Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 13. Edward Gibbon

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Название Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 13
Автор произведения Edward Gibbon
Жанр Зарубежная классика
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una parte di questi fosse da lodevoli scrupoli trattenuta; in somma gli avanzi di Crociata che alla seconda spedizione si accinsero, si riducevano all'insufficiente numero di ventimila uomini. Un Capo de' Valacchi che raggiunse co' suoi vassalli l'esercito reale, non mancò d'avvertire, che da altrettanto numero d'uomini si facea accompagnare il Sultano sol per andare alla caccia; e presentando Ladislao di due corridori straordinariamente veloci, additò qual esito augurasse di tale impresa; nondimeno questo despota di Servia, dopo avere ricuperato il regno e riavuti i suoi figli, fu sedotto dalla promessa di nuovi possedimenti. L'inesperienza di Ladislao, l'entusiasmo del Legato e persino la persecuzione del valoroso Uniade, persuasero facilmente all'esercito che tutti gli ostacoli doveano cedere alla possanza invincibile della Croce e della spada. Attraversato il Danubio, si trovarono fra due strade diverse che poteano parimente condurli a Costantinopoli e all'Ellesponto. L'una retta, ma ardua e scoscesa, e per mezzo alle gole del monte Emo; l'altra più tortuosa, ma altrettanto più sicura che conducea per mezzo a pianure, e lungo le coste del Mar Nero, e tenendo la quale le truppe aveano sempre difeso il fianco, giusta il costume degli Sciti, dalle mobili trincee de' lor carriaggi. Questa via di fatto giudiziosamente preferirono. L'esercito cattolico passò per mezzo dell'Ungheria ardendo e saccheggiando senza misericordia le chiese e i villaggi de' Cristiani del paese; indi mise ultimo campo a Varna, paese situato in riva al mare, e il nome del quale è divenuto celebre per la sconfitta e la morte di Ladislao29.

      A. D. 1444

      Erano su questo campo funesto i Cristiani allorchè invece di trovare la flotta che secondar dovea le loro fazioni, seppero che Amurat, abbandonata la sua solitudine di Magnesia, veniva con tutte le forze dell'Asia a sostenere le proprie conquiste in Europa. Alcuni Storici pretendono che l'Imperator greco intimorito o sedotto gli avesse dato libero il passo del Bosforo; e l'Ammiraglio genovese, cattolico e nipote del Papa, non è riuscito a scolparsi dell'accusa di aver consegnata, vinto dai doni, la guardia dell'Ellesponto. Da Andrinopoli il Sultano, forzando il cammino, si trasse fino a veggente dei Cristiani con un esercito di sessantamila uomini; talchè quando Uniade e il Legato ebbero scorto da vicino l'ordine e il numero dei turchi combattenti, questi guerrieri dianzi sì fervidi, proposero una ritirata che in quel momento non si potea più eseguire. Il solo Re si mostrò risoluto alla vittoria o alla morte. Generosa deliberazione che per poco dal trionfo non fu coronata. I due Monarchi combatteano nel centro, l'uno a fronte dell'altro, e i Beglerbegs, o Generali della Natolia e della Romania, comandavano la diritta e la sinistra rimpetto alle soldatesche d'Uniade e del despota. Dopo il primo impeto, le ali dell'esercito turco furono rotte, vantaggio che, in disastro si convertì; perchè nel loro ardor d'inseguire, i vincitori avendo oltrepassato l'esercito de' nemici, privarono i lor compagni di un necessario soccorso. Nel primo istante che Amurat vide i suoi squadroni prender la fuga, disperò della fortuna sua e dell'Impero; e stava per seguirla, quando un giannizzero veterano lo fermò per la briglia del suo cavallo; il Sultano ebbe la generosità di perdonare e anzi concedere un premio al soldato che, accortosi del terror del Monarca, ardì impedirgli la fuga. I Turchi portavano esposto a capo dell'esercito il Trattato di pace, monumento della cristiana perfidia, e aggiugnesi che il Sultano volgendo i suoi sguardi al Cielo implorasse la protezione del Dio di verità, chiedendo inoltre al Profeta Gesù Cristo che vendicasse questo empio scherno del suo nome e della sua religione30. Con un corpo inferiore di numero e a malgrado del disordine delle sue file, Ladislao si lanciò coraggioso sugl'inimici, addentrandosi fino in mezzo alla falange quasi impenetrabile dei giannizzeri. Allora Amurat, avendo ferito d'un dardo, se prestiamo fede agli Annali ottomani, il cavallo del Re d'Ungheria31, Ladislao cadde sotto le lancie dell'infanteria, e un soldato turco con forte voce esclamò: «Ungaresi, ecco la testa del vostro Re» e la morte di Ladislao divenne il segnale della sconfitta de' Cristiani; e tardo fu il soccorso di Uniade, che, tornando addietro dopo avere inseguito imprudentemente il nemico, deplorò il suo errore e la pubblica calamità; vani ne riuscirono gli sforzi per ritirare il corpo del Re, calpestato dai vincitori e dai vinti che insieme si confondevano, onde le ultime prove del coraggio e della abilità di Uniade si adoperarono a salvare gli avanzi della sua cavalleria valacca. La fatal giornata di Warna costò la vita a diecimila Cristiani, e ad un numero molto maggiore di Turchi, ma che, atteso il loro numero, sì grande non compariva. Cionnullameno il Sultano filosofo non ebbe vergogna di confessare che una seconda vittoria simile a quella avrebbe avuta per conseguenza la distruzione del vincitore. Fece innalzare una colonna sul luogo ove Ladislao cadde morto; ma la modesta iscrizione scolpita su quel monumento celebrava il valore e deplorava la sventura del giovane Re, senza far cenno della sconsigliatezza con cui se la procacciò32.

