Название | Divisione e riunificazione |
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Автор произведения | Francesca Zilio |
Жанр | Книги о Путешествиях |
Серия | |
Издательство | Книги о Путешествиях |
Год выпуска | 0 |
isbn | 9783969878903 |
9. Uno dei palazzi dei lavoratori più imponenti verso la fine della sua costruzione, nel 1955 (blocco G sud di Stalinallee, all’incrocio con Warschauer Straβe).
Proseguendo lungo il viale sulla destra si vede il Cinema Kosmos, il più grande della DDR. Costruito nel 1961, quindi quando questo lotto di viale era già stato completato, era dedicato alle esplorazioni spaziali: uno dei massimi orgogli nazionali della DDR e dell’URSS, particolarmente in quell’anno in cui Juri Gagarin era stato il primo uomo a viaggiare nello spazio. Dopo la riunificazione divenne il primo cinema multisala della ex Germania orientale, mentre ora è una location per eventi.
10. La facciata del Cinema Kosmos nel 1963.
Sulla sinistra, proprio di fronte al cinema, una doppia fila di alberi divide due palazzi dei lavoratori. Gli alberi più alti furono piantati per nascondere alla vista di chi percorreva il viale monumentale i primi e unici edifici del progetto di ricostruzione del 1946, ispirati all’architettura moderna degli anni Venti: poiché non erano certo imponenti e decorati come gli altri, avrebbero rovinato lo sguardo d’insieme, ma non furono abbattuti dato che erano appena stati costruiti e c’era un estremo bisogno di abitazioni. Camminando verso la stazione della metropolitana di Weberwiese si incontrano due di queste costruzioni (Laubenganghäuser, ai numeri 126-128 e 102-104 di Karl-Marx Allee).
11. Una delle case di ringhiera che costituiscono i prototipi della ricostruzione di Berlino secondo il progetto del 1946.
Andando sul retro, lungo Hildegard-Jadamowitz-Straße, ci si ritrova in un angolo particolarmente significativo per la ricostruzione, architettonica e ideologica, della Berlino del dopoguerra. Proprio in mezzo ai primi due edifici del progetto modernista bocciato dai governanti della DDR nel 1950 si scopre il primo palazzo del nuovo progetto socialista, eretto nel 1952. A pochi passi da lì si vede l’esperimento pilota per la realizzazione di quest’ultimo: il grattacielo a Weberwiese, primo grattacielo nella storia della DDR, definito dal suo progettista “il cigno bianco che si innalza dalle macerie di Berlino”. Il grattacielo, con l’edificio a fianco e il piccolo parco con fontane – ispirato al classicismo russo, in particolare all’edificio dell’Università Lomosonov di Mosca, e al neoclassicismo di Schinkel per compiacere i committenti – è uno dei primi esempi in assoluto dell’architettura socialista orientata alle tradizioni nazionali della neonata DDR e diede così il tono a ciò che sarebbe poi stato costruito nel primo lotto di Stalinallee.
I lavori iniziarono nell’ottobre del 1951 e continuarono 24 ore su 24 per tutto l’inverno, affinché l’edificio potesse essere inaugurato in pompa magna, con tanto di francobollo commemorativo e canzone dedicata, il 1° maggio 1952, festa dei lavoratori. Per il regime un’impresa così eccezionale avrebbe dovuto mostrare alla popolazione di Berlino e della Germania Ovest i risultati che i lavoratori avrebbero potuto ottenere se liberati dal capitalismo e dall’imperialismo.
Non solo la data di inaugurazione, ma ogni dettaglio dell’edificio era simbolico: una rappresentazione materiale della Germania socialista del futuro. Gli abitanti degli appartamenti furono attentamente scelti in base alla loro professione (degli operai, un insegnante, un architetto, un poliziotto…) in modo che il condominio riproducesse l’intera società della DDR come una società che offriva a tutti le stesse opportunità e in cui tutti convivevano armoniosamente. Nel concorso architettonico per la costruzione di Stalinallee si era infatti richiesto espressamente uno stile che rispecchiasse “la ricchezza della nuova società”.
