I Puritani di Scozia, vol. 3. Вальтер Скотт

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Название I Puritani di Scozia, vol. 3
Автор произведения Вальтер Скотт
Жанр Зарубежная классика
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Издательство Зарубежная классика
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di questo giovane.»

      »Ma un'anima di tempera, come la vostra, o generale, non prova ribrezzo contra un sistema che richiede inquisizioni tanto minute sopra individui affatto oscuri?»

      »Voi vi date forse a credere, signor Morton, rispose con un po' d'alterezza Claverhouse, che questa briga ce la prendiamo noi? I ministri di ciascuna parrocchia hanno l'incarico di trasmetterci tutte queste particolarità; e le loro nozioni locali agevolano ad essi un sì fatto lavoro. – Son tre anni che ho il vostro ritratto.»

      »Oh! sclamò Morton. Ardirei pregarvi per vederlo.»

      »Volentieri, rispose Claverhouse. Non trovo inconveniente a ciò.»

      Aprendo allora una seconda volta il registro, lesse quanto segue:

      »Enrico, Morton, figlio di Silas Morton colonnello di cavalleria pel parlamento di Scozia, nipote di Morton di Milnwood. – Educazione imperfetta, ma coraggio e ingegno al di sopra della sua età. – Idee pericolose su la libertà e l'indipendenza. – Propenso al culto presbiteriano, ma senza fanatismo. – Molto amato da tutti i giovani de' dintorni. – D'indole dolce, modesta e tranquilla, ma nondimeno anima ardente, testa di fuoco… Voi vedete, sig. Morton, continuò il generale, che dopo queste parole vengono due croci rosse, vogliono dire doppiamente pericoloso. Capite se eravate un uomo rilevante per vegghiarvi addosso. – Ma questo messo che chiede?»

      In quell'istante medesimo gli si avvicinò un uomo a cavallo apportatore d'una lettera ad esso diretta. Claverhouse l'aperse e trascorrendola sorridea disdegnoso. Dopo averla letta per intero si volse in aria di sprezzante non curanza al messo: »Dite al vostro padrone che mandi i suoi prigionieri a Edimburgo. Non ho altra risposta da dargli.»

      Movendo indi la parola al giovane di Milnwood.

      »È un vostro confederato, gli disse, o per parlare più giusto un confederato del vostro amico Burley, che abbandona le vostre parti. Udite come scrive.»

      Mio caro signore.

      »Non so a che s'appoggi questo suo tuono a intrinsichezza.»

      Supplico vostra eccellenza ad aggradire le mie umili congratulazioni per la vittoria or riportata dall'esercito di sua maestà. Ho l'onore d'avvertirla che ho messi in arme i miei vassalli per correre dietro ai fuggiaschi. Ho già fatti prigionieri parecchi di essi.

S. Basilio Olifant.

      »Non dee giugnervi nuovo il nome di questo furfante.»

      »Non sarebbe già un parente di lady Margherita Bellenden?»

      »In lontananza però; l'ultimo che in linea mascolina riconoscesse un ceppo medesimo col padre della ridetta dama. Amava l'avvenente Editta, della quale gli fu ricusata la mano, perchè assolutamente erane indegno; e più di Editta ei vagheggiava il dominio di Tillietudlem e le sue pertinenze.»

      »Prendea una cattiva strada per affezionarsi questa famiglia, soggiunse Morton se facea lega colla nostra sventurata confederazione.»

      »Oh! il prudente Basilio Olifant è uomo da sostenere tre parti al giorno. Egli era malcontento del governo, il quale non volle a favor d'esso annullare il testamento del conte di Torwood che avea lasciata erede la figlia; nemico di questa che non volle dargli in isposa la giovane Bellenden, e finalmente nemico dell'ultima, perch'ella detestava il contegno simulato, unito in costui ad una figura sgraziatissima. Egli pertanto si mise in corrispondenza con Burley e fece una leva d'uomini coll'intenzione di soccorrerlo… mi spiego, di soccorrerlo nel caso che non avesse avuto d'uopo di soccorso, nel caso che ieri noi avessimo avuto la peggio. – Oggi che ci vede vincitori, il briccone cambia registro, e pretende essere stato per servigio del re quanto ha fatto. Credo nondimeno che il consiglio accetterà per buona moneta le sue proteste, e vedrete morire giustiziata una dozzina di poveri fanatici che fuggivano, intantochè questo cialtrone avvolto nel manto della sua ipocrisia godrà gli onori dovuti alla lealtà solamente.»

