Il Cielo Di Nadira. Mongiovì Giovanni

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Название Il Cielo Di Nadira
Автор произведения Mongiovì Giovanni
Жанр Исторические любовные романы
Серия
Издательство Исторические любовные романы
Год выпуска 0
isbn 9788893985512



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nella coperta, arrivò alla conclusione che l’inadatto fosse lui, e che per via del suo carattere avrebbe causato solo problemi a quelle persone che amava più di ogni altra cosa. Faceva freddo e lui non era del tutto guarito, ma fu in quel momento che maturò la decisione di partire. Il cuore gli batté forte dentro il petto e il respiro si fece profondo. Adesso gli ultimi decenni scomparvero; Corrado sentì i suoi ventinove anni come se fossero nove, come se il tempo al Rabaḍ non fosse mai trascorso.

      Apollonia venne fuori piangendo, intanto che lui se ne stava immerso in quei pensieri.

      «Ancora non ti sei ripreso… entra per favore.» lo pregò.

      Corrado tuttavia sorrise compiaciuto per la decisione maturata di getto pochi minuti prima.

      «Sono contento che Michele abbia salvato la vita ad Umar.» rispose lui, lasciandola completamente perplessa.

      «E adesso cosa c’entra?»

      «C’entra perché è arrivato il momento che io mi comporti così come è in uso tra la mia gente. Chiederò conto ad Umar per ciò che mi ha fatto e la farò pagare ad Idris per ciò ha fatto a te. Non credere che io non l’abbia visto stanotte!»

      «Così ti farai ammazzare!»

      «Poco importa, poiché questo non è vivere… è strisciare!»

      «Ragiona, non ci va così tanto male... Prima che Umar colpisse nostro padre non ci avevano mai fatto nulla.»

      «Se Umar è improvvisamente cambiato allora lo sono anch’io.»

      «E se se la prenderanno con noi?»

      «Nostro padre e Michele sapranno discolparsi disconoscendomi, così come hanno fatto in questi giorni.»

      Apollonia gli si gettò alle gambe, abbracciandolo.

      «Non te lo permetto, a costo di raccontare tutto a nostro padre.»

      «Tu non lo farai, sorella, non tu che non mi hai mai tradito.»

      Apollonia alzò lo sguardo e lo fissò... Al che lui le accarezzò con un dito lo zigomo.

      «La vendetta è una delle rovine dell’uomo. Me lo hai raccontato tu di come la guerra di vent’anni fa non ebbe successo per i cristiani a causa della vendetta di quel tizio.»

      «Arduino il longobardo… ma non fu per la sua vendetta che gli eserciti cristiani se ne tornarono al di là del mare; fu perché il suo generale volle umiliarlo pubblicamente… proprio come Umar ha fatto con me.»

      Capitolo 12

      Inizio estate 1040 (431 dall’egira), vallate ad est di Tragina

      Passarono diversi giorni, forse una settimana o più, tempo in cui Conrad non smise di frequentare la chiesa rupestre. Vi dormì, vi mangiò, vi pregò e pian piano cominciò a scambiare qualche parola con chi vi ci si recava, soprattutto con quei pochi frati di rito greco che conoscevano la lingua d’oïl, ma anche con alcuni della servitù e dei soldati di guardia all’accampamento. Conrad vi passò così tante ore che nei pochi momenti in cui mise il naso fuori, i suoi occhi dolsero per l’intensa luce solare. Imparò chi fosse ciascuno dei personaggi dipinti sul muro, il nome di tutti i santi e si affezionò all’immagine di Sant’Andrea, orante a bocca aperta e facente il simbolo trinitario con la mano; proprio quel santo apostolo sovrastava la sepoltura del padre.

      Roul e gli altri avevano girovagato tra le campagne per giorni, ed ora, di ritorno dall’inseguimento, rincasavano all’accampamento insieme al grosso dell’esercito. Erano le prime ore del pomeriggio quando Conrad sentì la gran gazzarra che proveniva da sotto e giurò che per certo tra le tende si festeggiava.

      Non passò molto che il suo affidatario venne su.

      «Figliolo, vieni fuori!»

      Conrad allora uscì, ma rimase davanti l’ingresso.