12. Il grattacielo a Weberwiese a costruzione quasi ultimata, nel 1952.
A segnalare che la DDR si identificava con chi aveva sconfitto il nazismo, la provenienza del marmo nero dell’ingresso fu fatta risalire a Carinhall, la residenza di campagna di Hermann Göring, che ospitava la sua enorme collezione d’arte (v. Schloβ Schönhausen) e che egli fece distruggere prima che fosse raggiunta dall’armata rossa. Le piastrelle con cui furono ricoperte le pareti esterne venivano dalla città di Meiβen, grande orgoglio per la DDR non solo perché l’omonima manifattura di porcellane era una delle più antiche e importanti d’Europa, ma anche e soprattutto perché essa costituiva una preziosa risorsa: con l’esportazione delle celebri porcellane si ricavava preziosa valuta estera per il bilancio statale (il regime provò a introdurre soggetti di ispirazione marxista, ma dato che non vendevano, tornò ai prodotti tradizionali che garantivano maggiori entrate). Nell’edificio più basso accanto al grattacielo, i bassorilievi nello stile del realismo socialista rappresentavano la ricostruzione di Berlino e la DDR come paradiso dei lavoratori.
Nonostante la costruzione di ogni appartamento del grattacielo fosse costata 9 volte il previsto, gli affitti rimasero minimi: un modello evidentemente non sostenibile su larga scala, ma molto utile a livello propagandistico.
Tornando su Stalinallee, l’attuale Karl-Marx-Allee, e proseguendo in direzione di Strausberger Platz si trova, poco più avanti sulla sinistra, uno dei palazzi più riusciti del viale per l’armonia e la simmetria che lo caratterizza. Al pianterreno ospitava la Karl-Marx-Buchhandlung, celebre centro culturale e sociale di Berlino Est, ritratto anche in famosi film come Le vite degli Altri e Good Bye, Lenin!. Alla sua apertura nel 1953 era la libreria più grande di Berlino: 1200 metri quadrati su 2 piani. Dopo la riunificazione sopravvisse in versione molto ridotta, con gran parte degli spazi utilizzati dall’ordine degli architetti, ma dovette chiudere nel 2008. Divenne poi la sede di una casa di produzione cinematografica, che nel 2015 permise la creazione di un salone letterario al pianterreno, sopravvissuto solo fino al 2016.
13. La facciata della Karl-Marx-Buchhandlung nel 1954. La celeberrima insegna è protetta come bene storico-culturale.
Molti altri esercizi commerciali non sopravvissero alla riunificazione: nel 1993 ne erano ancora aperti solo 26 dei precedenti 149. Negli ultimi anni la situazione è molto migliorata, anche grazie al completo restauro dei palazzi che ha fatto tornare attrattiva la zona, ma il viale lunghissimo e larghissimo rimane in effetti più adatto alle parate che al passeggio e allo shopping.
A fianco dell’ex libreria resiste ancora il Cafè Sibylle, inaugurato nel 1953 insieme al viale e poi rinominato così in omaggio a una celebre rivista femminile considerata “la Vogue della DDR”, la cui redazione spesso si riuniva e organizzava eventi lì. Sibylle era una rarissima vetrina sul mondo della moda e del lusso, che però doveva essere proposto senza riferimenti al consumismo occidentale. Perciò, ad esempio, gli abiti non erano accompagnati dall’indicazione della casa di moda occidentale che li aveva realizzati, ma da cartamodelli per riprodurli. L’importanza della rivista non riguarda però il solo mondo della moda: mentre nella DDR le altre pubblicazioni subivano una forte censura, la moda non era presa sul serio, quindi era poco controllata. Ciò permetteva ai fotografi di avere una libertà molto maggiore di mostrare il Paese com’era nella realtà e addirittura di mandare messaggi in codice di critica politica e sociale attraverso le loro immagini. Di conseguenza molti professionisti di talento si diedero alla fotografia di moda per Sibylle come unico mezzo per esprimersi ed essere