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Terra c’è posto per loro e che possono sopravvivere senza venire mai in contatto con l’essere umano né tantomeno entrare in competizione con i terrestri per le risorse di cui necessitano.>>

       <<Come sono arrivati qua da noi?>>

       <<Possiedono un’astronave molto grande, l'hanno nascosta, rendendola invisibile, nella parte buia della Luna. Sono scesi sulla Terra con delle navicelle molto piccole che i vostri radar non possono individuare.>>

       <<Tu dici che sono venuti in pace, allora perché hanno costruito te e hanno tentato di uccidermi nel bosco?>>

       <<Loro vivono in pace nella foresta amazzonica e non possiedono né armi né robot, si sono adattati alle condizioni di vita delle specie animali e come loro vivono rinunciando alla tecnologia e persino agli abiti per confondersi con la natura e non essere scoperti. Vivono dei frutti che il vostro splendido pianeta offre generosamente.>>

       <<Non capisco. Spiegati meglio.>>

       <<Qualche anno fa degli esseri umani, disboscando parte della foresta, hanno distrutto con le loro ruspe una colonia aliena, uccidendone centinaia tra cui molte uova che stavano per schiudersi. Da allora i superstiti, contro il parere delle altre colonie che hanno votato per il mantenimento della pace, hanno creato una fazione ostile agli esseri umani giurando vendetta. Si sono spostati qui negli Stati Uniti formando una colonia e cominciando a progettare la conquista del pianeta e la distruzione degli umani. Hanno costruito una base ultra moderna servendosi delle tecnologie dell’astronave madre e lì hanno cominciato a progettare i robot.>>

       <<Quanto tempo impiegano per costruire un robot come te? Quanti possono costruirne contemporaneamente?>>

       <<Un mese circa, io ero il primo e l’unico, loro possono costruirne soltanto uno per volta.>>

       <<Sono passati poco più di venti giorni dal tuo ritrovamento, abbiamo ancora tempo per pensare a un contrattacco, adesso occupiamoci del torneo.>>

       <<Anzi voglio sapere ancora una cosa da te>> disse il ragazzo, prima che il suo amico si alzasse dalla sedia su cui si era accomodato.

       <<Domanda pure.>>

       <<Tu sei vivo, sei in grado di pensare, di ragionare, sei intelligente, che opinione hai di te stesso e della tua vita da robot?>>

       <<Io sono soltanto uno schiavo, io non esisto senza una connessione, la mia non è una vita.>>

       <<Ti sbagli, tu esisti perché hai coscienza di te stesso, sei in grado di pensare e quindi sei vivo, non sei solo una macchina. Ti prometto che quando il torneo sarà finito cercherò di studiarti e di capire come renderti libero dalla connessione.>>

       Il robot rimase senza parole per alcuni minuti, prese la piccola mano del suo comandante tra le sue accarezzandola con dolcezza, poi esclamò:

       <<Tu sei molto buono, ed io ti sarò per sempre grato per avermi liberato dalla connessione con quell’essere malvagio. Anche se tu non riuscissi a rendermi completamente libero, devi sapere che per me essere legato a te è il dono più bello che potessi ricevere.>>

       Joshua avrebbe voluto abbracciarlo ma non poteva, le persone che erano sedute ai tavolini della panineria e che potevano vederlo non avrebbero capito, ma sapeva che il suo amico aveva letto nella sua mente la sua intenzione e sapeva quanto fossero forti i sentimenti che li legavano.

       La pausa era terminata e la voce degli altoparlanti richiamava i concorrenti per l’inizio dei combattimenti, così si alzarono e si diressero verso l’enorme sala, dove si svolgevano gli incontri.

       Il sesto turno era iniziato e i robot avevano cominciato a scontrarsi sul ring. Lo spettacolo migliorava sempre più e il pubblico lo evidenziava con applausi scroscianti, soprattutto quando venne l’ora di Raptor, si alzarono tutti in piedi intonando un coro per il loro beniamino.

       Il robot per non deludere il pubblico cercò di far durare un po’ di più l’incontro evitando i colpi dell’avversario ma aspettando a colpire, finché con un avvitamento e un calcio alto al volto del malcapitato lo mandò al tappeto.

