Il Ventottesimo Libro. Guido Pagliarino

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Название Il Ventottesimo Libro
Автор произведения Guido Pagliarino
Жанр Философия
Серия
Издательство Философия
Год выпуска 0
isbn 9788873044031



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acqua per i piedi e il panno per rasciugarli; lei me li ha lavati con le lacrime e me li ha asciugati coi capelli, cioè con tutta sé stessa. Men che mai tu hai ordinato ai servi di cospargermi il capo con olio profumato, lei m’ha asperso sui piedi il profumo che ha comprato apposta per me con tutte le sue sostanze. Poiché ha molto amato, le sono perdonati tutti i suoi peccati ed è liberata dai demòni del furore dei sensi. È invece a chi ama poco che poco si perdona". Qui, aprendosi al sorriso s’è rivolto alla donna: "Maria, ti sono perdonati i tuoi peccati. Per la tua fede, sei salva. Va' in pace". Quei bacchettoni dei commensali, ovviamente, si sono scandalizzati: "Chi crede mai d'essere quello là, per perdonare i peccati?" ha fatto un primo, steso in prossimità del padrone di casa; "Si pensa forse l’Altissimo in persona, ’sto peccatore?!" ha calcato un secondo, più vicino al nostro Rabbì; "Bestemmia! Bestemmia!" è venuto da molti altri. L’ospite ha congedato assai rudemente Gesú, noi e la donna: spintonati dai servi, ci siamo trovati in istrada. Quella Maria, non appena fuori, assolutamente calma come se non avesse appena subito oltraggi e violenza, ha baciato le mani al Maestro e gli ha chiesto se poteva seguirlo. Le ha risposto Gesú, a sua volta serenissimo ben diversamente da noi: "È ancora troppo presto per le donne, ma tra un anno potrai raggiungermi a Cafarnao, se lo vorrai ancora".

      Quasi tutto il popolo crede da secoli alla venuta del Messia dell’Altissimo. Ormai soltanto i sadducei e i farisei vicini al tempio e al sinedrio, coi loro seguaci, accolgono la tradizione sacerdotale per la quale il cielo8 sostiene Israele solo se obbedisca alla lettera alle norme mosaiche, che i sacerdoti hanno il dovere di far rispettare con assoluto rigore, fino all’implacabilità, tradizione secondo la quale i sacerdoti stessi sono i capi d’Israele. Tutti gli altri seguono la più pietosa tradizione messianica per la quale l’Altissimo ha fatto a suo tempo un patto col re Davide, promettendogli protezione per la sua discendenza fino a suscitare l’ultimo, più grande e più magnanimo dei re, il Messia. Diverse persone pensano che proprio il nostro Rabbì sia l'Unto promesso dalle Scritture, il re che guiderà Israele a dominare il mondo e fonderà l'universale regno di pace senza fine, e anch'io la penso così. Ecco perché i due ciechi lo avevano chiamato figlio di Davide e Signore. C’è tuttavia parecchio da fare prima del trionfo; ieri ci ha detto: "C'è molta messe ma pochi sono gli operai. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai". Evidentemente ha voluto farci notare che non abbiamo ancora un esercito per conquistare il potere. Così abbiamo pregato. Gesú ci farà suoi ministri? Che salto sarebbe, da disprezzato pubblicano a ministro del re! Immagino la faccia basita che farebbe quella cretina violenta di mia moglie nel saperlo! Da altri, s’intende, ché certamente non me la terrei accanto, quella scema arrogante. Quando ho parlato cogli altri discepoli della conquista del regno e della nostra nomina a ministri, sono apparsi sui loro volti sorrisi di gran soddisfazione; non su tutti però, non su quello del condiscepolo Giovanni; il giovanetto, anzi, ci ha guardati con un certo compatimento, poi ha detto: "Il Maestro conquista nella pace". Strano ragazzo, devo dire; e poi a quell'età, non dovrebbe permettersi di guardarci così!

      

      

      Il Rabbì è a Gerusalemme con alcuni di noi per pregare nel tempio. Ne approfitto per riportare, come m’ero ripromesso, precedenti fatti e detti pubblici di Gesú Bar Giuseppe, secondo quanto mi hanno raccontato miei condiscepoli.

      Come sapevo qual suo concittadino9 , fino ai ventitré anni è stato d'aiuto al padre Giuseppe di Betlemme, costruttore10 . A causa del pochissimo lavoro nella piccola Nazareth, la gran parte dell'attività dei due s'è svolta a Sepphoris, a un'ora e mezzo di cammino, città già distrutta dai romani durante la conquista della nostra terra e che, un quarto di secolo fa, il tetrarca di Galilea Erode Antipa aveva deciso di far ricostruire, secondo le norme architettoniche greco-romane, fornendo gran lavoro agli artigiani. È oggi una grande città, che continua ad ampliarsi, con un teatro da seimila posti, riferimento culturale per tutta la Galilea, botteghe, negozi, edifici pubblici, banchi di prestito, bagni purificatori per noi ebrei, terme per i gentili. Poiché a Sepphoris si parla, normalmente, il greco, Gesú ha avuto modo d'impararlo bene11 .