      Così conversando sopra diversi argomenti, il duce e il ragguardevol prigioniero ingannavano la noia di quel cammino. Claverhouse parlò sempre a Morton colla massima franchezza, e riguardandolo come amico e compagno, anzichè prigioniero. Ognun vede come Enrico dovesse trovarsi tuttavia incerto sul suo futuro destino: pur le ore che trascorse favellando con cotest'uomo straordinario fornito di immaginazione fertile e brillante oltre ogni credere, gli parvero le più brevi di quante ne erano passate per lui dacchè s'aggirava nel vortice de' pubblici affari. Potea in tale occasione paragonarsi ad un cavaliere, che dopo avere allentate le redini del suo corridore, s'abbandona ad esso, e la molestia di regolarne il corso almen si risparmia.

      In cotal guisa giunsero ad Edimburgo, aumentandosi continuamente il lor seguito de' diversi distaccamenti di cavalleria che li raggiugneano e che tutti, chi più chi meno, traevano con sè prigionieri.

      Stavano sul punto di entrare nella città, quando Claverhouse volse questi detti a Morton. »So che il consiglio privato per dar maggiore solennità alla propria gioia, ed io aggiungo, alla sofferta paura, ha provvedute le cose in modo che l'ingresso del nostro corpo a Edimburgo sia qual si spetta ad esercito trionfante, e che ci seguano i nostri prigionieri, come usavasi ne' trionfi de' Romani. Quanto a me, poco m'importa di presentarmi in tale apparato, e m'importa assai risparmiarvi il dispiacere di corredar lo spettacolo colla vostra persona.»

      Detta la qual cosa, chiamò a sè Allan, divenuto allora tenente-colonnello, e gl'ingiunse di comandare la cavalleria, intanto ch'egli abbandonando la strada maestra, per sentieri men battuti entrò sconosciuto con Morton nella città, e l'accompagnavano soltanto alcuni servi domestici, nel cui novero fu compreso Cuddy.

      Giunti all'abitazione ch'egli avea sopra una delle principali strade di Edimburgo, in questa casa assegnò un appartamento a Morton dove lo lasciò solo, ottenutane parola d'onore che non si sarebbe mosso di lì.

      Dopo avere questi passata una mezz'ora meditando sulle vicissitudini cui da un mese in poi soggiaceva, intese sulla strada un grande rumore che il fe' avvicinare alla finestra. Derivava questo dalle trombe, dalle chiarine, dai tamburi e dalle molte acclamazioni di popolo che giunta annunziavano entro le mura la reale cavalleria. Le magistrature s'erano condotte a ricevere alla porta della città i vincitori, e andavan innanzi alla pompa trionfale, preceduti dalle guardie civiche. Venian dietro portate sopra picche le teste di due ribelli, e le mani di costoro, ciascuna destra delle quali con barbaro scherno veniva avvicinata alla sua sinistra nell'attegiamento supplichevole solito ad usarsi dai Puritani nelle loro invocazioni. Tai sanguinosi trofei furono dianzi mortali spoglie di due predicatori trucidati nella pianura di Bothwell. Seguiva indi una carretta guidata dal famiglio del carnefice, sopra la quale stavano Macbriar ed altri due prigionieri della professione di costui, a quanto appariva. Aveano scoperto il capo, e carichi andavano di catene, ma non quindi mostravansi atterriti, nè sul destino dei lor compagni i cui tristi avanzi vedean portati dinanzi a sè, nè sul non dissimile, che pendea sovr'essi, come troppo chiaramente lo annunziavano loro que' brutti preludi: volgeano ferme occhiate sulla folla che li circondava, e sembravano trionfare in tal qual modo de' lor vincitori.

      Dietro a questi prigionieri abbandonati agl'insulti della ciurmaglia, che non si stava dal gettar sovr'essi e pietre e sozzure, venia un corpo d'uomini a cavallo che tenean brandite le sciabole, e mandavano acclamazioni ripetute da mille voci della plebaglia, che nelle grandi città accoglie sempre volentieri, quali poi che siano, le occasioni di potere far chiasso.

      Vedeasi un numero d'oltre a cento prigionieri; a fra questi scerneansi coloro che aveano avuto grado di comandante nell'esercito puritano, per essere quali legati su i loro cavalli in modo che la testa del cavaliere guardasse la coda dell'animal cavalcato, quali attaccati a pesanti stanghe di ferro, che i meschini dovean portare colle proprie mani, come si pratica nella Spagna coi galeotti che viaggiano al sito del loro imbarco; e tale aggiustamento era per essi indizio certo della morte a cui avviavansi, non men di quanto lo sarebbe parimente stato nella Spagna il san benito alle sciagurate vittime costrette a sostener parte nell'atroce spettacolo d'un auto da fè. Li seguivano i prigionieri di minor conto. Alcuni col guardo fiero ed intrepido si davano a diveder tuttavia convinti d'avere militato per giusta causa, ed incapaci di raffreddarsi nel loro ardore per essa all'aspetto medesimo d'una morte imminente; ma altri mostravano la costernata fisonomia d'uomini che rimproverassero a se medesimi l'imprudenza