      Non so risolvermi ad abbandonare il campo di Warna senza offrire ai leggitori un saggio del carattere e della Storia de' due primarj personaggi di questa impresa, Giovanni Uniade, e il Cardinale Giuliano. Giuliano Cesarini33, uscito di nobile famiglia romana, avea fatti i suoi principali studj sull'erudizion de' Greci e de' Latini, e possedè tal pieghevolezza d'ingegno, per cui comparve splendidamente nelle scuole, alla Corte, e ne' campi. Vestita appena la porpora romana, ebbe l'incarico di trasferirsi in Alemagna, per chiedere all'Impero un soccorso d'armi contra i ribelli e gli eretici della Boemia. La persecuzione è indegna d'un Cristiano; la professione dell'armi non si addice ad un Sacerdote; ma le costumanze de' tempi scusavano la prima, e Giuliano nobilitò l'altra colla intrepidezza che mostrò rimanendo solo ed impavido in mezzo alla vergognosa sconfitta degli Alemanni. Come Legato del Pontefice aperse il Concilio di Basilea, ma Presidente di questa adunanza, si diè ben tosto a divedere campione zelantissimo dell'ecclesiastica libertà, e sostenne sette anni, con zelo ed intelligenza, l'opposizione mossa alle pretensioni pontificie. Autore de' più vigorosi espedienti che vennero presi contro l'autorità è la persona d'Eugenio, cedè indi ad alcuni motivi segreti d'interesse e di coscienza, per cui abbandonò all'impensata la fazion popolare. Ritiratosi da Basilea a Ferrara, intervenne nelle discussioni che agitarono i Greci e i Latini, ed entrambe le nazioni furono costrette ad ammirare la saggezza de' suoi argomenti e la profondità della sua teologica erudizione34. Vedemmo nell'ambasciata d'Ungheria quai fossero i funesti effetti degli eloquenti sofismi di questo Prelato; ma ne cadde ancor prima vittima, morto nella sconfitta di Warna, mentre accoppiava gli uffizj del Sacerdozio a quei della guerra. Le circostanze della sua morte vengono narrate in varie guise; ma l'opinion generale è che l'oro di cui andava carico, oltre al ritardarne la fuga, seducesse la barbara rapacità di alcuni fuggitivi Cristiani.

      Da oscura origine, o almeno dubbiosa, Uniade si era innalzato per merito al comando degli eserciti dell'Ungheria. Valacco erane il padre, greca la madre; ed è possibile che la sua stirpe, ignota, derivasse dagli Imperatori di Costantinopoli. Le pretensioni de' Valacchi e il soprannome di Corvino, venutogli dal luogo ove nacque, potrebbero anche somministrare pretesti per attribuirgli qualche consanguinità co' patrizj dell'antica Roma35. Giovane ei fece le guerre d'Italia, e fu tra i dodici Cavalieri che tenne cattivi il Vescovo di Zagrado. Sotto nome di Cavalier Bianco36, si acquistò splendida rinomanza, aumentatisi inoltre, il suo patrimonio per nobili e ricche nozze contratte, e la sua gloria per avere difese le frontiere dell'Ungheria, e riportate in un medesimo anno tre vittorie sugli Ottomani. Solo in virtù del credito di cui Uniade godeva, Ladislao di Polonia ottenne l'ungarese Corona; servigio importante di cui gli divennero ricompenso il titolo e l'ufizio di Vevoda della Transilvania. Due lauri alla sua corona militare aggiunse la prima Crociata di Giuliano, e, in mezzo ai comuni disastri, essendosi dimenticato il fatale errore ch'ei commise a Warna, fu nominato Generale e Governatore della Ungheria, durante l'assenza e la minorità di Ladislao III, Re titolare di questo Stato. Ne' primi momenti il timore impose silenzio all'invidia; indi un regno di dodici anni provò che ai meriti del guerriero univa quelli ancor del politico. Cionnullameno, esaminando più d'appresso le imprese sue militari, non ci dimostrano queste in Uniade un Generale che espertissimo potesse dirsi. Il Cavalier Bianco mostrò nell'armi più valor di braccio che di mente, e combattè qual Capo di una banda di Barbari indisciplinati, che assalgono senza timore, nè poi si vergognano di fuggire. La vita militare di Uniade offre una romanzesca vicenda di vittorie e disastri. I Turchi che del nome di lui si valeano



