Prima Che Insegua. Блейк Пирс

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Название Prima Che Insegua
Автор произведения Блейк Пирс
Жанр Зарубежные детективы
Серия
Издательство Зарубежные детективы
Год выпуска 0
isbn 9781094305417



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non meritava di morire, ma queste cose non dipendevano da lui.

      La Voce aveva lanciato la sfida e lui non poteva andarle contro. Anche se avesse voluto, non poteva. La sua mente, il suo corpo e il suo cuore erano pronti ad accettare la sfida. Sarebbe stato facile. Sarebbe stato come respirare, come dormire. Sarebbe stato naturale, come tutto ciò che la Voce gli aveva chiesto.

      Fallo di nuovo, questa volta di giorno.

      Poteva ancora sentire la voce nella sua testa, ogni parola lenta e strascicata.

      Era ancora lì, quando si addormentò sulla sedia del computer, con lo schermo davanti a sé che mostrava le sue immagini ripugnanti.

      CAPITOLO SETTE

      Non era mai facile fare visita a una famiglia così presto dopo la morte di una persona cara, soprattutto quando stavi per fare domande sulla loro morte. Mackenzie aveva perso il conto delle volte in cui le era capitato, ma ce n'erano alcune che le erano rimaste impresse nella mente. Le manifestazioni del dolore non erano mai state uguali in nessuna situazione, ma non aveva mai assistito a una manifestazione in forma di collera pura. Almeno fino a quando non andarono a casa dei genitori di Sophie Torres. La madre, una donna bionda di nome Esmeralda, era chiaramente annientata dalla disperazione. Glielo si leggeva sul viso e negli occhi, quando li accolse in casa sua.

      Esmeralda li accompagnò dentro casa come un fantasma che stesse infestando la sua stessa casa. Non aveva detto nulla, a parte: “Prego, entrate.” Camminava come se le gambe stessero perdendo forza, come se nessun muscolo del suo corpo vedesse alcun motivo per andare avanti, ora che sua figlia non era più viva.

      Era davvero quella l'unica parte del suo lavoro che Mackenzie detestava. Guardò Webber e vide che aveva uno sguardo solenne e quasi di rimpianto sul volto. Considerato come l'aveva visto finora lavorando insieme, non gli si addiceva.

      Esmeralda li condusse in cucina. Lì, Mackenzie vide il marito seduto al tavolo. Davanti a lui c'erano un album di foto e una bottiglia di liquore. Il suo volto era un muro di pietra. Tutto il suo corpo sembrava racchiuso in una corazza di rabbia. L'ira era così densa che a Mackenzie sembrò di sentirla irradiare da lui come calore.

      “Mio marito” disse Esmeralda, facendo un cenno passivo nella sua direzione. Non si preoccupò di dire il suo nome, quasi stesse semplicemente nominando un mobile a caso.

      All'inizio lui non disse nulla, anche se si alzò in piedi quando gli agenti entrarono in cucina. Lasciò l'album fotografico sul tavolo, ma prese il liquore. Non disse nulla mentre si appoggiava al bancone della cucina.

      “Tè?” disse Esmeralda. “Caffè?”

      Mackenzie non ne voleva, ma si era già trovata in situazioni simili. Sapeva che dare qualcosa da fare a Esmeralda Torres sarebbe stata una benedizione per la poveretta. Qualsiasi cosa pur di tenersi occupata, pur di sentire di avere il controllo su qualcosa.

      “Sappiamo che è incredibilmente dura” disse Webber, mentre si accomodavano sugli sgabelli del bancone. “Vi ringraziamo per averci ricevuti. Riteniamo che sia essenziale per arrivare a capire molte cose su questo caso.”

      Esmeralda non disse nulla, occupandosi del tè. Nella cucina dei Torres non fu pronunciata una sola parola fino a quando il bollitore non fischiò sul fornello e la signora cominciò a versare il tè nelle tazze con le bustine.

      Esmeralda porse loro le tazze di tè. Mackenzie sorseggiò subito il suo e lo trovò piuttosto forte. Era una specie di tè verde, se non sbagliava, anche se aveva sempre preferito il caffè al tè.

      “Cosa possiamo fare per voi?” chiese infine Esmeralda.

