Vae victis!. Annie Vivanti

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Название Vae victis!
Автор произведения Annie Vivanti
Жанр Языкознание
Серия
Издательство Языкознание
Год выпуска 0
isbn 4064066071271



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fu un silenzio.

      Quindi Luisa domandò, quasi afona: «Che cosa... che cosa accadrà? Cosa significa questo per il nostro paese?»

      «Significa rovina e strazio,» mormorò Florian [pg!56] a denti stretti. «Significa violenza, strage e devastazione.»

      Luisa fu presa da un tremito convulso e si lasciò cadere su una seggiola. Florian girò su e giù per la stanza. «Teniamo ancora Visé,» mormorò soffermandosi. «Lo teniamo contro Von Emmich e le sue jene infernali!... E quando non potremo più tenerlo faremo saltare il ponte della Mosa.»

      Luisa ebbe un singulto; poi alzò gli occhi — i grandi occhi che parevano macchie d'inchiostro nella faccia scolorita. «Florian! Credi — credi possibile che.... costoro vengano qui?»

      «Tutto è possibile,» gemette Florian, «sì, sì! Anche questo è possibile.» E guardando la fragile figura davanti a sè e pensandola qui sola con Chérie e Mirella, uno spàsimo gli attraversò il viso.

      «Ma tu resterai con noi!» esclamò Luisa, e il suo sguardo si appoggiò sulla gagliarda figura e sul maschio volto del giovane. «Quanto tempo potrai restar qui?»

      Florian dette in un'amara risata. «Quaranta minuti,» disse. E vi fu un nuovo tragico silenzio.

      Finalmente Florian si scosse. «Che ne è di quell'Olandese — quel domestico fidato di Claudio? Dov'è?»

      [pg!57] «Fritz?» esclamò Luisa, tremando. E subito gli narrò la scena avvenuta la sera prima, ed anche gli impressionanti eventi della gita a Roche-à-Frêne.

      Florian l'ascoltò con viso fosco, stringendo i pugni. Quindi riprese a camminare in su e in giù per la stanza. «Basta,» disse finalmente con voce rauca. «Per gli errori passati non c'è rimedio.» Poi si fermò davanti a Luisa. «Avete promesso d'essere coraggiosa. Adesso ascoltate ciò che vi dico — ed obbeditemi.»

      Le diede istruzioni brevi e precise. Raccogliessero subito le poche cose di maggior valore che possedevano e lasciassero Bomal la mattina seguente alla prim'ora. Si recassero a Bruxelles, per la via di Marche e Namur — non per la via di Liegi. «Rammentatevi!» ripetè Florian, «non dovete passare per Liegi.» Nel caso che non vi fossero treni, dovevano noleggiare una carrozza o un carro — qualsiasi veicolo potessero trovare; e se non potevano trovar nulla andassero a piedi fino a Huy e di là a Namur come meglio potevano.

      «Avete capito?»

      Sì, Luisa aveva capito.

      «E perchè non partire adesso — questa sera stessa?» suggerì Florian. «Potreste arrivare a Tervagne stanotte, se attraversate i boschi....»

      [pg!58] «Stanotte!... Attraversare i boschi!...»

      Luisa parve così terrorizzata a quelle parole ch'egli non osò insistere. D'altra parte, egli riflettè, potrebbe darsi che anche i boschi, stanotte, fossero già percorsi da drappelli di Ulani. No; meglio partire all'alba. Alle tre o le quattro del mattino.

      «E' inteso?»

      Sì; era inteso.

      «E....» chiese la tremante Luisa, «che cosa faremo di Frida?»

      «Non ve ne fidate!» esclamò Florian. «Tuttavia conducetela con voi se vuol venire. Se no, lasciatela stare. — Oh! e tenete chiuse le porte! Tutte le porte. Chiuse a chiave e a catenaccio.»

      «Sì.» Luisa tremava da capo a piedi come una foglia al soffio della bufera.

      «Avete denaro?»

      Sì, sì, ne avevano del denaro.

      «Sta bene. E adesso,» disse Florian — l'orologio al suo polso l'avvertiva che venti dei quaranta minuti erano già passati — «adesso voglio parlare con Chérie.»

      «Vado a chiamarla,» disse Luisa, e si mosse trepidante. Quando fu alla porta si volse e l'interrogò cogli occhi smarriti. «Che cosa devo [pg!59] dire a quelle bimbe?... Devo avvisarle del pericolo che ci sovrasta?»

