Генуя Хандрящая. Клаудио Поццани

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Название Генуя Хандрящая
Автор произведения Клаудио Поццани
Жанр Поэзия
Серия
Издательство Поэзия
Год выпуска 0
isbn 978-5-91627-109-6



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sono l’escluso, l’outsider, il maledetto senza età

      Sono l’onda anomala che porta via asciugamani e radioline

      Sono il malinteso che fa litigare

      Sono il diavolo che ha schivato il calamaio di Lutero

      Sono la pellicola che si strappa sul più bello

                  Io sono l’escluso, l’outsider, un chiodo nel cervello

      Sono la pallina del flipper che cade un punto prima del record

      Sono l’autorete all’ultimo secondo

      Sono il bimbo che ghigna contro le sberle della madre

      Sono la paura dell’erba che sta per essere falciata

                  Io sono l’escluso, l’outsider, questa pagina strappata

      4

      A mia madre

      Ti ho visto in faccia in quella stanza

      io sporco di sangue e muco

      tu stravolta e curiosa

      Ho tentato di dirti

      che non ero sicuro di voler restare fuori di te

      ma le parole che avevo in testa

      nella mia bocca si impastavano male

      Avevo appena imparato

      che tutta la vita sarebbe stata ipocrisia e paradosso:

      ti avevo appena fatta soffrire

      ti avevo fatta sanguinare

      eppure ero io a piangere

      e tu a sorridermi

      Ti ho visto in faccia in quella stanza

      mentre mi portavano via

      C’era troppa confusione per dirti quanto fossi felice

      di poter finalmente dare un viso

      al ventre che mi aveva ventre

      E più tardi con i miei colleghi

      si discuteva di reincarnazione,

      di eterno ritorno, dei cicli di Vico,

      ma non vedevo l’ora di rivederti

      e di conoscere il tuo uomo e vostro figlio

      dei quali sentivo la voce ovattata e lontana.

      Ti ho visto in faccia in quella stanza

      e darei tutto quello che ho

      perricordarmene.

      5

      Antininnananna

      Chissà cosa c’è al piano di sopra

      Aratri di sedie e rimbalzi di grida

      mentre veli di tende mi nascondono il sole

      in questo salotto dove il nulla m’assale

      Ho provato a bussare con la scopa al soffitto

      sono andato più volte a suonare alla porta

      ma solo suoni oscuri dalla dubbia coerenza

      sono stati la risposta ai miei tentativi

      Sembravano preghiere con scoppi di risa

      e sibili, sonagli e sospiri sommessi

      voci moltiplicate come ci fosse una folla

      e fastidiosi ronzii di radiointerferenze

      Cosa diavolo ho sopra la mia testa

      una scatola magica che contiene l’inferno

      una porta da cui non esce mai nessuno

      Un soffitto mi separa da un mondo che non so

      E le notti son lunghe se la paura m’incalza

      se le voci di sopra mi scavano dentro

      se uno strano presagio m’induce a pensare

      che se ora chiudo gli occhi, giammai li riaprirò.

      6

      Epicedio

      Non sento orti

      dentro me

      solo steppa e tundra

      Nessun fruscio di crescita o di vita

      Nessuna trasformazione

      Nessun organo di luce

      Soltanto scie grigie

      come vortici di numeri di roulette

      e lampi magri

      come radici di pianta carnivora

      che divora angeli e aerei

      al di sopra delle nubi

      Non sento porti

      dentro me

      solo navi bombardate

      Nessun formicolio di pulsante gioia attiva

      Nessun trasporto o sollevamento

      Nessun roteare di fari

      Soltanto voragini e banchine sbrecciate

      solo ganci di gru abbandonate

      che dondolano al vento come donne impiccate

      Non sento morti

      dentro me

      solo scheletri e silenzi

      Nessun ricordo spezzato

      come un ombrello dal temporale

      Nessuna ernia da sollevamento lapidi

      Nessun cacciavite a inchiavardare bare

      Soltanto un asindeto di visioni amare

      solo semafori lampeggianti grigio

      in incroci deserti orfani di clacson

      Non sento forti

      dentro me

      solo tende strappate

      Nessuna donna che si fa sull’uscio

      a salutare l’uomo che va via

      Nessuna casa dalla schiena di pietra

      Nessuna chiesa con le croci intere

      Soltanto ombre impresse sui muri

      e ponti che percorre solo il vento

      e solo il vento un giorno potrà ritornare.

      7

      Un giorno mi ritroverete

      Un giorno mi ritroverete

      a giocare

      con i gabbiani

      sul declivio di Ostenda

      o con i loro colleghi

      seduto sui foruncoli pietrosi

      di Leça da Palmeira

      Un giorno mi ritroverete

      a bussare inutilmente

      al teatro abbandonato

      di Ulica Piotrkowska

      o a camminare

      sbandando da un muro all’altro

      nelle calle della Candelaria

      Un giorno mi ritroverete

      ad ascoltare per ore intere

      la sinfonia in re bemolle

      del vento settembrino

      nei caruggi o nei barrios

      Un giorno mi ritroverete

      a contare i mattoni

      delle chiese di Bruges

      o a farmi insultare

      per