Il labbro inferiore di Rosselyn tremò. Le lacrime le scesero lungo le guance, oltre la linea attraente della sua mascella. “Davina, io...” Fissò l'amica per un lungo istante.
Quando Davina credeva ormai che l'amica avrebbe aggiunto qualcosa, Rosselyn si allontanò e scomparve nel guardaroba. Per quanto Davina desiderasse raggiungerla e consolarla, sentendosi responsabile per il suo stato, la fuga di Rosselyn indicava che aveva bisogno di tempo, quindi le lasciò qualche momento da sola.
Davina si voltò quando Rosselyn uscì dal guardaroba con gli occhi arrossati. “Grazie per avermi aiutata a vestirmi, Roz.”
Rosselyn annuì e si scusò, lasciando Davina in un silenzio spiacevole e con il cuore vuoto, per quell'ennesimo tentativo fallito di rievocare insieme a qualcuno. Davina prese un fazzoletto pulito dal cassettone e si sedette sul divanetto davanti al camino, nascondendo il viso nel lino fresco. Si asciugò il viso, infilò il fazzoletto nella manica, raddrizzò le spalle e si concentrò sulla giornata che aveva davanti. Le faccende domestiche sarebbero state una gradita distrazione.
Portate a termine le faccende più importanti per quel giorno, Davina e Lilias si rinfrescarono e si vestirono in modo più appropriato per andare fino al villaggio. Davina indossò un abito bordeaux plissettato in oro e ricamato con disegni verde-muschio sul petto. Un pizzo dorato decorava lo scollo squadrato della tunica, allacciata stretta come sostegno. Il soffice lino verde-muschio della sottoveste spuntava dalle aperture delle maniche bordeaux.
“Oh, nessuno di questo andrà bene!” si lamentò Lilias con Davina davanti al venditore. “Tutti i miei nastri sono vecchi. Qui non c'è niente di carino per sostituirli!”
Il mercante le guardò accigliato, mentre si allontanavano. Davina si voltò e rivolse uno sguardo di scuse all'uomo. “Oh, fai i capricci, mamma. Ti ho comprato dei nastri solo pochi mesi fa.”
“Sì! Sono vecchi!”
Una risatina sfuggì dalle labbra di Davina mentre spingeva la madre attraverso il mercato, facendosi strada tra i venditori ambulanti e i richiami cantilenanti dei mercanti, che cercavano di convincerle ad acquistare le loro merci. La folla riunita all'ingresso della piazza concesse a Davina una pausa e le fece sollevare le sopracciglia dalla curiosità. “Guarda, mamma,” disse puntando l'indice.
Allungarono il collo, cercando di vedere sopra la ressa. Delle risate scoppiarono in mezzo alla confusione e la folla riunita si divise per lasciare passare il corteo.
“Zingari!” strillò una giovane donna, infilandosi tra la folla fino a raggiungere la gente ferma di fianco a Lilias. “Gli zingari sono in città!”
Il cuore di Davina martellava contro le costole e la sua mano corse al petto. Erano passati almeno due anni dall'ultima volta in cui gli zingari erano venuti a Stewart Glen e lei non vedeva il gruppo al quale apparteneva il suo gitano gigante da nove anni. Davina mormorò una preghiera silenziosa.
Lilias le picchiettò la mano con autorità. “Avranno sicuramente una bella selezione di nastri che vengono da ogni parte del mondo.”
“Sì, madre,” disse Davina, sorpresa dalla propria mancanza di fiato.
Davina e Lilias si fecero strada attraverso quella foresta di corpi, per vedere passare il corteo. Con una musica festosa che tintinnava sulla folla, gli acrobati ruzzolavano sulla strada, i giocolieri lanciavano spade infuocate e torce nell'aria. I carrozzoni passavano rimbombando in un arcobaleno di colori, tutti dipinti di blu, verde, giallo e rosso brillante con decorazioni in ottone e rame. Alcuni avevano degli intagli nel legno scolpiti da eccellenti artigiani; vacillavano tutti, carichi di merci, vasellame e utensili, perline e sciarpe, visi allegri e mani che salutavano. Un carrozzone dipinto con delle stelle e dei simboli mistici avanzava lentamente, guidato da una bella ragazza con folti capelli biondi sulle spalle. Accanto a lei era seduta una donna rugosa e dai capelli scuri, che scorse Davina, socchiuse le labbra e spalancò gli occhi quando la riconobbe.
