Inviolata. Dakota Willink

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Название Inviolata
Автор произведения Dakota Willink
Жанр Современные любовные романы
Серия
Издательство Современные любовные романы
Год выпуска 0
isbn 9788835413721



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all’unisono.

      “Università delle Straviziate Creature,” chiarii.

      Mia madre rise, un suono lungo e melodioso e non potei fare a meno di sorridere.

      “Oh, Cadence, dà loro tempo. Quante volte ti ho detto di non giudicare un libro dalla copertina?”

      “Fidati, mamma, sono una coppia di burloni. Quei ragazzi non son nulla di buono.”

      “Beh, cerca di mantenere una mente aperta. Se hai problemi, faccelo sapere subito.”

      “Lo farò,” promisi. “Allora, dimmi come è andato l’incontro con i responsabili del campeggio. Sei riuscita a pianificare I progetti per quest’estate? Hai deciso che produzione fare?”

      Mia madre applaudì, con un’eccitazione evidente.

      “L’incontro è stato meraviglioso! Probabilmente è stato il più produttivo che abbia mai fatto! Abbiamo alcuni geni creativi con noi quest’anno e non vedo l’ora di cominciare! Ne stavo giusto parlando con tuo padre. Siediti che ti aggiorno.”

      Portando una sedia al tavolo della cucina, mi preparai ad ascoltare mia madre che spiegava la produzione musicale per quell’anno. Aveva dato ai responsabili una scelta tra West Side Story e Singin’ in the Rain, e avevano deciso per quest’ultima per le sue caratteristiche di commedia. Mentre uno dei responsabili era deliziato all’idea sul chi avrebbero scelto per interpretare i ruoli di Don Lockwood, Kathy Sheldon e Cosmo Brown, un altro dei responsabili non vedeva l’ora di iniziare a insegnare la partiture del musical nominato per gli Oscar.

      Catturata dalla sua eccitazione non potei fare a meno di stupirmi per tutti i suoi risultati. E non solo nei musical. Mia madre aveva successo in tutto quello che aveva fatto. I miei genitori erano originari di New York. Mia madre era stata un’attrice di Broadway e anche piuttosto famosa. Mio padre non era fatto per recitare ma era bravo con le mani. Aveva scalato posizioni all’Imperial Theatre fino a diventare il responsabile degli addetti al palcoscenico nella produzione de ”I ragazzi di Minnie”. Mia madre aveva recitato come Minnie e il resto, come dicono, è storia.

      Il loro fidanzamento era stato corto secondo gli standard moderni–si erano sposati tre mesi dopo il loro primo incontro. Con idee giovani e romantiche avevano fatto un viaggio in Virginia, desiderando che la loro luna di miele fosse ben lontana dalla vita frenetica di New York. Sorrisi bonariamente mentre ricordavo tutte le volte che mi avevano parlato delle lunghe passeggiate che avevano fatto tra gli alberi verdi osservando i meravigliosi tramonti. Era stato in una delle loro passeggiate che si erano imbattuti in una città mineraria abbandonata. Mia madre si era innamorata del suo essere così pittoresco e fu rattristata nel vedere che fosse stato lasciata andare in rovina.

      Anni dopo e dopo aver lottato per restare incinta, mia madre decise di aver finito con la sua carriera sul palco. Diede la colpa dei suoi numerosi aborti spontanei alla fatica e al rigore del teatro. Abbandonando tutto, tornarono in Virginia e acquistarono la vecchia città di cui si erano innamorati tanti anni prima. In ogni caso il teatro era ancora nel loro sangue e quindi convertirono la città in un campeggio estivo per giovani creativi. Grazie alla notorietà di mia madre, gli studenti arrivavano ogni estate ansiosi di imparare dalla grande Claudine Benton-Riley. Il segno che lasciava sulla maggior parte di loro era notevole. Anche se non condividevo i suoi talenti musicali o teatrali, speravo un giorno di essere in grado di avere un impatto su tante persone come lei.

      Dopo aver ascoltato mia madre per più di un’ora, diedi un’occhiata all’orologio della cucina. Erano quasi le undici. Mio padre era già andato a letto trenta minuti prima. Per quanto l’entusiasmo di mia madre fosse contagioso, le sei e trenta sarebbero arrivate molto presto. Sembrò rendersi conto che stavo crollando quando cedetti a uno sbadiglio.

