Il Ventottesimo Libro. Guido Pagliarino

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Название Il Ventottesimo Libro
Автор произведения Guido Pagliarino
Жанр Философия
Серия
Издательство Философия
Год выпуска 0
isbn 9788873044031



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stato chiamato. Ero, fino a pochi giorni or sono, un pubblicano, incassavo tasse per conto dell’occupante Roma e parte ne trattenevo per la mia borsa, non solo la percentuale stabilita, ma un poco di più, falsificando la contabilità: è prassi. La pecunia dunque non mi mancava e non m'importava proprio nulla del disprezzo dei miei compatrioti; oltretutto, quelle stesse persone non disdegnavano di venire segretamente da me per farsi imprestare denari, quando ne avevano bisogno per la semina o un matrimonio; e io ricambiavo il loro disprezzo caricando gl’interessi.

      Sono Levi Matteo Bar3 Alfeo, peccatore.

      Quella mattina, mentre ero al mio banco in piazza a Cafarnao4 , intento come al solito a controllare e a registrare i movimenti delle merci e a incassarne le tasse, ecco una gran folla venire dal Giordano. Alla sua testa stava Gesú di Nazareth. Sapevo di lui fin da bambino, essendo anch’io nazareno. M’era sempre apparso una persona comunissima, così l’avevo dimenticato finché, mesi fa, era giunto qui. Non l'avevo avvicinato. Sentendone dire da gente sulla piazza, l’avevo giudicato un pigro che non aveva voluto continuare l’attività di costruttore del padre e s’era dedicato, come tanti altri falsi profeti, a elemosinare, ricambiando con massime di minuta saggezza e trucchi da magonzolo. È pur vero che la gente pensava operasse veri miracoli, ma si sa bene che gl’ignoranti son creduloni. Appunto, i tanti che in quel momento l’accompagnavano stavano dicendo, a gran voce, che aveva appena guarito un paralitico; ma non così uno di loro, un dotto scriba, che taceva e scuoteva la testa con espressione nient’affatto amichevole.

      Gli scribi son gente da cui è meglio guardarsi, assai influenti, che se prendono a malvolere qualcuno possono fargli assai male. Vivono accanto ai sacerdoti quali ascoltati interpreti della Legge. Di norma appartengono alla setta dei farisei, cui sono accomunati dallo zelo meticoloso per le forme. Tanti secoli fa, al tempo dell’esilio babilonese, gli scribi avevano custodito il patrimonio letterario religioso israelita, tramandandolo ai discepoli di generazione in generazione, finché nel loro àmbito, or son cinque o sei secoli, era stata messa per iscritto la Legge. Erano dunque diventati i depositari ufficiali delle antiche tradizioni dei padri entrando, parte di loro, nell’assemblea giuridica e religiosa d’Israele, il sinedrio. Almeno in teoria, possono essere di qualunque stato sociale, salendo grazie allo studio, com'è in genere per i farisei, classe dei teologi divisa in sette scuole di cui due principali, quella di Hillel, che prèdica la misericordia, e quella di Shammai, che disprezza chi non è fariseo. Un altro gruppo di potenti, anzi il più potente, è quello dei sadducei. Si proclamano i discendenti dell’antico gran sacerdote Saduc. Sono gli aristocratici d'Israele e, per diritto di nascita, appartengono alla casta sacerdotale; ma sono interessati più alla politica che alla religione; infatti, a differenza dei farisei, non credono alla vita dopo la morte. Come ho saputo da condiscepoli, in poco tempo il Maestro s’è messo contro tutti e tre i gruppi.

      Ecco che, fermatosi proprio accanto a me, quello scriba ha esclamato a gran voce, rivolto a Gesú e ai suoi: "Bestemmia! Quel peccatore ha detto al paralitico: Ti sono rimessi i tuoi peccati. Bestemmia! Egli, semplice uomo, s’atteggia come l’Altissimo". Io, del tutto in sintonia, ho sorriso compiaciuto. Il Maestro ha lasciato allora il suo gruppo e s’è avvicinato a noi. Pensavo volesse litigare con lo scriba, invece l’ha ignorato e, ormai prossimo, ha guardato me negli occhi. "Come?" ho pensato preoccupandomi, "non se la prende con lui che l'ha attaccato pubblicamente, ma con me per un semplice sorrisino?!". Egli però non mi ha affatto rimproverato; mi ha ordinato, con voce dolce: "Matteo, seguimi". Ebbene, non riesco ancora a capacitarmene, io, uomo d’affari abituato a comandare, non ho potuto che obbedire: il mio cuore ha ragionato solo più di lui e i miei reni sono stati presi da enorme entusiasmo5 . Poiché era quasi l'ora del pranzo, emozionato e felice ho incaricato il mio aiutante di gestire il banco delle tasse e ho invitato Gesú e i suoi a casa mia, lì vicino.

