Название | Storia d'Italia dal 1789 al 1814, tomo II |
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Автор произведения | Botta Carlo |
Жанр | Зарубежная классика |
Серия | |
Издательство | Зарубежная классика |
Год выпуска | 0 |
isbn |
Tutto questo risguardava alle facoltà sì pubbliche che private, ma il governo di Francia, spaventando il papa, non solamente aveva in animo di cavar denaro pei soldati, ma ancora di tirare il pontefice a far qualche dimostrazione, acciocchè i cattolici di Francia accettassero volentieri le cose fatte, e con la opinione favorevole della maggior parte dei popoli il nuovo stato si confermasse. Era questo motivo di grande importanza in tutta la Francia, ma molto più sulle rive della Loira, dove coloro che avevano l'armi in mano contro il reggimento nuovo, pretendevano alla impresa loro parole di religione. Conseguì Buonaparte questo fine. Il pontefice mandava fuori il cinque luglio un breve indiritto ai fedeli di Francia, col quale paternamente, ma fortemente gli esortava a sottomettersi, e ad obbedire ai magistrati, che il paese loro governavano; affermava essere principio della religione cattolica, che le potestà temporali siano opere della Sapienza divina, che le prepose ai popoli, affinchè le faccende umane non fossero governate dalla temeraria fortuna, o dalla volontà del caso, e le nazioni agitate da onde contrarie; avere perciò Paolo apostolo, non particolarmente di uno special principe, ma generalmente di questa materia parlando, statuito, che ogni potestà da Dio procede, e che chi alle potestà resiste, alla volontà di Dio resiste. Badassero dunque bene, sclamava il pontefice, a non lasciarsi traviare, ed a non dare, sotto nome di pietà, occasione agli autori di novità, di calunniare la religione cattolica, il che sarebbe peccato, che non solo gli uomini, ma Dio stesso con pene severissime punirebbe; poichè sono, continuava, dannati coloro che alla potestà resistono. «Vi esorto adunque, terminava il pontefice, figliuoli carissimi, e vi prego per Gesù Cristo nostro Signore, ad essere obbedienti, ed a servire con ogni affezione, con ogni ardore e con ogni sforzo a coloro che vi reggono, perchè a loro obbedendo, renderete a Dio medesimo quell'obbedienza, di cui gli siete obbligati; ed essi vedendo vieppiù, che la religione ortodossa non è sovvertitrice delle leggi civili, le presteran favore e la difenderanno, in adempimento dei precetti divini, ed in confermazione dell'ecclesiastica disciplina: infine desiderio nostro è che sappiate, figliuoli carissimi, che voi non abbiate nissuna fede in coloro che vanno pubblicando, come se dalla santa sede emanassero, dottrine contrarie a questa».
Queste esortazioni del pontefice non partorirono effetto alcuno in Francia, perchè da una parte non rimise punto il direttorio del suo rigore contro i preti cattolici, che non avevano voluto giurare la constituzione del clero, dall'altra i Vendeesi, e coloro che in compagnìa loro combattevano nelle province occidentali della Francia, od in altri luoghi impugnavano o palesemente o segretamente il governo di Parigi, non davano luogo ad alcuna inclinazione alla pace. Nè alcun frutto buono sorse da quest'atto di Pio. Gli uni dicevano che l'aveva fatto per forza, gli altri per debolezza, e nissuno obbediva. Allegavano poi la fermezza dei principj non poter essere scossa, nemmeno dall'autorità del papa. Così gli uomini obbediscono all'autorità delle sentenze, quando è favorevole alle loro opinioni od interessi, non obbediscono quando è contraria. Quindi nasce che il genere umano è più ancor pieno di contraddizioni, che di enormità.
La presenza dei Francesi negli stati pontificj aveva bensì atterrito i sudditi, ma non gli aveva fatti posare, e si temevano ad ogni tratto nuove turbazioni. Per la qual cosa il papa esortato dal generale repubblicano, e mosso anche dall'interesse dei popoli, raccomandava con pubblico manifesto, e comandava ai sudditi, trattassero con tutta benignità i Francesi, come richiedevano i precetti della religione, le leggi delle nazioni, gl'interessi dei popoli, e la volontà espressa del sovrano.
