Angelo D’Oro (Angelo Spezzato #5). L. G. Castillo

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Название Angelo D’Oro (Angelo Spezzato #5)
Автор произведения L. G. Castillo
Жанр Современная зарубежная литература
Серия
Издательство Современная зарубежная литература
Год выпуска 0
isbn 9788835407270



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sentì una stretta al cuore nel vedere l’espressione sul viso del fratello. Non poteva tornare indietro. Non ancora.

      “Non preoccuparti, fratello. Non c’è niente che Saleos possa fare che mi porti ad unirmi a lui.”

      7

      Ci si sarebbe aspettato che Jeremy si sentisse almeno un pochino preoccupato per il fatto che Michael avesse istituito un processo per le sue azioni. Qualunque angelo appena appena razionale si sarebbe perlomeno presentato.

      Cambiando nella forma angelica, Jeremy aprì le ali e si lanciò nel cielo. Adorava volare. Se c’era una cosa che davvero lo preoccupava, era di non poter più volare. Quando avevano punito Lash, avevano limitato la sua capacità di farlo.

      Jeremy non lo avrebbe sopportato. Aveva bisogno di volare. Era ciò che lo definiva. Non c’era niente come l’aria che colpiva il viso e il rumore del vento per cancellare tutta la spazzatura che gli riempiva il cervello.

      Sbatté le ali, e il semplice movimento lo spinse in avanti. Era proprio questo ciò di cui aveva bisogno per schiarirsi le idee. Non c’era niente di cui preoccuparsi. Erano passate settimane da quando Uri e Lash gli avevano fatto visita e possedeva ancora tutti i poteri angelici.

      Il processo a suo carico doveva essere ormai terminato. Non era cambiato niente: nessuna pioggia di fuoco e zolfo, solo pace. Allora doveva essere questa la sua punizione—il paradiso in Terra per chissà quanto tempo.

      Scoppiò a ridere mentre saliva ancora più in alto sorvolando le cime verdi delle montagne. Il panorama era sbalorditivo. Sotto di lui, l’acqua azzurra circondava l’isola fiorita. Sopra, nuvole bianche come il cotone si muovevano languidamente sullo sfondo di un cielo blu.

      Sì, questa era la punizione che gli piaceva.

      Sebbene gli mancasse la famiglia, questa era stata la migliore decisione che potesse prendere, mettere un po’ di distanza fra lui e Naomi. Magari lei l’aveva perdonato, ma lui continuava a non fidarsi di sé stesso quando le stava vicino.

      Aveva ripreso la vita a Kauai come se non se ne fosse mai andato. Aveva cercato Bob e Susan, nella speranza di affittare nuovamente il piccolo cottage sulla spiaggia. Fortunatamente lo stavano ristrutturando e non avevano un altro inquilino. A lui non interessava che i muri non fossero imbiancati o che il pavimento fosse pronto a metà. Anzi, aiutare Bob a dipingere e a posare le piastrelle era un’ottima occupazione per lui, persino terapeutica.

      L’unica cosa di cui sentiva la mancanza era la sua motocicletta. Non era riuscito a trovarne un’altra come quella, e allora si era accontentato di un triste catorcio che aveva trovato dal rivenditore locale di auto usate. Avrebbe voluto qualcosa di più bello e più veloce, ma considerando che sarebbe rimasto sulla Terra per molto tempo, aveva la necessità di fare più attenzione alle spese.

      E poi c’erano Leilani e Sammy.

      Sentì una musica familiare provenire dal ristorante Candy’s mentre lo sorvolava. Era la canzone Kalua. Sorrise osservando Leilani sul palco che danzava come l’aveva vista quella notte di qualche settimana prima e poi ancora i successivi venerdì e sabato. Ed ogni altro venerdì e sabato da allora.

      Era il suo momento preferito della settimana. Volava per un po’, poi andava a vedere Leilani lavorare mentre Sammy rimaneva seduto ad un tavolo a fare i compiti o a leggere qualche fumetto di zombie.

      La parola “stalker” gli era passata per la mente le prime due volte in cui era andato da Candy’s ad osservarli. Ma si era dato la risposta che lo stava facendo perché era preoccupato per loro. Ma dopo aver osservato Leilani gli era stato perfettamente chiaro che la ragazza aveva tutto sotto controllo. Il petto gli si era gonfiato di orgoglio nel vedere quanto duramente lavorasse correndo da un tavolo all’altro a servire i clienti e allo stesso tempo aiutando Sammy con i compiti, riuscendo anche a tranquillizzare Candy quando aveva una delle sue quotidiane, se non orarie, crisi di nervi.

