Il fallo d'una donna onesta. Enrico Castelnuovo

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Название Il fallo d'una donna onesta
Автор произведения Enrico Castelnuovo
Жанр Языкознание
Серия
Издательство Языкознание
Год выпуска 0
isbn 4064066073039



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spaventata la povera donna.

      —Oh… lo farò… anche s'ella non me l'ordina…

      —Di Reana! Che spropositi dice?

      —Lo farò s'ella mi chiude la porta in faccia… s'ella non mi lascia il tempo di riabilitarmi ai suoi occhi… In fine, dopo aver toccato l'apice della felicità, che cosa ci può esser di meglio che morire?… Ma pensi, ma giudichi lei… Potrei vivere con l'idea ch'ella mi ha messo alla porta come un brutale che ha sorpreso la sua buona fede e che non aveva nemmeno la scusa di amarla?

      —Via, di Reana… Gliel'ho detto che le perdono… Crederò ch'ella mi ami… È assurdo, ma lo crederò…

      —Deve crederlo—insistè l'ufficiale.—Amare è poco… l'adoro… Oh non tiri in ballo la sua età… La sua fede di nascita dev'essere sbagliata… Per me ella non ha neanche trent'anni… Si guardi nello specchio.

      Con uno sforzo supremo la Teresa si alzò dal divano respingendo senz'asprezza il sottotenente che si decise ad alzarsi egli pure.—Non voglio sentir più queste bestialità—ella disse.—Vada!…

      —Per prepararmi a tornare, o per tirarmi un colpo di revolver?

      —Ma zitto, disgraziato!—intimò la Valdengo dando col piede un piccolo colpo sul pavimento.—Non pensa alla sua mamma?

      Indi con un'intonazione mesta e grave ella soggiunse:—Torni pure domani… La persuaderò che ha torto ad amarmi.

      La fisionomia di Guido di Reana s'illuminò come per un'irradiazione interiore.—Angelo! Angelo!… Sarò io invece che persuaderò lei.

      Ella portò il dito alle labbra nell'atto di chi invoca silenzio, e avvicinatasi alla parete premè il bottone del campanello elettrico.

      Il sottotenente s'inchinò ed uscì.

      La Teresa Valdengo stette un momento immobile in mezzo al salotto domandando a sè stessa se aveva sognato. Macchinalmente ella s'affacciò allo specchio, e stentò a riconoscere la donna di cui ella vedeva l'immagine dinanzi a sè. Era pallida, scomposta; mostrava, checchè sostenesse Guido di Reana, i suoi trentott'anni. Come mai egli, che ne aveva ventidue, come mai aveva potuto innamorarsi di lei?

       Indice

      —Dunque mammina no?—ripetè Guido.

      Ed ella, alla sua volta, in tono secco, reciso:—Ho detto di no.

      Le pareva, e non a torto, che quel titolo desse un'apparenza incestuosa alla loro relazione.

      —E allora diremo: Perchè il mio tesoro mi fa il viso duro?

      Ella gli passò una mano nei capelli e sorrise.—È una tua fantasia.

      —Mi ami sempre?

      Spesso egli le faceva questa domanda, ed ella gli rispondeva di sì. Che cosa poteva rispondergli? Che altra scusa aveva se non quella di amarlo? Ma di tratto in tratto l'assaliva il dubbio che non fosse vero, ch'ella non avesse nemmeno questa scusa, l'unica buona.

      Oggi ella rispose sospirando:—Pur troppo.

      —Perchè pur troppo? Perchè?

      —Perchè faccio male, e nel male non si dovrebbe perseverare.

      —A me tu hai fatto tanto bene!—egli esclamò, scoccandole un bacio.—Sanguinavo ancora dai morsi di un demone, e adesso son portato sulle ali di un angelo.

      A lei spiacevano queste frasi ch'egli pronunciava con enfasi melodrammatica. Si strinse nelle spalle e susurrò:—Che angelo!—Indi soggiunse:—T'ho fatto del bene?… Non come voleva tua madre, a ogni modo… S'ella sapesse!…

      —Ti benedirebbe, mia madre.