Tutte queste cose faceva il pontefice in confermazione dello stato. Intanto o perchè la cessazione delle armi si convertisse in pace definitiva, o perchè con una dimostrazione efficace di desiderar di conchiuderla, si pensasse di aspettare con minori molestie occasione di risorgere, s'inviava dal pontefice a Parigi l'abbate Pieracchi con mandato di negoziare, e di stipulare la pace. Tanta variazione avevano fatto in pochi giorni le sorti di Roma, che quel pontefice, il quale poco innanzi esortava con tutta l'autorità del suo grado i principi ed i popoli a correre contro i Francesi partigiani del nuovo governo, come gente nemica agli uomini, nemica a Dio, ora caduto in dimessa fortuna comandava con parole contrarie alle precedenti ai fedeli di Francia ed ai sudditi proprj, che obbedissero, ed ogni più cortese modo usassero ai Francesi ed al governo loro. Il che non fu senza notabile diminuzione dell'autorità del Romano seggio.
Nè minore variazione fecero le cose di Napoli, come se fosse destinato dai cieli, che le più forti protestazioni, ed i più validi apprestamenti di difesa, in tempesta tanto improvvisa, altro effetto non dovessero partorire che una più grave diminuzione di riputazione e di potenza. Eransi udite con grandissima ansietà a Napoli le novelle delle vittorie dei repubblicani sul Po e sull'Adda; ma all'ansietà succedeva il terrore, quando vi s'intese la rotta totale dei Tedeschi, e la loro ritirata verso il Tirolo. L'impressione diveniva più grave, quando i soldati di Buonaparte, occupato Reggio e Modena, nè nulla più ostando che entrassero nell'indifesa Romagna, si vedeva il regno esposto all'invasione. Laonde il re volendo provvedere con estremi sforzi ad estremi pericoli, perchè o fosse solo, o dovesse secondare le armi imperiali, gli era necessità di usare tutte le forze, ordinava che trentamila soldati andassero ad alloggiar ai confini verso lo stato ecclesiastico; ma perchè si facesse spalla e retroguardo a tante genti con altre squadre d'uomini armati, comandava, che si tenessero pronte a marciare, e di tutto punto si allestissero, ed in corpi regolati si ordinassero tutte le persone abili all'armi; la quale massa avrebbe aggiunto quarantamila combattenti. Perchè poi si usassero coloro, che consentissero di buona voglia ad accorrere alla difesa del regno, dava loro privilegi e speranza di ricompense onorevoli. Volendo poi favorire anche con l'autorità e con l'armi spirituali, le forze temporali, scriveva ai vescovi ed ai prelati del regno lettere circolari, con cui gli ammoniva, e con parole patetiche gli esortava dicendo, che la guerra che già da tanto tempo desolava l'Europa, e nella quale già tanto sangue e tante lacrime si erano sparse, era non solamente guerra di stato ma di religione; che i nemici di Napoli erano nemici del Cristianesimo; che volevano abolire il principato, come avevano abolito la religione; per questo turbare le nazioni, per questo sollevare i popoli; per questo ridurgli all'anarchìa con le massime, alla miseria con le rapine: saperlo il Belgio, saperlo la Olanda, saperlo tanti paesi e città illustri di Germania e d'Italia, confuse, desolate, spogliate, ed arse dalla rabbia e dall'avarizia loro: invano gemere, invano querelarsi i popoli conculcati; sotto la crudele tirannide non trovar luogo il diritto, non trovar luogo l'umanità; ma la santa religione essere principalmente segno alle lor barbare voglie, perchè tolto di mezzo il suo potente freno si possano violare senza ribrezzo, ed a sangue freddo tutte le leggi sì divine che umane; ma inspirare la religione il coraggio, come insegnar il dovere; amare il cristiano la patria per gratitudine, amarla per precetto. Esortassero adunque i popoli ad impugnar le armi contro un nemico, a cui niuna legge era sacra, niuna proprietà sicura, niuna vita rispettata, niuna religione santa, contro un nemico che dovunque arrivava, saccheggiava, insultava, opprimeva, profanava i templi, atterrava gli altari, perseguitava i sacerdoti, calpestava quanto di più sacro e di più reverendo ha ne' suoi dogmi, nei suoi precetti, e ne' suoi sacramenti divini lasciato alla chiesa sua Cristo Salvatore: non abborrire il re, per amore verso i sudditi, gli accordi, ma volergli giusti ed onorevoli, nè tali potergli conseguire, che con la potenza dell'armi. Combatterebbe egli il primo a guida de' suoi soldati: sperare, che il Re dei re, il Signor dei signori, che ha in sua mano il cuore dei principi, e non cessa d'inspirargli con retti consigli, quando sinceramente invocano il suo santo nome, gli avrebbe dato favore in così santa, in così generosa impresa.