I Puritani di Scozia, vol. 2. Вальтер Скотт

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Название I Puritani di Scozia, vol. 2
Автор произведения Вальтер Скотт
Жанр Зарубежная классика
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Издательство Зарубежная классика
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patria quelle savie leggi che impedissero ad un governo arbitrario la facoltà di confiscare gli averi, e di mettere in carcere i possessori degli averi, comunque veruna sentenza non li condanni?»

      »Sì certamente, rispose Morton, tali motivi renderebbero agli occhi miei legittima la mia condotta.»

      »Siam fuor di strada, esclamò Macbriar, conviene andare a dirittura alla meta. La mia coscienza non mi permette venire ad accomodamenti col mondo…»

      »Chetatevi, torno a dirvi, Efraim Macbriar,» indi continuò Burley traendo in disparte costui. »La penso anch'io come voi, ma non vi siete accorto sin questa notte che v'è dissensione nel consiglio? Credete forse che non abbisogniamo del soccorso de' Presbiteriani moderati? O volete che si disgiungano da noi, quando possiamo affezionarli col metterli sotto un capo della loro fazione?»

      »Ti replico che questi riguardi non mi vanno a' versi. Dio può operare la liberazione del suo popolo col ministero di pochi eletti come se fossero molti.»

      »Va' dunque a far le tue rimostranze al consiglio. Sai pure ch'egli decise di manifestarsi in modo da contentare tutte le classi di Presbiteriani. Non mi star dunque ad impedire di guadagnare a noi tal giovinetto, il cui solo nome farà uscir di terra intere legioni a sostegno della buona causa.»

      »Opera come credi. So bene che sei divorato dallo zelo della causa del Signore; ma non ti dimenticare che chi non è per me è contro di me. Addio. Non assisterò più lungo tempo a conciliaboli, ove si fan campeggiare principj mondani.»

      Spacciatosi in tal guisa dall'indomabile predicatore, Burley venne a raggiugnere il suo proselito; ma prima di procedere oltre, giudichiamo prezzo dell'opera dar meglio a conoscere ai nostri leggitori il personaggio di questa scena.

      Iohn Balfour di Burley che apparteneva ad una buona famiglia della contea di Fife, sortì coi natali agiatissimo patrimonio. Dandosi fin da' primi anni alla professione dell'armi, passò la sua giovinezza fra ogni genere di sregolamenti. Cresciuto negli anni, divenne per ambizione uno de' Puritani più ardenti che noverasse la Scozia, ed era sola meta de' suoi desideri il divenir capo supremo di tale setta. Per conseguir questo fine fu continuo nel frequentarne le assemblee. Notissimo pel paese, ovunque si faceano sentire sommosse, certamente egli vi si trovava. Ardito nell'intraprendere, pronto nell'eseguire, propenso agli espedienti suggeriti dalla violenza, ei riscaldava l'entusiasmo degli altri, e finalmente ne fu compreso egli stesso, benchè non gli sia mai mancata l'accortezza di assoggettare questo entusiasmo medesimo ai consigli della politica.

      Tutti riguardavano, come più di tutto, opera di lui, la vittoria testè riportata; nondimeno trovavasi ancor lontano dal grado cui aspirava la sua ambizione, ed erane motivo la diversità d'opinioni che tenean discordanti fra loro i settarj. I più violenti fra i Puritani approvavano l'assassinio del primate della Scozia, del quale assassinio Burley era stato primario autore. I Presbiteriani moderati al contrario, benchè s'accordassero in riconoscere nell'arcivescovo l'antesignano dei loro persecutori, biasimavano altamente coloro che l'avevano ucciso, e tale uccisione qualificavano misfatto meritevole di gastigo. I primi condannavano come prevaricatori que' Presbiteriani e ministri che acconsentirono sottomettersi alle leggi e alle regole del governo. Innanzi gli occhi di costoro Carlo II era un Saul, un Ocozia, e anelavano sottrarsi alla soggezione d'un tale sovrano. I secondi riconoscevano l'autorità legittima del re, e si limitavano a chiedere la libertà di coscienza, e il termine del governo militare da cui si dicevano oppressi. Come ognun vede pertanto, gravi erano i germi di dissensione in questa setta; cagione per cui Burley desiderava condurre nelle file de' sommossi Enrico Morton, perchè non se ne sciogliessero i Presbiteriani moderati, presso i quali durando tuttavia cara ed onorata la rimembranza del colonnello Silas Morton, era da supporsi che obbedirebbero di buon grado al figlio di questo ufiziale. Egli avea per altra parte qualche speranza di condurre a proprio grado la mente del giovinetto, e di procacciarsi per cotal via una preponderanza su i moderati, quanta ne avea su i fanatici. A questo fine ei vantò dinanzi al consiglio di guerra, del quale Burley era l'anima, l'ingegno e le buone qualità di Morton, sicchè facilmente vinse il partito di farlo nominare uno de' capitani di quell'esercito.