      “Stiamo essenzialmente cercando di scoprire se ci fosse qualche possibilità che Sophie avesse dei nemici” disse Mackenzie. “Odio usare un termine così drastico, ma alcuni dettagli sulla sua morte ci portano a pensare che possa essere collegata a un altro omicidio avvenuto di recente.”

      “Nemici, no...” disse la signora Torres. “Ma ci sono state delle cose che...”

      Lasciò la frase in sospeso, tenendo lo sguardo fisso sul pavimento e sforzandosi visibilmente di non mettersi a piangere. Il signor Torres, nel frattempo, fu più che felice di riprendere da dove la moglie aveva lasciato. E quando lo fece, la rabbia che Mackenzie aveva percepito prima in lui era altrettanto evidente nella sua voce.

      “Nessun nemico” disse, parlando a ritmo serrato. “Ma il suo ex fidanzato è andato fuori di testa quando lei lo ha lasciato. Le ha mandato messaggi terribili.”

      “Quanto tempo fa è finita la relazione?” volle sapere Mackenzie.

      “Non lo so. Poco più di una settimana, credo. Non più di due settimane di sicuro.”

      “Come fa a sapere dei messaggi?” chiese Webber.

      “Ce li ha mostrati lei” disse il signor Torres. “È passata da noi, un po' spaventata, capite? Ci ha chiesto se secondo noi fosse il caso di chiamare la polizia. Le ho detto di lasciarmi parlare con quello stronzetto. Gli ho telefonato, ma non ha mai risposto. Ho lasciato un messaggio piuttosto aggressivo e, per quanto ne so, gli sms si sono interrotti.”

      “Che tipo di messaggi le mandava, questo ex fidanzato?” chiese Mackenzie.

      “Ossessivi. Le diceva che aveva commesso un errore, che lui poteva seguirla quando voleva e sapeva sempre dove si trovava. In uno dei messaggi ha scritto che sperava che un giorno qualcuno le avrebbe fatto del male tanto quanto lei ne aveva fatto a lui.”

      “Immagino che non abbiamo il telefonino, vero?” Chiese Mackenzie. Guardò nella direzione di Webber nel porre la domanda.

      “No. Ce l'ha ancora la polizia locale.”

      “Avete mai conosciuto di persona questo ragazzo?” Chiese Mackenzie.

      “Una volta” disse il signor Torres. “Una volta l'ha invitato a cena e giuro che... pensavo fosse un bravo ragazzo. Ma lei aveva lasciato intendere che le cose erano difficili quasi sempre. E poi quei dannati messaggi...”

      “Per quanto tempo sono usciti insieme?" Chiese Webber.

      “Forse un anno?” ipotizzò Il signor Torres. “Oppure un po' di più, credo.”

      “Avete idea del perché si sono lasciati?” Chiese Mackenzie.

      “Credo che stesse diventando troppo appiccicoso.” Stavolta fu la signora Torres a rispondere. A quanto pareva, aveva ripreso il controllo delle sue emozioni e voleva collaborare. “Sophie era in quella fase in cui era pronta a cominciare a fare l'adulta. Stava cercando di smettere di fare la cameriera per dedicarsi alla carriera di modella.”

      “Era una modella?”

      “Solo part-time” disse la signora Torres. “Niente di grosso. Qualche servizio fotografico per annunci su stampa e online. Ha fatto una pubblicità non molto tempo fa, ma non è mai stata mandata in onda.”

      “Quando è stata l'ultima volta che uno di voi due ha parlato con l'ex fidanzato?” Chiese Webber.

      “A parte il messaggio che gli ho lasciato” disse il signor Torres, “abbiamo parlato con lui solo quando lo ha portato a casa per cena.”

      “Come si chiama?”

      “Ken Grainger” rispose la signora Torres.

      “Se lo vedete” disse il signor Torres, “assicuratevi che sappia che una delle ultime cose che la mia bambina ha visto è stato probabilmente uno dei suoi messaggi ignoranti. E se scoprite che è stato davvero lui... vi pagherei per lasciarmi anche solo cinque minuti da solo con lui.”

      Una lacrima gli sfuggì dall'occhio destro. Mackenzie pensò che fosse la prima volta che vedeva qualcuno piangere per la rabbia. Né lei né Webber fecero commenti. Si alzarono e tolsero il disturbo, e Mackenzie sentiva ancora la rabbia del signor Torres aggrapparsi a lei come una ragnatela.

      ***