Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 5. Edward Gibbon

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Название Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 5
Автор произведения Edward Gibbon
Жанр Зарубежная классика
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Издательство Зарубежная классика
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disciplina. Il variabile metodo di guerreggiare dei Barbari, che divisi in più corpi infestavan la terra ed il mare, lo privò della gloria d'una segnalata vittoria; ma si conobbe il prudente spirito e la consumata perizia d'un Generale Romano nelle operazioni di due campagne, che liberarono l'una dopo l'altra ogni parte della provincia dalle mani d'un crudele e rapace nemico. Fu diligentemente restituito lo splendore alle città e la sicurezza alle fortificazioni dalla paterna cura di Teodosio, il quale con la forte sua destra confinò i Caledoni tremanti nell'angolo settentrionale dell'isola, e perpetuò col nome e con lo stabilimento della nuova provincia di Valenza le glorie del regno di Valentiniano118. La voce della poesia e del panegirico può aggiungere forse con qualche grado di verità, che le incognite regioni di Tule imbrattate furon dal sangue dei Pitti; che i remi di Teodosio percossero i flutti dell'Oceano iperboreo; e che le remote Orcadi furon la scena della sua vittoria navale sopra i pirati Sassoni119. Ei lasciò la provincia con una buona e splendida reputazione, e fu immediatamente promosso al posto di Generale della cavalleria da un Principe, che applaudir poteva senza invidia al merito dei propri sudditi. Nell'importante posto dell'alto Danubio il conquistatore della Britannia represse e disfece le armate degli Alemanni, avanti d'esser destinato a sopprimere la ribellione dell'Affrica.

      III. Il Principe, che ricusa d'esser il giudice, insegna al popolo di risguardarlo come il complice dei suoi ministri. Si era per lungo tempo esercitato il comando militare dell'Affrica dal Conte Romano, ed a quel posto non era inferiore la sua abilità; ma siccome il sordido interesse era l'unico motivo di sua condotta, egli diportavasi in molte occasioni come se fosse stato nemico della provincia, ed amico dei Barbari del deserto. Le tre floride città di Oea, di Leptis, e di Sabrata, che sotto il nome di Tripoli avevano già da gran tempo stabilita una unione federativa120, furon costrette per la prima volta a chiudere le porte contro un'ostile invasione; molti dei loro più onorevoli cittadini furon sorpresi e trucidati, saccheggiati i villaggi ed anche i sobborghi; ed estirpate le viti e gli alberi fruttiferi di quel ricco territorio dai maliziosi selvaggi della Getulia. I miseri Provinciali implorarono la protezione di Romano; ma presto si accorsero che il loro Governatore militare non era meno crudele e rapace dei Barbari. Poichè non erano essi capaci di somministrare i quattromila cammelli, e l'esorbitante donativo, che egli esigeva prima di marciare in soccorso di Tripoli, la sua domanda equivaleva a un rifiuto, e poteva esser giustamente accusato come l'autore della pubblica calamità. Nella annuale assemblea delle tre città, furono eletti due Deputati per portare a' piedi di Valentiniano la solita offerta di una vittoria d'oro, ed accompagnar questo tributo di dovere, piuttosto che di gratitudine, coll'umile loro querela di essere rovinati dal nemico e traditi dal loro Governatore. Se la severità di Valentiniano fosse stata ben regolata, avrebbe dovuto cadere sulla rea testa di Romano. Ma il Conte, molto esperto nelle arti della corruzione, avea mandato un veloce e fedel messaggiero per assicurarsi della venale amicizia di Remigio, Maestro degli Uffizi. La saviezza del consiglio Imperiale fu ingannata dall'artifizio, e raffreddatone il giusto sdegno dalla dilazione. Finalmente, quando la replica delle doglianze fu giustificata dalla reiterazione delle pubbliche angustie, fu spedito dalla Corte di Treveri il notaro Palladio ad esaminare lo Stato dell'Affrica e la condotta di Romano. Facilmente si disarmò la rigida imparzialità di Palladio; fu egli tentato a riservare per sè una parte del tesoro pubblico, che portava seco pel pagamento delle truppe; e dal momento, in cui fu testimone a se stesso del proprio delitto, non potè più ricusar d'attestare l'innocenza ed il merito del Conte. Si dichiarò frivola e falsa l'accusa dei Tripolitani; e da Treveri fu rimandato nell'Affrica Palladio stesso con una speciale commissione per iscuoprire e perseguitare gli autori di quell'empia cospirazione contro i rappresentanti del Sovrano. Le sue ricerche maneggiate furono con tanta destrezza e felicità, che obbligò i cittadini di Leptis, i quali di fresco avean sostenuto un assedio di otto giorni, a contraddire la verità dei propri loro decreti, ed a censurar la condotta dei lor deputati. Dalla temeraria e caparbia crudeltà di Valentiniano si pronunziò senza esitare una sanguinosa sentenza. Per espresso comando dell'Imperatore fu pubblicamente decapitato in Utica il presidente di Tripoli, che aveva preteso di aver compassione delle angustie della provincia; furon posti a morte quattro distinti cittadini come complici dell'immaginaria frode; e a due altri fu tagliata la lingua. Romano, superbo per l'impunità, ed irritato dalla resistenza continuò a godere il comando militare, finattanto che gli Affricani provocati furono dall'avarizia di lui ad unirsi allo stendardo ribelle di Firmo il Mauritano121.

