Morrigan. Laura Merlin

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Название Morrigan
Автор произведения Laura Merlin
Жанр Героическая фантастика
Серия
Издательство Героическая фантастика
Год выпуска 0
isbn 9788873043959



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gli facessero tornare alla mente ricordi lontani, o forse mi stavo sbagliando. Non l’avrei mai creduto capace di provare sentimenti.

      Rispetto al solito, però, sembrava più dolce. Il suo lato angelico era venuto a galla?

      No, ma mi sarei goduta quel momento prima che ritornasse il solito, irascibile Gabriel.

      â€¹â€¹Ãˆ fantastico››.

      E in effetti era vero. Davanti a noi c’era un’immensa distesa d’acqua, così azzurra da dare l’impressione che il cielo si fosse ribaltato. Doveva essere un lago perché lì attorno c’erano solo montagne.

      â€¹â€¹Questo è il Lago dei tre fiumi. Se guardi bene puoi benissimo capire il perché di questo nome››.

      Guardai con attenzione e alla fine capii. Attorno al lago si trovavano tre montagne e da ognuna di esse scendeva un fiume che andava a sfociare direttamente nelle acque cristalline.

      â€¹â€¹Dobbiamo passare il ponte. Vedi laggiù?››. Gabriel mi riportò con la mente a terra e, con mio grande dispiacere, tolse la mano dalle mie per indicare un punto in lontananza.

      Vidi un ponte che sembrava non avere fine. Strizzai gli occhi per vedere meglio. Il luccichio dell’acqua mi impediva di vedere bene. Portai una mano sopra gli occhi per coprirli e alla fine vidi un piccolo rilievo montuoso.

      Era strano però, aveva una forma particolare.

      â€¹â€¹Lassù, in cima a quel monte c’è il castello di Ares. Vi accompagnerò fin là, poi proseguirete il viaggio da sole››, disse Gabriel serrando la mascella.

      â€¹â€¹Perché non vieni con noi?››

      Un lampo di rabbia gli passò negli occhi. ‹‹Non sono il benvenuto››. E bloccò la conversazione.

      Con lui non si poteva mai fare un discorso completo, lasciava sempre le cose a metà e questo mi dava davvero fastidio.

      Arrivammo al castello nel tardo pomeriggio.

      Gabriel se ne andò con i cavalli e disse che sarebbe venuto a prenderci la mattina dopo.

      Dove avrebbe passato la notte non ce lo disse, ma quello non era importante. La mia attenzione era stata attirata da qualcos’altro.

      Il castello di fronte a me era stupendo, il classico castello medievale con le torri imponenti, il fossato attorno e le merlature nella parte terminale della muratura.

      Entrammo scortate da quello che avrebbe dovuto essere un paggio. Era un ragazzo giovane, che scoprii essere l’unico immortale al servizio di Ares. Tutti gli altri erano rimasti con Mefisto, il quale li lasciava marcire fino all’osso in un mare di vizi e corruzione.

      Indossava una calzamaglia aderente alle gambe lunghe e snelle, simili a quelle di un cerbiatto, e una camicia bianca. Sopra aveva un gilet nero con gli orli in oro chiuso da un semplice cordino marrone.

      Come se non fosse abbastanza ridicolo, in testa aveva uno di quegli strani cappelli di foggia spagnoleggiante, in feltro nero, con una piuma di struzzo che ricadeva sui capelli biondi e ricci.

      Non riuscii a trattenere una risata quando vidi i pantaloni corti bombati, marroni a strisce argentate. Era come se si fosse messo due palloncini sulle gambe.

      Ci accompagnò fio alla porta del salone, l’aprì e annunciò a gran voce: ‹‹Sua Altezza l’immortale Ares è pronto a ricevervi››.

      Entrammo in fila, prima Sonia, poi Sara e poi io.

      Il salone era più grande di come l’avevo immaginato. Enormi dipinti occupavano sia la parete destra che la parete sinistra.

      Erano elfi nobili, lo si capiva dal portamento fiero e dalle elaborate coroncine di foglie posate sul capo.

      â€¹â€¹Chi sono?›› Chiesi sottovoce a Sara, che ancora mi guardava con uno sguardo torvo.

      â€¹â€¹La prima stirpe di elfi che regnò ad Naostur, i Nuropegues››.

      â€¹â€¹Ma qui non ci sono elfi››, le feci notare. ‹‹Finora ho visto solo mezzelfi. Che fine hanno fatto?››

      Sara mi inchiodò con lo sguardo. ‹‹Sono storie antiche, è bene lasciare il passato dove sta››.

      Perché tutta questa rabbia improvvisa? Ero solo curiosa di sapere un po’ di più della storia del luogo in cui mi trovavo.

      Decisi di non indagare oltre, anche se non riuscivo a togliermi dalla testa la bellezza di quel re elfico.

      Ritornai a guardarmi attorno.

      Quel castello era immenso! Dall’alto della sala scendevano tre grandi lampadari, tutti alimentati da candele. Alla fine del salone, sia a destra che a sinistra, si trovavano due enormi scalinate che portavano alle stanze del piano superiore. Erano in marmo bianco e formavano una specie di ferro di cavallo.

      Io e le mie sorelle acquisite camminavamo in fila sul grande tappeto rosso. Mi sentivo una regina scortata dalle sue damigelle.

      Arrivate alla fine del salone, Sonia si dispose a destra, Sara a sinistra e io rimasi al centro. Vidi le ragazze portarsi la mano con le dita incrociate sul cuore e inchinarsi.

      Io le imitai.

      â€¹â€¹Gloria e Onore a Voi splendide fanciulle››, disse una voce sconosciuta alle mie orecchie.

      Sbirciai, curiosa di sapere chi aveva parlato.

      Mi ritrovai a fissare il corridoio che passava sotto le scalinate. Non c’era molta luce e l’unica cosa che riuscivo a distinguere era una figura poco definita, un contorno nero.

      Nient’altro.

      â€¹â€¹Gloria e Onore a Voi Ares››, dissero Sonia e Sara.

      Io, invece, rimasi a bocca aperta a cercare di dare un senso all’ombra davanti a me. Non dissi nulla e mi guardarono entrambe, come se avessi appena fatto la peggior figura della mia vita.

      Ares rise. ‹‹Non importa, è nuova nel nostro regno. Imparerà››.

      â€¹â€¹G- Grazie››, balbettai un po’ impacciata.

      Mi rialzai e i miei occhi incontrarono quelli di Ares.

      Era uscito dall’ombra e un fascio di luce lo illuminò.

      

      

      5

      ARES

Senzanome

      Le grandi pareti dipinte apparivano un tutt’uno con il pavimento. Un vortice di grigio, rosso e giallo sembrava volermi avvolgere.

      Udii un ronzio indistinto, un po’ come quando si cominciano a perdere i sensi prima di svenire e questo lo avevo imparato a mie spese.

      Poche ore prima ero svenuta ed ero morta.

      E poi ero svenuta ancora.

      Ma stavolta era diverso perché davanti a me solo una cosa era chiara e ben impressa nella mia mente: il viso di Ares.

      Non sapevo se definirlo un ragazzo o un uomo.

      Non aveva età.

      Si presentò davanti a noi solamente con indosso un paio di jeans. I suoi muscoli erano ben scolpiti, ma non esagerati. Il suo viso sembrava quello