      Ella non replicò. Fors'era vero. Le madri considerano le cose sotto un punto di vista speciale. La Teresa Valdengo aveva fatto dimenticare a Guido di Reana la femmina indegna che lo aveva tenuto prima nelle sue reti; la Teresa gli aveva dato momenti dolcissimi, non gli smungeva la borsa, non gli chiedeva di sposarla, non pretendeva nulla; perchè la madre di Guido non l'avrebbe benedetta? Sì, nel suo inconscio egoismo l'ufficiale aveva côlto nel segno. A lui ella aveva fatto del bene. Che importava a Guido ch'ell'avesse rovinata la propria esistenza? A lui ella aveva fatto del bene. Non era abbastanza?

      —A che pensi?—egli disse, vedendola taciturna, concentrata, chiusa in sè stessa.

      Ella tentennò la testa.—A niente.

      Guido tentò una carezza più ardita.

      Ella si ritrasse.—No, no.

      Le accadeva talvolta di aver come un risveglio degli antichi pudori; quasi l'illusione che non fosse vero ch'ell'avesse ceduto, ch'ella dovesse ceder di nuovo. Sulle prime, Guido, sconcertato, confuso dall'inattesa ripulsa, non capace ancora di dominare una certa soggezione che quella donna gli ispirava anche dopo il fallo, si atteggiava a un dolore così profondo e sincero, che ella stessa, la Teresa, non tardava ad aprirgli le braccia. Ma, ormai, cresciuta la dimestichezza, sbollita alquanto la passione, di Reana non si turbava per questi vani tentativi di resistenza, e persuaso che la sua amante non lo avrebbe lasciato andar via in collera, faceva l'indifferente, discorreva del più e del meno, intercalando nel suo discorso, senza forse rendersene conto, qualche parola acre, qualche allusione sgradevole…. Oh, così giovane aveva già imparata l'arte di tormentare la persona amata!

      —Domani il Colombo esce dall'arsenale—egli disse.

      —Ah!—fece la Teresa.

      —Verrà ad ancorarsi in bacino, dirimpetto alla Caserma del Sepolcro… Dalla tua finestra lo vedrai benissimo… un po' a sinistra.

      La Valdengo abitava un quartierino sulla Riva degli Schiavoni.

      —Oh, lo vedrò per poco.

      —No, no, il comandante Gerletti non è ancora arrivato, e scommetterei che non si salperà di qui che alla fine del mese… Non parliamo di malinconie adesso, e cerchiamo d'impiegar bene il tempo che ci rimane.

      Egli fece di nuovo un movimento per abbracciarla; ella, di nuovo, lo respinse. Stasera egli le pareva così volgare.—Santo Iddio, che non si possa chiacchierare un poco in quiete, da buoni amici?… Via, raccontami qualche cosa.

      —Non ho nulla da raccontare—rispose di Reana alzandosi dispettosamente. Prese da uno scaffale un volume legato con rara eleganza, lo portò sulla tavola, e si mise a sfogliarlo. Era un de Musset in edizione di lusso, con le illustrazioni di Bida.

      —Anche questo è un regalo?—egli disse.

      —Già, quasi tutti quei libri son regali.

      —Del tuo conte?

      —Di lui e di altri.

      —Ma specialmente di lui?

      —Specialmente di lui. Che te ne importa?

      —M'è antipatico quel Vergalli. Non te n'hai mica a male?

      —Non posso impedirti che ti sia antipatico… Ma non trovo cortese il dirmelo… E poi è molto singolare che sia antipatica una persona che non si conosce.

      —Lo conosco a forza d'averlo sentito nominare. A ogni modo l'antipatia è istintiva… è reciproca… Giurerei che se il conte Vergalli fosse qui non potrebbe soffrire.

      —Sono ipotesi.

      —Pretenderesti forse ch'egli non avrebbe avversato il nostro amore?

      —Certo che mi parrebbe più strano ch'egli l'avesse approvato.

      —Ma che diritto—interruppe con qualche vivacità il sottotenente—che diritto ha quel signor conte di approvare o non approvare