<p>29</p>

Varnes, o Warna, era sotto la denominazione greca di Odessa, una colonia di Milesj così chiamati ad onore di Ulisse (Cellario, t. I, p. 374. D'Anville, t. I, p. 312). Giusta la descrizione dell'Eussino data da Arianno (p. 24-25, nel primo volume de' Geografi di Hudson) essa era situata 1740 stadj lontano dalla foce del Danubio, 2140 da Bisanzo, e 360 a tramontana del Promontorio del monte Emo che sporge nel mare.

<p>30</p>

Alcuni Autori cristiani affermano che Amurat si trasse dal seno un'ostia diversa da quella su di cui avea giurato di mantenere i patti della negoziazione. I Musulmani più semplicemente suppongono ch'ei si appellasse al Profeta Gesù Cristo, nella quale opinione sembra accordarsi anche Callimaco (l. III, p. 516; Spondan., A. D. 1444, n. 8).

<p>31</p>

Un critico giudizioso, crederà difficilmente a quegli spolia opima di un general trionfante, ottenuti sì rare volte dal valore, e sì spesso inventati dall'adulazione (Cantemiro, p. 90, 91). Callimaco (l. III, p. 517) dice con più semplicità e verisimiglianza: Supervenientibus janizaris, telorum multitudine, non tam confossus est, quam obrutus.

<p>32</p>

Oltre ad alcuni passi preziosi di Enea Silvio accuratamente raccolti dallo Spondano, i nostri migliori testi sono tre Storici del secolo XV, Filippo Callimaco (De rebus a Wladislao Polonorum atque Hungarorum rege gestis, libri III, in Bell., scriptor. rer. hungar., t. I, p. 433-518), Bonfinio (Décad. III, l. V, pag. 460-467) e Calcocondila (l. VII, p. 165-179). I due primi erano Italiani, ma trascorsero la loro vita in Polonia e nell'Ungheria (Fabricius, Bibl. lat. medii infimae aetatis, t. I, p. 524; Vossius, De Hist. lat., l. III, c. 8-11; Dictionn. de Bayle, Bonfinius) v. quanto al teatro della guerra del secolo XV un Trattatello di Felice Petancio, Cancelliere di Segnia (ad calcem Cuspinian. de Caesaribus, p. 716-722).

<p>33</p>

Il sig. Lenfant ne fa conoscere l'origine del Cardinale Giuliano (Hist. du concil. de Bâle, t. I, p. 247, ec.) e le guerre da esso fatte in Boemia (p. 515, ec.). Spondano e il Continuatore di Fleury raccontano, secondo le circostanze, i servigi da esso prestati a Basilea ed a Ferrara, e l'infausto fine che ebbe.

<p>34</p>

Syropulo fa un elogio ben generoso de' meriti del suo nemico (p. 117): τοιαυτα τινα ειπεν ο Ιουλιανος, πεπλατυσμε ως αγαν και λογικως, και μετ’ επιστημης και δεινοτητος Ρητορικης, disse Giuliano alcune cose molto ampiamente e logicamente, e con sapiente e vigorosa rettorica.

<p>35</p>

V. Bonfinius (Déc. III, l. IV. p. 423). Come mai gli Italiani poteano pronunziare senza vergogna, o il Re d'Ungheria ascoltare, nè arrossirne, la ridicola adulazione che confondea il nome di un villaggio della Valachia col soprannome glorioso, ma accidentale, di un ramo della famiglia Valeria dell'antica Roma?

<p>36</p>

Filippo di Comines (Mém., l. VI, cap. 13) si fonda sulla tradizione de' tempi, e tesse uno splendido elogio ad Uniade, chiamato col singolar nome di Cavalier Bianco di Valeigne (Valachia). Calcocondila e gli Annali turchi del Leunclavio però ne mettono in dubbio il valore e la fedeltà.