      “Credo che sia ora che tu vada a dormire, Cadence. Sembri stanca e ho parlato a sufficienza per questa sera.” Mi disse sorridendomi.

      “Mi spiace, mamma. Sai che mi piace ascoltarti quando parli di quello che succede al campeggio ma mi sono svegliata veramente molto presto questa mattina.”

      “Non preoccuparti,” mi disse facendomi un cenno con la sua piccola mano. “So che hai avuto una lunga giornata.”

      Mi alzai e mi diressi dove era seduta mia madre. Avvolgendola con le mie braccia le diedi un breve abbraccio e la baciai in fronte.

      “Notte, mamma.”

      “Buone notte, tesoro.”

      Entrando nella mia stanza, la fredda aria proveniente dal condizionatore vicino alla finestra mi travolse. Quando cominciai a togliermi i vestiti mi resi conto di quanto fosse unta la mia pelle. Tra il sudore e l’acqua del lago, avevo decisamente bisogno di una doccia prima di andare sotto le lenzuola del mio letto. Guardai con brama il mio confortevole materasso matrimoniale, sapendo che domani non avrei avuto tempo di lavare le lenzuola. Con un sospiro afferrai un asciugamano e il mio pigiama e andai verso la stanza da bagno del nostro cottage. In quel momento pensai di non essere mai stata così grata del fatto che mio padre avesse aggiunto una doccia alla nostra residenza privata. Solo il pensiero di camminare fino al bagno in comune mi faceva sentire più sudata.

      La stanchezza mi faceva sentire male alle ossa, ma mi sentii più un essere umano dopo la doccia. Mi asciugai I capelli con l’asciugamano e poi li raccolsi in una treccia. Indossando un paio di pantaloncini di cotone e una canottiera, tornai in cucina per spegnere le luci. Proprio mentre stavo per tornare nella mia camera, notai Dahlia davanti alla porta principale. Di solito a quell’ora della sera era accoccolata sulle coperte nell’angolo della mia camera.

      “Devi andare fuori ragazza? Bevuta troppa acqua del lago?” Lei scodinzolò dando un colpetto alla porta con il naso. “Va bene, andiamo. Ma sii veloce.”

      Sciolsi il catenaccio della porta principale, la aprii e Dahlia saltellò verso la parte posteriore del cottage. Sapendo che ci avrebbe impiegato alcuni minuti per trovare il posto giusto per fare le sue cose, mi sedetti sul gradino più alto della veranda e aspettai.

      Dopo qualche istante sentii un fruscio sul lato della veranda e guardai per capire cosa fosse. Anche Dahlia doveva averlo sentito perché arrivò di corsa dal retro del cottage e partì come un fulmine.

      “Dahlia!” la chiamai bisbigliando. Poi vidi quello che aveva causato il fruscio. Un coniglio.

       Maledizione!

      La inseguii, timorosa di chiamarla troppo ad alta voce perché non volevo svegliare i miei genitori o chiunque altro.

      Fu inutile.

      Cominciò ad andare dentro e fuori la boscaglia annusando rapidamente determinata a catturare la sua preda. L’amavo ma quando il sudore cominciò a colarmi lungo la schiena, ebbi il desiderio di strozzarla.

      “Tanti saluti alla doccia,” borbottai tra me.

      Quando finalmente la raggiunsi, I ‘afferrai per il collare e la sgridai. Lei abbassò la testa con la coda tra le gambe. Subito mi sentii colpevole per averla sgridata anche se non avrei dovuto sentirmi così. Dopo tutto lei era quella che era scappata da me.

      Scossi la testa.

      “Cucciola, non imparerai mai. I conigli sono molto più veloci di te!”

      Cominciò a scodinzolare. Chiaramente tutto era stato perdonato. Ridacchiai e le feci cenno di seguirmi verso casa–verso il mio letto. Il sonno mi stava chiamando.

      Vidi un raggio di luce con l’angolo dell’occhio, e mi girai per vedere da dove provenisse. Qualcuno aveva acceso la luce del fienile. Sarebbe stato strano che fosse Fitz ad essere rientrato. Doveva essere tornato dalla sua piccolo avventura spionistica già da un bel pezzo.

       Dove avrebbe potuto essere andato dopo aver lasciato il lago?

      Avevo visto Devon chiacchierare con una delle istruttrici di musica del campeggio, e quindi forse non era Fitz. Forse era il suo compare che tornava tardi.

       Oppure, se ci fosse qualcosa che non andava? Magari che andava molto storto.