      Quand'eravamo già a tavola sotto il porticato della mia dimora, sono giunti alcuni ospiti, mercanti della piazza che approvvigionano la locale centuria romana, considerati dunque, come noi esattori, traditori e peccatori imperdonabili. Da tempo ero solito ospitarli, dietro mercede: la mia casa è prospiciente la piazza e dal porticato potevano gettare un occhio sui loro banchi durante la pausa per il pasto. Avevo da sempre l'abitudine a pranzi grassi, come tutti i benestanti e diversamente dalle persone non abbienti che solo per cena assumono un pasto un po’ più sostanzioso. Le gran mangiate sono una delle cose della vita più piacevoli e, in verità, adesso mi mancano. Anche quel giorno erano in tavola, fra l'altro, carni pregiate di bove e d'agnello e vino eccellente a otri; non come per le mense comuni che non vedono quasi mai la costosa carne ma solo pane, pesce, erbe, zuppe, latte e formaggio, e dove il vino è bevuto con parsimonia. Gesú e i discepoli giungevano da un lungo disagiato viaggio, erano stanchi e avevano fame; dunque, non appena si sono accomodati sulle stuoie, hanno reso onore alla tavola. Tuttavia, dopo non molto, siamo stati interrotti dallo scriba di prima ch’è passato con alcuni dei suoi davanti alla casa, secondo il Maestro con intenzione: "Già, eccolo di nuovo", ci ha detto abbozzando un sorriso, non appena l'ha visto arrivare. Lo scriba, un volta accanto, ha esclamato, ma senza guardarci e tirando diritto: "Come mai egli mangia e beve in compagnia dei pubblicani e degli altri peccatori?!" ma Gesú dietro a lui, lasciato il sorriso: "Non i sani hanno bisogno del medico ma gli ammalati! Non i giusti ma i peccatori hanno bisogno di misericordia! Imparate cosa significa il detto dei Libri: Misericordia io voglio e non sacrifici6 ; e io non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori. Medicina è lo Spirito dell’Altissimo che induce al perdono e indirizza al bene, pota i tralci maligni della pianta, raddrizza l'albero storto, incide e libera dagli umori cattivi". Quei brutti musi si sono apertamente scandalizzati, mentre si allontanavano è venuto da loro: "Si dice messaggero dell’Altissimo! Bestemmia!"; e proseguendo, si mormoravano cose negli orecchi e, ogni tanto, qualcuno di essi si voltava indietro per un momento, guardandoci con espressione corrucciata: non ho potuto afferrare i cattivi propositi che, sicuramente, stavano pronunciando.

      Era previsto dall’Altissimo che quel pranzo non fosse tranquillo. Dopo non molto, sono giunti davanti al mio porticato alcuni discepoli particolarmente fanatici del profeta Giovanni detto il battezzatore, stretti osservanti della Legge , i quali, come corre voce, fanno ormai gruppo a sé. Li ho riconosciuti subito, infatti le loro figure sono ben note in paese, sempre in giro a scocciare tutti per un nonnulla. Qualcuno doveva averli informati del mio invito. Anch'essi se la sono presa col nostro pasto: "Come!" hanno rimproverato Gesú per bocca d'uno di essi, tutti indirizzandoci sguardi durissimi: "In questi giorni sacri noi digiuniamo santamente e i tuoi discepoli non digiunano?!". Fosse stato per me, avrei semplicemente lanciato a quel cretino e ai suoi compari: "Fatevi gli affaracci vostri, brutti imbecilli!" invece il Maestro, sorridendo tranquillo, ha replicato mite: "Non è possibile che gl’invitati a nozze siano in lutto mentre lo sposo è con loro. Digiuneranno quando lo sposo sarà loro tolto. Chi mai mette un pezzo di stoffa grezza su di un vecchio vestito?! I vostri usi sono come un vecchio abito ormai logoro. Il rattoppo con stoffa nuova squarcerebbe il vestito procurando uno strappo peggiore. Neppure si mette il vino nuovo negli otri vecchi e ormai consunti, se no questi si rompono per la residua fermentazione, vanno perduti e il vino si versa. Invece, si mette il vino nuovo in forti otri nuovi e così anche i vecchi si conservano". "Nella Legge non c'è nulla di simile!" ha replicato duro un altro di quei noiosi. Se ne sono andati con espressioni indignatissime.

      Noi abbiamo in seguito discusso sulle parole di Gesú, concludendo ch'egli portava sì un messaggio nuovo, ma che pure il vecchio meritava d'essere conservato. Invece, ancora ci chiediamo cosa significasse che lo sposo non sarà più con gl’invitati. Gesú si riferiva a sé? Farà un viaggio da solo? Si sposerà e ci abbandonerà? Perché, almeno con noi, non si spiega chiaramente?!

      Proprio farraginose quelle mie prime ore da discepolo! Mentre s'era solo alla metà del pasto, è giunto affannato il capo della sinagoga di Cafarnao, Giàiro, s’è inginocchiato dietro al Maestro e gli ha detto ansimando a testa bassa e mani giunte: "Mia figlia è moribonda, ma se tu vieni e imponi la tua mano su di lei, vivrà". Suppongo avesse avuto notizia della guarigione del paralitico. Tuttavia, proprio in quel momento è sopraggiunto qualcuno