Название | In faccia al destino |
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Автор произведения | Albertazzi Adolfo |
Жанр | Языкознание |
Серия | |
Издательство | Языкознание |
Год выпуска | 0 |
isbn | 4064066069872 |
— Grazie — ripeteva Eugenia, — grazie, cavaliere!
— E lei, dottore, benone? Si vede.
— Benone — io feci.
— Già l'ingegner Moser esagera a dire che il troppo studio ammazza. Eh! quando si è sani le fatiche intellettuali si sopportano come le altre.... Ne so qualche cosa anch'io....
In quel mentre al lume di luna il cavaliere si guardava alle scarpette nere e lucenti: ad una delle quali il nastrino s'era sciolto, o almeno sembrava non più del tutto uguale all'altro. Lo ricompose; e rialzando il capo guardò alla luna e l'apostrofò a tu per tu.
— Casta diva.... Che sera! eh, dottore? Peccato non aver vent'anni!... Del resto, per tornare a quel che si diceva, mens sana in corpore sano; e, viceversa, se è sana la mente è sano anche il corpo. Quando non si è sani e forti, non si fanno le opere del dottor Sivori.... No, no, dottore; mi lasci dire. Non è flatterie, è verità....
— Voi siete ancora molto debole, ed è tardi — io dissi a Eugenia, alzandomi....
VI.
Nel giardino, dietro i due abeti gemelli, un folto di ligustri, mirti e semprevivi formava capanna. Là Claudio e il medico curante portarono, sulla poltrona, Eugenia. Li avevamo seguiti io e le ragazze, timorose queste; ma io non provavo niente di quel che provavano gli altri.
Più visibili, là fuori, erano nella convalescente le tracce della malattia che l'aveva prostrata; manifeste vene azzurrine segnavano alle tempie la pura fronte; profonde e oscure, nel pallore diafano del volto, le occhiaie; infossate le guance; violento il rilievo agli zigomi e alle mandibole. E le mani.... così bianche! così affilate!...
— Ah Sivori! — ella mormorò con un pallido sorriso, quasi mi dicesse: «Come sono contenta».
— Zitta! — impose Moser. — Zitte anche voi! — disse alle ragazze, che non fiatavano e guardavano ora alla madre ora al medico.
Ma questi, ristato un po' in attenzione dinanzi ad Eugenia, si mostrò del tutto tranquillo per lei e pago di sè.
Io pensavo che avrebbe dovuto consigliarla a chiudere gli occhi, a riposare, forse anche a dormire, piuttosto che permetterle di guardare, ascoltare, accogliere di urto, subito, la vita che le ferveva intorno. Invece egli disse solo:
— Si ricordi, signora, che appena si sentirà stanca dovrà dirlo; e l'ingegnere e il dottor Sivori la porteranno in casa. Mi raccomando!
Dopo la quale raccomandazione e poche altre parole, prese commiato.
— Come ti senti? — chiedeva Moser indi a poco.
— Bene, tanto bene!
Per lasciarla tranquilla, Claudio si mise ad andar su e giù lungo il viale, al margine dell'erba, fermandosi a quando a quando a riguardare. Marcella, tacita, sedette sul sedile di macigno, presso alla madre e ripigliò il crochet; e Ortensia di su un più basso sedile di pietra, dall'altro lato, poggiava il mento su uno dei bracciali della poltrona; e non potendo tacere, susurrava puerili e dolci espressioni d'affetto: — Mamma buona....; mamma bella.... — Io, in piedi, ero col dorso appoggiato a un tronco. Ora con interpretazione perspicace, sicura, seguivo in Eugenia ogni successiva impressione; i moti del cuore e dei nervi; la vicenda e l'aumento delle sensazioni; e insieme con queste il rampollare delle idee.... Appena oso dirlo. Prevedevo che l'impeto della vita fra breve sarebbe, per la delicatezza e sensibilità di Eugenia, troppo rapido e violento; ma non ne avevo timore. Freddamente, curiosamente, l'osservavo; e senza sforzo, come per abitudine antica a oggettivarmi, vedevo tutto quello che succedeva in lei. Tutto!