      «Subito — ma subito!» gridò Florian; «e mandatele a casa immediatamente.»

      «Mio Dio! Mio Dio! Pietà di noi!» singhiozzò Luisa. «E Mirella — cosa farà? Avrà paura — piangerà...»

      «Ma no, ma no. La piccola Mirella è coraggiosa più di noi,» disse Florian. Poi, come Luisa singhiozzava ancora andò da lei e le mise il braccio attorno alle esili spalle. «Su! coraggio, mia piccola madrina,» e si piegò sopra di lei con tenerezza fraterna a baciarle la guancia pallida.

      Luisa, singhiozzando, uscì.

      Florian rimase solo per pochi istanti. Udì che il canto di sopra si arrestò improvvisamente. Indi dei passi rapidi e leggeri scesero correndo le scale. La porta s'aprì e Chérie apparve sul limitare.

      Florian indietreggiò, e gli si fermò il respiro. Ma come! Questa visione d'incanto, questa pura bellezza nei bianchi, ondeggianti drappeggi — era Chérie? la sua piccola amica Chérie? Ma come, come mai si era essa così trasformata dalla bambinetta scontrosa ch'egli aveva sempre conosciuta, in questa eterea beltà floreale?... [pg!60] Chérie ben s'avvide della sua meraviglia, e ristette ferma sulla soglia; timida, si velava le lattee spalle con una sciarpa vaporosa che le fluttuava intorno e le dava come un'aria di volo. I suoi limpidi occhi erano levati a lui larghi di azzurra e divina innocenza.

      Un brivido scosse l'uomo che la guardava — un brivido di presciente orrore. Non erano già vicine le orde nemiche, briache di sangue e di ferocia? Non stavano già aprendosi con violenza la via verso questo fiore verginale? Ed egli doveva lasciarla! lasciarla, sola, alla mercè della loro brutalità? Di nuovo il brivido terribile lo scosse; mentre quei limpidi occhi ingenui lo fissavano, sorridenti.

      «Chérie!» diss'egli con voce rauca. «Chérie!» La trasse a sè, le alzò il viso delicato e guardò profondamente dentro l'azzurra meraviglia dei suoi occhi.

      Essa non parlò; nè ebbero un battito le sue ciglia. Offerse allo sguardo di lui tutta la trasparente profondità della sua anima. Ed egli ripetè ancora quella sola parola: «Chérie!...»

      [pg!61]

      I quaranta minuti erano passati. Vi fu un affrettato congedarsi, un'ultima agitata parola di avvertimento e monito; poi con un tintinnio di speroni Florian era corso giù per le scale e s'era slanciato in sella.

      Girò la testa del cavallo, che s'impennava, verso il Nord, e levò lo sguardo alle finestre.

      Sì, erano tutte là a fargli cenno d'addio! Tutte vicine, le teste bionde e le brune; gli occhi ceruli e gli occhi neri lo seguivano....

      «Ricordatevi,» gridò ancora Florian a Luisa, «ricordatevi — dovete partire domattina all'alba! Domattina all'alba!» E ancora mentre parlava, quell'indicibile brivido lo riprese. Era forse un presagio di ciò che l'indomani avrebbe recato? Era forse una visione di ciò che la tragica e sanguinosa aurora teneva in serbo per coloro ch'egli lasciava, sole nella loro indifesa bellezza e gioventù?...

      Spronò il cavallo e partì.

      Giunto in fondo alla strada egli si girò in sella un'ultima volta a riguardare la casa; vide che Chérie era corsa fuori sulla terrazza e stava lì, ritta e bianca come un giglio nella luce lunare.

      [pg!62] Egli levò in alto la mano in segno di saluto. Poi si volse e partì al galoppo.

      Via! — via nella notte, via verso i tonanti cannoni di Liegi e i sanguinanti campi di Visé! Via, portando con sè quella visione di candida e delicata bellezza.

      E ripensò che non le aveva detto una parola d'amore, nè le sue labbra avevano osato toccare quelle di lei. No; la sua purità eterea lo aveva intimidito; il nimbo della sua virginale giovinezza era intorno a lei come un'armatura di neve....

      ————

      Così — così egli la lasciò: pura, fragile e dolce, bianca come un giglio, veduto in un giardino sotto la luce lunare...

      Così — così egli la lasciò.

      [pg!63]