Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 12. Edward Gibbon

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Название Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 12
Автор произведения Edward Gibbon
Жанр Зарубежная классика
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Издательство Зарубежная классика
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particolarmente contro i Vescovi, preti, e secolari Macedoniani (così detti da Macedonio loro Capo ed Arcivescovo di quella Città, allora sede degl'Imperatori, e del Senato) che negavano la divinità dello Spirito Santo. Volevano i Vescovi cattolici, che i Vescovi Macedoniani confermassero il Credimus ec. di Nicea, ma i Macedoniani, ch'erano anche semi-Ariani, dichiaravano fermamente, ch'essi non ammettevano la parola consubstantialem contenuta nel Credimus etc., di Nicea, e quindi venivano a negare la divinità di Gesù Cristo, e si ritirarono dal Concilio, e dalla Città. Questo Concilio di cento e cinquanta Vescovi, confermò il Credimus etc. di Nicea, e v'aggiunse molte altre espressioni per dilucidare e determinare quella credenza che dovevasi avere, siccome si può rilevare paragonando parola per parola il Credimus etc., di Nicea, col seguente scritto in questo Concilio di Costantinopoli.

      Credimus in unum Deum patrem omnipotentem factorem coeli, et terrae, visibilium omnium, et invisibilium: Et in unum dominum Jesum Christum, filium Dei unigenitum, ex patre natum, ante omnia saecula, Deum ex Deo, lumen ex lumine, Deum verum ex Deo vero natum non factum homousion (parola greca che vuol dire consubstantialem) patri, hoc est ejusdem cum patre substantiae, per quem omnia facta sunt, qui propter nos homines, et propter nostram salutem descendit de coelis, et incarnatus est ex Spiritu Sancto, ex Maria Virgine, et homo factus est. Crucifixus etiam pro nobis sub Pontio Pilato, passus, ac sepultus, et tertia die resurrexit secundum scripturas, ascendit in coelus, sedet ad dexteram patris inde venturus est cum gloria judicare vivos, et mortuos; cujus regnum non erit finis. Credimus in Spiritum Sanctum dominum, et vivificantem ex patre procedentem, et cum Patre, et Filio adorandum, et conglorificandum qui locutus est per prophetas: et unam sanctam catholicam, et apostolicam ecclesiam. Confitemur unum baptisma in remissionem peccatorum; expectamus resurectionem mortuorum et vitam venturi saeculi. Amen.

      Confermando il Credimus di Nicea e ripigliandolo, v'aggiunsero i Vescovi del Concilio alcune espressioni intorno l'incarnazione, ex Spiritu Sancto, ex Maria Virgine contro gli Apolinaristi; ed alcune altre, spiegando più ampiamente l'articolo dello Spirito Santo, dominum et vivificantem ex patre procedentem, et cum patre, et filio adorandum, et conglorificandum, qui locutus est per prophetas, contro i Macedoniani, e poi v'aggiunsero tutte l'altre cose fino al fine. Ed il Concilio poscia ordinò che nessuno poteva rifiutare il Credimus etc. di Nicea, e ch'egli rimaneva nella sua autorità, e che si diceva anatema a tutti gli errori specialmente degli Eunomiani, degli Ariani, dei Semi-Ariani, dei Sabelliani, dei Fotiniani, e degli Apolinaristi; trattò poi d'altre materie, e fece alcuni canoni di giurisdizione, e di disciplina.

      Prima, o intorno all'epoca del Concilio suddetto di Costantinopoli, molti scrittori ecclesiastici, detti SS. Padri, che moltissimo influivano a determinare la credenza, così si espressero intorno lo Spirito Santo, indicando proceder egli dal Padre, e dal Figlio.

      Tam vero cum Christus ex patre credatur Deus ex Deo, et Spiritus ex Christo, sive ab ambobus; ut Christus his verbis asserit; «qui a patre procedit, et hic de meo accipiet etc.» (Jo: c. 15. 16) Epifane in Ancor. n. 71.

      Spiritus Sanctus, Spiritus veritatis est lumen tertium a Patre, et filio. Epifane Haeres. n. 74, e nello stesso libro: Porro Spiritus Sanctus ex ambobus: Spiritus e Spiritu; Deus enim est Spiritus.

      Nam ut patri conjunctus est filius, et cum ex illo esse debeat non tamen posterius existit; sic etiam Spiritus Sanctus proximo haeret filio, qui sola cogitatione, secundum rationem principii, prius consideratur productione Spiritus. Greg. lib. I. con. Canom.

      E Didimo, spiegando le parole di Cristo, disse. «Non enim loquetur a semetipso»: hoc est non sine me, et patris arbitrio, quia inseparabilis a mea et patris est voluntate, quia non ex se, sed ex Patre, et me est. Lib. 2, de S. Sancto.

      E lo stesso altrove; neque alia substantia est Spiritus Sancti praeter id quod datur ei a Filio.

      Cum ergo Spiritus Sanctus in nobis existens conformes nos efficiat Deo, procedat autem ex Patre, et Filio; perspicuum est divinae ipsum esse substantiae, substantialiter in ipsa, et ex ipsa procedentem; quemadmodum utique flatus ille, qui ex ore hominis excurrit. S. Cyrillo in Thesauro. lib. 34. E lo stesso: Si quidem est Dei, et Patris, et Filii ille, qui, substantialiter ex utroque, nimirum ex Patre per Filium, profluit Spiritus. Lib. I.