      Nabal, padre di lui, era uno dei più ricchi e potenti Principi Mauritani che riconoscessero la Sovranità di Roma. Siccome però aveva lasciato dalle sue mogli o concubine una numerosa prole, ardentemente si disputava intorno alla ricca sua eredità; e Zamma, uno de' suoi figli, in una domestica rissa fu ucciso da Firmo di lui fratello. L'implacabile zelo, col quale Romano procedè alla legittima vendetta di questo omicidio, si potrebbe attribuire soltanto ad un motivo di avarizia o di odio personale: ma in quest'occasione le sue pretensioni eran giuste; la sua influenza era potente; e Firmo chiaramente conobbe che egli o doveva presentare il collo al carnefice, o appellare dalla sentenza del concistoro Imperiale alla sua spada ed al popolo122. Esso fu ricevuto come il liberator della patria; ed appena si vide, che Romano non era formidabile che ad una sommessa Provincia, il Tiranno dell'Affrica divenne un oggetto d'universale disprezzo. La rovina di Cesarea, che fu saccheggiata e bruciata dai licenziosi Barbari, convinse le città refrattarie del pericolo che correvano resistendo; la potenza di Firmo si stabilì, almeno nelle Province della Mauritania e della Numidia; e pareva che egli non fosse più dubbioso che nell'assumere o il diadema di Re Mauritano o la porpora di Romano Imperatore. Ma gl'imprudenti ed infelici Affricani presto s'accorsero, che in questa inconsiderata rivoluzione non avevano a sufficienza esaminata la propria loro forza o l'abilità del lor condottiero. Avanti che questi aver potesse alcuna certa notizia, che l'Imperator d'Occidente avesse determinata la scelta di un Generale, o che si fosse preparata una flotta di trasporti alla bocca del Rodano, ad un tratto egli seppe che il Gran Teodosio con una piccola truppa di veterani avea preso terra presso a Igilgiti o Gigeri sulla costa dell'Affrica; ed il timido usurpatore fu oppresso dalla superiorità del valore e del genio militare. Quantunque Firmo avesse armi e danaro, pure la disperazione di vincere lo ridusse immediatamente all'uso di quegli artifizi che nel medesimo luogo ed in simili circostanze si erano praticati dall'astuto Giugurta. Ei tentò d'ingannare con un'apparente sommissione la vigilanza del Generale Romano, di sedurre la fedeltà delle sue truppe, e di prolungar la durata della guerra coll'impegnar l'una dopo l'altra le tribù indipendenti dell'Affrica ad abbracciare il partito, ed a proteggere la fuga di esso. Teodosio imitò l'esempio, ed ebbe il successo del suo predecessore Metello. Quando Firmo in aria di supplicante accusò la sua temerità, ed umilmente sollecitò la clemenza dell'Imperatore, il Luogotenente di Valentiniano lo accolse, e lo licenziò con un amichevole abbraccio; ma premurosamente richiese i sodi e sostanziali contrassegni d'un pentimento sincero; nè dalle assicurazioni di pace si potè mai persuadere a sospendere per un momento le operazioni d'un'attiva guerra. Dalla penetrazione di Teodosio fu scoperta un'oscura cospirazione; ed egli soddisfece, senza molta ripugnanza, il pubblico sdegno, che segretamente aveva eccitato. Molti de' rei complici di Firmo furono abbandonati, secondo il costume antico, al tumulto d'una esecuzion militare; molti altri più, mediante l'amputazione di ambe le mani, continuarono a presentare un istruttivo spettacolo d'orrore; l'odio dei ribelli era accompagnato da timore; ed il timore, che avevano dei soldati Romani, era mescolato con una rispettosa ammirazione. Fra le immense pianure della Getulia, e le innumerabili valli del monte Atlante era impossibile d'impedir la fuga di Firmo; e se avesse l'usurpatore potuto stancare la pazienza del nemico, avrebbe posto in sicuro la sua persona in fondo a qualche remota solitudine, ed avrebbe potuto aspettar la speranza di una ribellione futura. Ei fu vinto però dalla perseveranza di Teodosio, che avea fatto un'inflessibile risoluzione di non terminare la guerra che con la morte del tiranno, e d'involger nella rovina di lui qualunque nazione Affricana, che avesse ardito di sostenerne la causa. Alla testa d'un piccolo corpo di truppe, che rare volte eccedevano il numero di tremila cinquecento uomini, il Generale Romano avanzavasi con una costante prudenza, senza temerità e senza timore, nel cuore d'un paese, in cui veniva attaccato alle volte da eserciti di ventimila Mauritani. La fermezza della sua disciplina disordinava l'irregolarità dei Barbari; essi erano