       Gli incontri successivi erano terminati, la testa di serie numero Nove, rappresentata dal robot canadese, era stata sconfitta dallo spagnolo che così si assicurava la partecipazione all’edizione dell’anno seguente senza passare per le qualificazioni. Restavano soltanto dieci robot che si sarebbero affrontati tra loro per stabilire il vincitore del torneo. Il tabellone fu aggiornato. Tutti i concorrenti erano in attesa dei sorteggi per sapere quale sarebbe stato il loro prossimo avversario.

       Il secondo robot americano era stato abbinato a quello giapponese, il pubblico non aveva nascosto la delusione per l’esito poco fortunato del sorteggio. Si sarebbero anche scontrati: l’italiano con il tedesco, il cinese con l’inglese, lo spagnolo con il secondo robot giapponese e infine Raptor avrebbe incontrato il russo.

       Ebbe inizio il primo incontro tra Stati uniti e Giappone. L’ottima tecnica del nipponico era contrastata abilmente dall’americano che aveva risposto a ogni colpo ma che alla fine aveva ceduto al più forte avversario finendo distrutto al tappeto. Il tedesco dopo aver illuso i suoi tifosi, mostrando tutta la sua forza, era dovuto soccombere alla maggiore velocità dell’italiano che con un’abile mossa gli era dapprima passato sotto le gambe e poi lo aveva distrutto con un colpo micidiale alla nuca.

       Lo spagnolo aveva perso contro l’altro robot giapponese e il cinese aveva superato il suo turno con molte difficoltà, rimaneva soltanto l’incontro tra Raptor e il russo. Ne sarebbero rimasti cinque, quattro si sarebbero affrontati tra loro affidandosi ancora una volta al sorteggio, il quinto sarebbe stato il primo finalista e avrebbe potuto riposare di più rispetto agli avversari, ma per ottenere la finale, saltando due incontri, doveva essere quello che impiegava meno tempo a sbarazzarsi dell’avversario.

       Joshua voleva essere il primo finalista, non perché non volesse disputare altri incontri, ma perché ciò avrebbe comportato un vantaggio fisico ma soprattutto psicologico sull’avversario. Così ordinò al suo robot di vincere nel più breve tempo possibile.

       Raptor obbedì e al suono della campanella si avventò sull’avversario che prima ancora che capisse cosa stesse succedendo si ritrovò in pezzi sul tappeto del ring. Il pubblico era in delirio, gli Stati Uniti erano in finale.

       Gli ultimi incontri videro di fronte un giapponese contro l’italiano e l’altro contro il cinese. L’italiano sconfisse il secondo robot nipponico dopo una lunga e frenetica lotta, mentre il cinese, che si era battuto come un leone, alla fine era dovuto soccombere ai colpi del primo automa del sol levante che faceva della qualità della sua meccanica e dello Jujitsu le sue armi migliori.

       Dall’incontro tra l’italiano e il giapponese sarebbe venuto fuori il secondo finalista, era uno scontro tra titani, le due migliori industrie di robot del mondo si sfidavano per affrontare quello che per tutti era il giocattolo costruito da un ragazzino. Questa cosa comunque non stupiva nessuno, tutti sapevano che quel ragazzino aveva dato il via allo sviluppo dei robot con la sua invenzione, tutti sapevano che era un genio riconosciuto a livello mondiale e quindi, che avesse costruito un robot superiore a tutti gli altri, era piuttosto probabile.

       La sfida tra due robot di pari valori non poteva che volgere dalla parte del più esperto nelle arti marziali e così il giapponese vinse sull’italiano seppure con grandi difficoltà.

       Joshua si trovava ad affrontare quel ragazzo che lo aveva spinto facendolo cadere e che gli aveva detto: “Schiaccerò il tuo robottino come una formica”. Ripensava a quelle parole mentre pregustava la vendetta.

       Era già pronto sul ring in attesa del giapponese che arrivò con fare spavaldo, sicuro com’era di poter vincere con facilità sul giovane e meno esperto americano. L'incontro era cominciato con il robot nipponico subito all’attacco, Raptor aveva schivato con la sua eccezionale rapidità tutti i colpi dell’avversario ma sapeva che con il Jujitsu la forza dei suoi colpi poteva rivoltarglisi contro se avesse sbagliato a colpirlo, provò con delle finte ad aprirsi un varco nella difesa