      «L’intero esercito ritorna.»

      «Festeggerete voi per la vittoria… io porto il dolore per mio padre.»

      «Molti dei soldati hanno perso un parente nella battaglia, un fratello e perfino un padre… Pochi giorni fa hanno sepolto anche loro i propri morti, e non in un bel mausoleo come questo, ma in mezzo al campo. Adesso però è giusto godere dei nostri sacrifici… loro sono morti anche per questo.»

      «Non voglio lasciare mio padre.» avanzò Conrad.

      «E se qualche infedele profanasse questo luogo?» rafforzò la sua tesi.

      «Lo punirà il buon Dio, ma a tuo padre non possono ammazzarlo due volte. Oggi festeggeremo insieme, e poi, compenso in tasca, torneremo a Siracusa per dar manforte a quelli di noi che sono rimasti, in modo da completare l’assedio. Si è fatto un grande bottino in questi giorni… Dio solo sa quanti villaggi sono stati predati nell’inseguimento e sulla strada di ritorno! Ognuno avrà la sua parte e a te spetterà quella di tuo padre.»

      «Non me la sono guadagnata.»

      «Cosa ti sei guadagnato di tutto ciò che tuo padre ha fatto per te? Ragazzo, comincio a stancarmi dei tuoi capricci! Oggi quasi stentavo a credere che te ne fossi stato quassù per più di una settimana. Ma io non sono tuo padre, e se non potrò onorare la promessa che ho fatto a lui allora è tanto meglio che ti stacchi la testa con due dita piuttosto che averti tra i piedi!»

      «Cosa volete da me?» chiese dunque Conrad alzando la voce.

      «Che ti convinci che tuo padre è morto e che la smetti di frignare. E che tu sappia che io ero amico di Rabel, non tuo, per cui non mi farò scrupoli ad appenderti allo stendardo se non farai quello che dico.»

      «Prendetevi la parte del bottino di mio padre e lasciatemi in pace.»

      Quando dopo questa frase Conrad si voltò per andare a rintanarsi dentro la grotta, Roul l’afferrò per la nuca e lo issò ad oltre due metri d’altezza. La mano del guerriero abbracciava quasi tutto il collo del ragazzino, quindi la strinse a tal punto che gli occhi del più giovane parvero schizzare fuori.

      «Mi chiamano Pugno Duro e dovrei farmi insultare da te, lurido moccioso? Non ci starò un niente a sfracellarti su queste rocce!» urlò che pareva il Diavolo.

      Dunque lo fece cadere scompostamente lasciando la presa.

      «Se qualcuno dovesse vedere come cerchi di calpestarmi, la mia reputazione verrebbe messa a repentaglio. Ho ucciso uomini per molto meno! Ringrazia tuo padre e il mio onore se oggi non ti strozzo. Adesso alzati e vieni all’accampamento!»

      Conrad era ferito, più che nel corpo nell’anima, ed evitava di guardare l’altro negli occhi, standosene ancora rannicchiato sull’erba secca. Neppure suo padre l’aveva mai disciplinato in tale modo.

      Ad un certo punto vide la gigantesca mano di Roul avvicinarsi al suo volto; strinse perciò gli occhi immaginando il concretizzarsi di quella minaccia.

      «Alzati e vieni con me. Ti farò vedere come viveva tuo padre, ti farò conoscere i suoi amici, ti farò bere quello che lui beveva e ti farò andare con le donne che lui preferiva.» lo invitò Roul con un inusuale tono gentile, porgendogli la mano.

      Conrad l’afferrò e si rimise in piedi, quindi si asciugò le lacrime che bagnavano le sue lentiggini e forzò un’espressione di durezza.

      «Così mi piaci!» si complimentò l’energumeno prima di voltargli le spalle e cominciare a scendere dall’erta.

      «Roul!» chiamò invece Conrad.

      «Che altro c'è?» rispose spazientito l’adulto tra i due.

      «Voglio che mi portiate con voi nella prossima battaglia.»

      Roul rise, era compiaciuto che i suoi mezzi portassero risultati, ma rise di gusto.

      «Moccioso, che cosa vorresti tu?»

      «Volete insegnarmi a vivere come viveva mio padre… bene, portatemi