“E' tornato,” sussurrò Davina.
Guardò il grande carrozzone passare. La vecchia si sforzò di vedere Davina oltre la spalla, spostando di lato le sciarpe e le perline ciondolanti.
Davina fu travolta dall'eccitazione. E' tornato! E' davvero qui! Guardò i carrozzoni che procedevano oscillando e scomparivano lungo la strada principale. I suoi occhi saltavano da un viso all'altro nel corteo, mentre la gente le passava davanti, ma non lo vide da nessuna parte.
Lilias annuì, guardando gli acrobati in coda al corteo che si lanciavano a vicenda nell'aria. “Dovremmo tornare stasera e guardare il loro spettacolo, Davina. Promette di essere una serata molto divertente.”
“Sì, mamma,” disse finalmente Davina con un sorriso crescente. “E' proprio vero!”
* * * *
Un grido penetrò nell'oscurità e Broderick MacDougal corse in quella direzione, con un nodo allo stomaco per l'urgenza. Lei corse fuori dalla foresta verso di lui, con i capelli rosso-carota che sventolavano dietro di lei come una bandiera, gli occhi spalancati e colmi di terrore.
“Broderick!” urlò la bambina. Si guardò indietro da sopra la spalla, come se stesse scappando da qualche mostro orribile. Il suo corpo esile e fragile si gettò nelle braccia di Broderick e lui la avvolse nel suo abbraccio confortante, consolando la bimba dal viso lentigginoso. “Su, su, piccola. Sei al sicuro.”
Broderick si ritrasse per asciugarle le lacrime, ma non teneva più la giovane tra le braccia. Una donna matura, che assomigliava alla fanciulla, si aggrappava a lui adesso, con una folta cascata di capelli ramati che le incorniciava il viso. I suoi occhi color dello zaffiro, velati di lacrime, lo fissavano con speranza e la bocca arcuata tremava seducente. Il suo seno pieno premeva contro il petto di Broderick, che reagì con un gemito.
Un ringhio gutturale in lontananza riportò la sua attenzione su chi stava inseguendo la donna. Volgendo le spalle alla foresta buia e portando la donna tra le braccia, si diresse verso un banco di nebbia bianca nella valle, dove sarebbe stata al sicuro. Lei nascose la testa contro il suo petto, aggrappandosi a lui, mentre il suo calore penetrava nella carne di Broderick.
Quando raggiunsero la sicurezza della nebbia, lei gli premette il palmo sulla guancia. “Sapevo che saresti tornato.” La sua voce roca stuzzicò il desiderio che stava crescendo nei lombi di Broderick.
La lasciò scivolare davanti a sé e contro la sua erezione, facendola restare in piedi. Broderick gemette quando le sue mani accarezzarono le curve della donna e si rese conto che l'unica barriera tra le sue mani e la pelle di lei era una camicia da notte estremamente sottile.
“Sapevo che saresti tornato, Broderick,” sussurrò lei, toccandogli le labbra con i polpastrelli.
Broderick si chinò, le prese la bocca in un bacio affamato e lei si aprì a lui, invitandolo a sondare la sua dolcezza. Il semplice contatto fisico bastò ad eccitare le sue voglie- il calore della sua pelle, il profumo di rose e del suo sangue, il sapore della sua bocca, il suono della sua voce che sospirava il nome di Broderick- ma una connessione ancora più profonda spinse il suo corpo a reagire con un desiderio impetuoso che si diffuse nell'inguine. Cercò con le mani l'orlo della camicia da notte e sollevò la stoffa lungo i fianchi della donna, dove strofinò i palmi sulle morbide sporgenze delle natiche. La sollevò di nuovo tra le braccia e la convinse ad avvolgergli le lunghe gambe intorno alla vita, mentre le sue dita esploravano le pieghe bagnate della sua vagina. Lei sussultò e gettò indietro la testa, aggrappandosi alle sue spalle.
“Su, ragazza,” la incoraggiò Broderick. Giocherellò con il nocciolo sensibile e lei spinse i fianchi contro la sua mano, gemendo di piacere mentre si contorceva nella sua presa.
Lei gli circondò il collo con le braccia, fuse le labbra con le sue e mugolò l'orgasmo nella sua bocca. Quindi interruppe il bacio, sussultando tremante, senza fiato. “Ti voglio dentro di me, Broderick.”