      Gli argomenti poi, de' quali si valse onde Enrico accettasse una commissione sì pericolosa, furono accorti non men che incalzanti. Burley, senza negare di conformarsi in tutto alle massime dell'energumeno predicatore da cui si era disgiunto, addusse che nello stato di crisi in cui la bisogna pubblica era caduta, lievi diversità d'opinione non doveano impedire ai veri zelatori della propria patria il prendere di concerto l'armi per procurarle salvezza, nulla altro rilevare in quell'istante fuorchè la necessità di sottrarre il paese al giogo impostogli dal militar dispotismo, esser indispensabile cosa il profittare del conchiudente vantaggio riportato allora nell'armi; appena divulgatosi questo, sarebbersi sollevate in lor favore tutte le contee occidentali della Scozia; divenire finalmente colpevole verso della nazione chiunque, rattenuto da indifferenza o da tema; avesse ricusato di cooperare al trionfo d'una causa sopra quante ve ne fossero giusta.

      Morton, già per natura fornito d'indole altera e avidissima d'independenza, non avea d'uopo di molta spinta per collegarsi ad individui tratti a sommossa dal solo scopo, a quanto appariva, di ricuperare alla natale contrada que' diritti e que' privilegi di cui l'avea spogliata la prepotenza. Certamente ei temea e sulla pochezza delle forze che impresa sì vasta dovevano sostenere, e sulla idoneità de' capi creati a condurla, ne' quali non credea ravvisare nè grandezza d'animo, nè generosità consentanee a tant'uopo; ma per altra parte, caduto già in sospetto al governo, non vedea più sicurezza per se medesimo ove tornato fosse presso lo zio, e gli mancavano i modi per ritrarsi in terra straniera. Tutte le cose pertanto collimavano a rendergli accette le proposte fattegli da Burley. Pure nell'atto di annunziare ad esso che avrebbe assunto l'offertogli grado, pose a tale accettazione una specie di clausola.

      »Son pronto, diss'egli, ad unire i miei deboli sforzi a quelli de' vostri compagni per liberare il mio sfortunato paese dalla tirannide che l'opprime: ma badate a non prendere abbaglio sulle mie intenzioni. Io condanno apertamente l'azione che ha dato origine a questa lega, e se fra voi prevalesse l'avviso di continuare ancora in tai generi d'atrocità, non v'immaginaste mai che io acconsentissi a farmene compartecipe.»

      Tutto il sangue rimontò sul volto a Burley. »Voi intendete parlare della morte dell'arcivescovo!» gli rispose nascondendo, quanto il potè, l'agitazione del proprio animo.

      »Appunto.»

      »E che cosa monta, se un persecutore della Chiesa, fattosi le mille volte meritevole di morte, cade sotto la scure della legge, o sotto il ferro dello strumento suscitato dalla giustizia divina per liberare da uno scellerato la terra? Spetta forse agli uomini il pronunziare giudizio su d'una azione che è frutto d'un'ispirazione superna?»

      »Non m'arrogo io qui farmi giudice; e mi basta che le mie massime vi sian note; e vi dico perciò che i vostri ragionamenti non mi vanno a grado. Un delitto è sempre delitto ai miei occhi, nè crederò mai che il cielo possa inspirarlo. Desidero adunque che ben comprendiate, com'io intenda collegarmi ad uomini che facciano una guerra giusta e leale, conforme alle leggi ammesse in casi simili da tutti i popoli venuti a civiltà, e scevra di ladroneggi e di tradimenti.»

      Si morse le labbra Burley, che durò grande fatica a rattenere il proprio risentimento. Risoluto cionnullameno a trar Morton nella propria fazione, celò ogni disgusto, e con tuono di calma rispose. »Non ho fatto mistero della mia condotta più agli occhi degli uomini che a quelli di Dio. Il mio labbro non negherà le cose operate dalla mia mano, e sosterrò la mia innocenza, sia coll'armi, sia al cospetto de' tribunali, sia sul patibolo, sia nel giorno del giudizio finale; non quindi perderò l'opera a convincere un uomo che non ha per anco aperti gli occhi alla luce. Senza protrarre pertanto una inutile discussione, esaminate soltanto, o Morton, se volete divenire nostro fratello di armi, e quando il vogliate, venite meco al consiglio di guerra, ch'or dee deliberare su i modi di profittare della riportata vittoria.»

      Morton seguì silenzioso Burley, poco soddisfatto del nuovo collega acquistato, inquieto su i veri motivi che spronavano gli altri duci di sì fatta impresa, e pien di paura che la volessero sostenere con provvedimenti alieni affatto dalle massime d'un uom d'onore.

      CAPITOLO IV

      »Un vecchio, il vedi, può giovar talora.»

Shakespeare.

      Or