Генуя Хандрящая. Клаудио Поццани

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Название Генуя Хандрящая
Автор произведения Клаудио Поццани
Жанр Поэзия
Серия
Издательство Поэзия
Год выпуска 0
isbn 978-5-91627-109-6



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la danza dei maledetti

      perché lo spleen mi arriva fino al torace

      Danzo la danza dei presuntuosi

      perché anche tu lo sei se ti credi al mio livello

      Danzo la danza degli indesiderati

      mi sono allenato molto davanti alle porte chiuse

      Danzo la danza degli insofferenti

      ti puoi spostare un po’ più in là, per favore?

      E danzo, danzo, danzo

      fino a che resterò in piedi

      Danzo, danzo, danzo

      perché sei tu che me lo chiedi.

      13

      Vengo a portarti una poesia di Neruda

      Ho un galoppo nel cuore

      e onde al guinzaglio

      Di questo mare insepolto

      impasterò vento e sabbia

      per costruire i tuoi piedi rumorosi

      e sentirli danzare dentro i miei occhi

      Per raggiungerti salgo

      dal mare alla collina

      La mia testa si ridisegna stella

      per chiamare le tue voci

      Le mie labbra si arcuano stanche

      in sorrisi autunnabondi e distratti

      E io sono qui,

      su questo autobus che scuote il mio corpo

      come un dado

      come un tappeto

      arrancando su polverose strade

      rese mute dalla pioggia improvvisa

      Le farfalle applaudono al mio passaggio

      sbattendo le ali

      sopra le pozzanghere che ingoiarono Narciso

      Ho un galoppo di onde

      nel mio cuore al guinzaglio.

      Portami dove si possa dimenticare

      questo secolo che ci vede esiliati,

      questi temporali

      che non riescono più a rinfrescarci,

      queste celebrazioni e abbracci

      che sembrano inutili corone di fiori.

      Il mare è laggiù

      lontano come un progetto abbandonato

      le ruote sparano sassi e ricordi

      sulla salita che la tua casa mi srotola davanti

      Sono l’intagliatore di foglie di carciofo

      e ti porto in dono sagome di nubi

      A te,

      bicchiere dall’orlo sbeccato

      che non posso baciare senza ferirmi

      A te,

      orecchio reciso e gettato su un prato

      per ascoltare i segreti delle formiche

      A te,

      porto in dono la mia giacca logora,

      la mia resistenza

      e questa poesia smarrita di Pablo Neruda.

      14

      Tua assenza: prato, spiaggia e autostrada

      Appoggiato ad un prato verticale

      aspetto una farfalla che mi porti in su

      C’è un palazzo col labbro leporino

      con i balconi feriti dai gerani

      Ho impastato cuori e fili d’erba

                  ho trovato un nido di frullini

      fra poco il vento mi parlerà di te

      Ho trovato un passaggio segreto

      dentro le tasche dei miei calzoni

      Spiagge deserte e scogli turchesi

      e ciuffi di candelabri accesi

      Il tuo corpo inghiottito dalla sabbia

                  i tuoi occhi diventano girini

      adesso il mare appartiene a te

      La tua schiena è una calda ipotenusa

      che porta ad un’area di servizio

      Il mio braccio una netta tangenziale

      che sfiora i tuoi cavalcavia

      Son rinchiuso in un’oliva con le ruote

                  e respiro finti aromi di foresta

                              – non riesco ancora a far senza di te

      15

      Pensierino

      Quante volte

      caro signor Maestro

      col ditino alzato e lo sguardo severo

      mi ammonisce dicendo

      «se tutti facessero come te»

      intendendo che la mia attività culturale

      non serva al progresso del Paese,

      a far ripartire la sua economia

      e neppure, essendo artista, a far fiorire la mia

      Ma allora

      una volta per tutte

      caro Signor Maestro

      mi lasci dire

      che se tutti facessero come me

      non ci sarebbero polizie

      perché perfino alle zanzare chiedo scusa

      e mi appello comunque alla legittima difesa

      quando le sgiornalo contro il muro

      non ci sarebbero eserciti

      perché l’unico Paese che voglio invadere

      è quello delle emozioni altrui

      e l’unico territorio che devo difendere

      è l’intimità dei miei affetti e dei miei pensieri

      non ci sarebbero aguzzini e aguzzine

      che con la loro concezione totalitaria dell’amore

      devastano la vita di chi li ha incontrati

      ché se vuoi bene a una persona

      vuol dire che vuoi il suo bene

      indipendentemente da cosa ti dà

      Quindi

      è meglio che non mi dica più

      «se tutti facessero come te»

      perché si rischierebbe di vivere in un mondo meraviglioso

      di avere un sacco di tempo libero

      di fare le cose che si amano

      Ma ora mi viene alla mente

      caro signor Maestro

      che se vivo in un mondo che fa schifo

      allora lo devo a lei e alla maggior parte delle persone

      che non sono come me

      che se ne fregano degli altri

      e soprattutto se ne fregano di se stessi

      A lei e a loro dovrei chiedere i danni

      e forse le miei poesie sono proprio questo:

      sono i moduli per sporgere reclamo

      E sto anche pensando,

      signor