      Da questi, e da altri passi più, o meno chiari di scrittori ecclesiastici, si dedusse in quel tempo, e si continuò sempre a sostenere, ed a credere specialmente da' teologi Latini, fra i quali il P. Petavio, che ne ricava il senso, (Dogmata theologica, lib. 7, c. 3) che lo Spirito Santo procede non solo dal Padre, come già era nel Credimus di Costantinopoli, ma anche dal figlio, cioè da Gesù Cristo, contro i teologi Greci, che quasi tutti sostennero sempre, e sostengono a torto, che lo Spirito Santo procede soltanto dal Padre, per mezzo del figlio: ecco la differenza che costituì, e costituisce principalmente lo scisma fra i Cristiani Greci, ed i Latini.

      A' passi de' Greci scrittori favorevoli al dogma della prima e della seconda procedenza bisogna aggiugnere anche quelli dei Latini, fra' quali leggonsi: Spiritus quoque Sanctus cum procedit a patre, et filio, non separatur a patre, non separatur a filio. Così verso la fine del quarto secolo scrisse S. Ambrogio. Liber de Spir. San. c. 10.

      Non possumus dicere quod Spiritus Sanctus et a filio non procedat, neque enim frustra idem Spiritus et Patris et filii Spiritus dicitur. S. August. de Trinitate.

      Per altro v'erano alcuni S. Padri da eccettuarsi, per esempio Teodoreto. Avendo S. Cirillo Patriarca d'Alessandria detto anatema a Nestorio Patriarca di Costantinopoli, ed a tutti quelli che dicessero, aver Gesù Cristo usato dello Spirito Santo, come di una forza altrui, per far i miracoli, e non riconoscessero essergli quello proprio, Teodoreto affermollo, (Teod. in confut. Anath.) se s'intendeva procedere lo Spirito dal Padre; ma disse esser cosa empia, se s'intendesse avere lo Spirito Santo l'eccellenza sua dal Figlio, o pel Figlio. Cirillo che credeva appunto averla, dissimulò questa risposta, perchè bastavagli in quel momento lo stabilire contro Nestorio, non essere lo Spirito Santo avventizio al figlio, ma proprio (Petav. ibid).

      Intorno all'anno 400, i Cristiani-Priscillianisti, così detti da Priscilliano Vescovo, e principal loro Capo, unito ai Vescovi, Instanzio e Salviano, sorsero e prosperarono in Ispagna. Professavano l'antichissimo dogma orientale dei due Principj, ossia delle due Divinità, una origine del bene, l'altra del male morale e fisico, dogma detto anche Manicheismo, ed inoltre sostenevano, come prima avevano fatto co' loro seguaci, Prasea, Nocto, Sabellio, Fotino, ec. che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo erano la medesima cosa e sostanza; senza alcuna distinzione reale di persone credevano, che Gesù Cristo fosse risuscitato in apparenza, ed avevano altri errori. Molti altri Vescovi di Spagna fra' quali Igino (che divenne poscia priscillianista), Idacio e Turibio si mossero fieramente contro di loro; ed il persecutore Idacio non si ristette che allor ch'ebbe, coll'autorità del tiranno Massimo, fatto mozzar il capo a Priscilliano, uomo per altro disinteressato, sobrio, umile, di bel naturale, ed eloquente; la sua morte, e la persecuzione sanguinaria de' suoi seguaci, fatta da' Cattolici, fecero, accesosi il fanatismo, quasi tutta la Gallizia priscillianista, provincia allora molto più estesa d'oggidì.

       Furono condannati i Priscillianisti da alcun Concilio provinciale. Indi Turibio scrisse al Papa Leone I una lettera in cui condannava i Priscillianisti, e Leone poco dopo gli risponde con un'altra colla quale riassumendola, e confermandola, così si esprime: Leone Vescovo a Turibio Vescovo d'Astorga.

      Capo I. «Perciò nel primo capitolo si dimostra quanto empiamente pensino (i Priscillianisti) intorno la Divina Trinità, asserendo essere il Padre, il Figlio, e lo Spirito Santo una medesima persona, nominando lo stesso Dio ora Padre, ora Figlio, ora Spirito Santo; e quindi altra cosa non sia colui che generò, altra chi è generato, altra colui che da ambedue procede; e dicono doversi intendere bensì la sola Unità con tre vocaboli, ma non in tre persone; il qual genere di bestemmia presero da Sabellio ec.» (Labbe, T. 4, p. 658 e Fleury, Hist. eccl. T. 6). Ricevuta, questa Lettera, si tennero tosto in Ispagna uno, o due Concilj provinciali; uno di 19 Vescovi, in cui si condannarono ancora i Priscillianisti, ed i Vescovi dichiararono, che lo Spirito Santo procede dal Padre ed anche dal Figlio, prendendo ciò dalla lettera di Leone, scritta a Turibio. Il P. Quesnel pensa che quei Vescovi abbiano ricevuta cotale credenza cioè filioque, da S. Agostino, ma ciò non sembra (Tillemont, Hist. t. 15, p. 455). Quei Vescovi