Il suo viso, così pallido, esprimeva la meraviglia, lo stupore di una coscienza adulta in un corpo che rinasca; l'ineffabile, sovrumana letizia d'un'anima che scorga e misuri e accresca di sè un rinnovarsi di sensazioni infantili.
Poichè i suoi sensi, che il lungo riposo aveva affinati e indeboliti la malattia, non comportavano tutte le impressioni in una volta, ella, da prima, non potè non socchiudere gli occhi e raccogliersi come percepisse indistinta, dalla minor vista e dai più tenui fremiti, l'anima universa; e, con l'imaginativa, in ogni vena d'erba, sentì fluire dalla terra l'umor fresco, fecondo e perenne; e vide l'alito che molceva le foglie, passava tra le fronde; e potè discernere, fugaci o più vive d'ogni altro suono, recondite armonie di api e d'insetti. Che sapore incerto di menta e di timo! che vago profumo! Dei fiori, volle; ma poco odorosi, poco odorosi.... Poi guardò; volse lo sguardo: a lungo attese a una turba di moscerini che in vortice, per un inesplicabile fine, s'incorreva entro una spera di sole; e la distrasse una ragnatela che fra due rami riluceva quasi d'argento; e vi tremava al disopra una foglia da una fibra sola trattenuta in un'agitazione alacre e incessante. Ma ecco: una capinera, lontana lontana, accennò, interruppe, riprese con arte. Mentre così cantava la capinera, lontana lontana, men lungi, repentinamente, un uomo urlò e prolungò un nome.
E intanto — anche prima? — l'arguto ribattere di un incudine, che nel suono rendeva una visione di sprizzanti scintille, a ogni colpo. Da presso, non prima udita, rumoreggiava per uomini e per carri la via: eppure non si perdette nel tumulto uno stridìo di rondini....
Ma stordiva il tumulto, a poco a poco sempre più vasto, molteplice, pieno: stormivano le frasche, cinguettavano i passeri, risonava la strada, e l'incudine; e umane voci; e uno schiamazzar di galline; e un trottar fondo di cavalli; e un rimbombar di echi. Un richiamo di mille voci in una voce sola; un clamoroso accordo d'innumerevoli creature in terra; una sensibile intesa di anime in cielo; una confusione enorme; un portentoso palpito; un'intensa fatica; una gioia insopportabile; un affanno mortale....
— Mamma! — gridò atterrita Ortensia, più pallida della madre. — Mamma! mamma! — invocò Marcella. E Claudio accorse.
Ma io, che avevo previsto, mi mossi appena.
— Non è nulla — dissi —; una lieve commozione.... È vero, Eugenia?...
Essa, scorgendo con quale angoscia avevan dubitato che mancasse, e strappandosi del tutto, con la volontà, da quella partecipazione intensa e da quell'abbandono della sua vita rinnovata alla vita universale, e risentendosi del tutto salva, nel sangue e nell'anima, salva per l'amore de' suoi, sorrise; e pianse.
Ripeto: tutto ciò, o per vista o con immaginazione positiva, io avevo osservato con «occhio clinico»; avevo inteso con scientifica penetrazione, misurato e valutato con razionale precisione, senza turbamento alcuno! Anche il grido d'Ortensia e di Marcella, e l'accorrere di Claudio, e le lagrime di Eugenia tutto, tutto «naturale», tutto «necessario», come la «funzione» d'un qualsiasi organo, o l'andamento di una qualsiasi macchina! Il miglior amico dei Moser era rimasto impassibile alla loro angustia. Non solo: io avevo taciuto ciò che, per aver previsto, avrei dovuto consigliare evitando agli altri un'apprensione grande, e un pericolo, forse, ad Eugenia....
Pensai allora, in quegli istanti, che anche un delitto in me era possibile.... Possibile? Per provar rimorso indietreggiai nei ricordi; riflettei sul diritto che aveva Claudio alla mia gratitudine e al mio affetto: niente!... Rammentai la bontà di Eugenia....: niente! Il mio cuore era sordo; il mio cuore era incurabile!...
— Rientriamo? — ripeteva, insisteva Claudio.