      E, ogni giorno, c’era anche Kai, ad afferrare il vassoio di Leilani quando era troppo pesante per lei, a guardare male i turisti che la infastidivano, ed a portare in braccio Sammy fino al suo pick-up le notti in cui Leilani lavorava fino a tardi.

      Jeremy avrebbe dovuto essere sollevato per questo. Avrebbe dovuto esserne felice. Ma quando Kai portava Sammy in casa della zia Anela e Leilani gli dava un bacio sulla guancia, tutto ciò a cui riusciva a pensare era che avrebbe voluto trovarsi lì con loro. Avrebbe voluto essere stato lì a ridere con loro quando Sammy aveva picchiettato sulla base della bottiglia di ketchup facendo volare il liquido rosso sulla tovaglia bianca. Avrebbe voluto sollevare gli occhi al cielo insieme a Leilani alle spalle di Candy quando questa si lamentava dell’incubo rosa che guidava.

      Si autoconvinceva che un giorno avrebbe potuto fare tutto questo con loro. Sarebbe riuscito a ricostruire la loro amicizia in qualche modo.

      Eppure, ogni giorno in cui pensava che avrebbe potuto riconquistare la loro amicizia e la loro fiducia, in fondo alla mente sapeva di non doverlo fare.

      Volò più vicino mentre Leilani e le altre ballerine si inchinavano e lasciavano il palco. Lei alzò lo sguardo nella sua direzione e il suo cuore si fermò per un attimo.

      Tutto quello che voleva era che fossero amici, giusto?

      Giusto???

      Scuotendo la testa, Leilani scese dal palco.

      Chiaro che voleva solo quello. E non c’era niente di male.

      “Dammeli, Sammy.”

      Jeremy si voltò verso il parcheggio. Un gruppo di ragazzi stava in piedi vicino al pick-up di Kai. Uno di loro, che sembrava molto più grande degli altri, tese una mano verso Sammy.

      Preoccupato, Jeremy volò velocemente verso un gruppo di alberi e ritornò alla forma umana continuando a tenere sott’occhio i ragazzi.

      “Sei sicuro che non finiremo nei guai?” chiese Sammy ad un ragazzo con i capelli scuri che gli stava vicino.

      “Cavolo, Kevin, cos’ha il tuo amico? Mi sembrava avessi detto che è uno a posto” disse il più grande al ragazzo con i capelli scuri.

      “Forza, Sammy. Non avremo problemi” sussurrò Kevin all’orecchio del bambino. “Chris ha preso la patente la settimana scorsa. Riporteremo l’auto prima che il turno di tua sorella sia finito. Promesso.”

      “Non so.” Sammy sbatté le palpebre, passando lo sguardo da Kevin agli altri ragazzi. Vedendolo esitare, si unirono in un coro di voci per attaccarlo.

      “Come fai ad essere amico di un perdente come questo, Kevin?”

      “Amico, il gioco è già iniziato. Prendi quelle maledette chiavi e lascia il suo culo da infante qui.”

      “Te l’avevo detto, non ci si può fidare di un haole.”

      Gli occhi umidi di Sammy passarono sul gruppo di ragazzi che gli si avvicinavano sempre di più.

      Ruggendo, Jeremy uscì di corsa dagli alberi andando dritto verso di loro.

      “Hey, Sammy” disse, sforzandosi di dare un tono allegro alla propria voce mentre si avvicinava. Mise le mani in tasca, timoroso di non riuscire a controllarsi. Sarebbe bastato un leggero tocco delle sue dita a far volare i ragazzi per aria.

      “Jeremy.” Sammy sembrava sollevato.

      “Cosa succede, amico? Sembra che tu stia andando ad una festa o qualcosa del genere” disse Jeremy guardando male il ragazzo più grande, Chris.

      “E a te cosa importa?” chiese questi, socchiudendo le palpebre.

      Questo piccolo . . .

      Fece un respiro profondo. Doveva calmarsi. Chris era solo un bambino. Un bambino fastidioso, ma pur sempre un bambino.

      “Niente. Volevo solo fare due chiacchiere con il mio amico.” Jeremy diede una pacca sulla spalla a Sammy e tenne la mano in quella posizione. “Questa è l’auto di Kai, giusto? Bella.”

      In quel momento, un viso familiare uscì dal ristorante. Jeremy sorrise. Ci sarebbe stato da divertirsi.

      Agitando