<p>118</p>

Ammiano ha succintamente descritto (XX. 1. XXVI. 4. XXVII. 8. XXVIII. 3.) tutta la serie della guerra Britannica.

<p>119</p> Horrescit… ratibus… impervia Thule.Ille… nec falso nomine Pictos.Edomuit, Scotumque vago mucrone secutusFregit Hyperboreas remis audacibus undas.Claudian. in III. Cons. Honorii v. 53.… Maduerunt Saxone fusoOrcades: incaluit Pictorum sanguine Thule.Scotorum cumulos flevit glacialis Jerne.

In IV. Consult. Honor. v. 31. Vedasi anche Pacato (in Paneg. veter. XII. 5). Ma non è facile lo stabilire il valore intrinseco dell'adulazione e della metafora. Si paragonino le vittorie Britanniche di Bolano (Stat. Silv. V. 2) col vero carattere di lui (ap. Tacit. in vit. Agricol. 6. 16).

<p>120</p>

Ammiano fa spesso menzione del loro concilium annuum, legitimum etc. Leptis e Sabrata sono da gran tempo distrutte; ma la città di Oea, patria d'Apulejo, fiorisce ancora sotto la provincial denominazione di Tripoli. Vedi Cellar. Geogr. antiq. Tom. II. P. II. pag. 8. Danville Geogr. Ancien. Tom. II. pag. 71 72 e Marmol Afrique Tom. II. pag. 562.

<p>121</p>

Ammiano XVIII. 6. Il Tillemont (Hist. des Emper. T. V. p. 25. 676) ha discusso le difficoltà cronologiche dell'istoria del Conte Romano.

<p>122</p>

La cronologia d'Ammiano è sconnessa ed oscura; ed Orosio (l. VII. c. 33. p. 551 edit. Havercamp.), sembra, che ponga la rivoluzione di Firmo dopo la morte di Valentiniano e di Valente. Il Tillemont (Hist. des Emper. T. V. p. 691) procura di sgombrar la strada. Ne' più sdrucciolevoli sentieri possiamo affidarci al paziente e sicuro mulo delle Alpi.