      Mi hanno detto che il Maestro ha iniziato la sua vita pubblica trentatreenne, una trentina d’anni dopo la morte del re Erode12 , nel quindicesimo anno dell’impero di Tiberio Cesare13 e nel terzo dalla nomina di Ponzio Pilato a governatore di Giudea14 . Aveva abbandonato il suo lavoro dieci anni prima, dopo la morte del proprio padre. Nel pregare l’Altissimo, come faceva continuamente, aveva sentito in cuore la voce divina comandargli di lasciare Nazareth e andare a Gerusalemme per aumentare la propria cultura. Aveva dunque affidato Maria la madre e la gestione della bottega a Giuda Bar Taddeo e a Giuseppe e Giacomo Bar Cleofa, già garzoni di suo padre. Per un decennio, aveva studiato nella città santa presso la famosa scuola farisaica fondata dal misericordioso rabbì Hillel che, com’è ben noto, prèdica non solo di non fare il male a nessuno, ma di fargli tutto il bene possibile, a parte i nemici ovviamente e, fra questi, i samaritani e gli occupanti romani15 .

      Circa sei mesi fa, seguendo un'altra ispirazione, Gesú s’è unito al gruppo del profeta Giovanni detto il battezzatore il quale, lasciato un suo eremitaggio nel deserto, aveva preso a predicare al popolo e gli ha impartito il battesimo di penitenza. Giovanni battezza secondo gli usi degli esseni di Qumran sul Mar Morto tra i quali era stato da giovanissimo, sebbene non appartenga più a quella congregazione a causa di varie divergenze, anzitutto sul tempo dell’avvento del Messia e sulla sua figura: per gli esseni sono addirittura tre gli Unti che verranno, uno sacerdote, uno re e uno profeta, e non, come sempre s'è creduto, un Messia solo. C'erano stati inoltre duri contrasti su come considerare il prossimo onesto: per quelli di Qumran, l’essenziale è essere nella setta e quando se ne sia al di fuori, anche se galantuomini, si è figli del male. Fanatici! In generale, essi hanno usi estremamente rigorosi, fino alla spietatezza, e pure eccentrici; ad esempio, a chi si fa adepto il matrimonio viene proibito, diversamente dall'uso d'Israele per il quale ogni uomo si sposa, di solito entro i vent'anni; e se è vero che i già coniugati possono esser ammessi a Qumran, essi vengono tuttavia considerati meno nobili degli altri. Presso gli esseni poi, chi ha difetti fisici è considerato un peccatore o un figlio di peccatori, egli è visto, per questo solo fatto, come un maligno: in ciò gli esseni seguono, estremizzandola, la tradizione religiosa conservata dai farisei scribi: è un atteggiamento opposto a quelli del nostro Rabbì e di Giovanni i quali, uscendo in questo caso dagli usi, non vedono nei difetti fisici e nelle malattie marchi di peccato. In breve, la dottrina e la liturgia essene portano all'estremo le norme di purità fisica praticate dai farisei che, a loro volta seguono le orme di quei giudei i quali, secoli or sono, in opposizione alla dominazione del re straniero Antioco Epifane e dei suoi successori, si appartarono dal resto del popolo; ma per quelli di Qumran, i farisei sono comunque condannati dal cielo perché, essi dicono, non sono abbastanza rigorosi e, inoltre, perché vogliono guidare il popolo con insegnamenti, invece di starsene orgogliosamente separati come gli stessi esseni; e dire che Gesú sgrida invece certi farisei proprio per la ragione contraria, ritenendoli troppo formalisti e con poco amore per il prossimo! Sì, c'è un'enorme differenza tra l'amoroso Gesú e quegli odiatori esseni. Quanto a Giovanni, mi pare ch'egli sia in una posizione di mezzo, essendo giusto e desideroso di giustizia come il nostro Maestro ma un po' meno misericordioso verso i peccatori che, comunque, ritiene perdonabili qualora si pentano. Come Gesú aveva riferito ai miei condiscepoli, quelli di Qumran, diversamente da tutti noi ebrei che solo a Pasqua teniamo la cena in ricordo della liberazione del nostro popolo dalla schiavitù d'Egitto, praticano ogni giorno la cena solenne con benedizione del pane e del vino. Peraltro presso gli esseni di Qumran, seguendo in questo caso gli usi antichi per i quali, in ogni gruppo religioso, il rabbì raccoglie attorno a sé dodici consiglieri-collaboratori, gli assistenti del gran maestro sono appunto dodici: dodici come le tribù d'Israele, se non si conta quella di Levi che, a differenza delle altre, non aveva ricevuto, a suo tempo, territorio in amministrazione