei ministri inglesi, prima che avessero potuto avere il