Terra vergine: romanzo colombiano. Barrili Anton Giulio

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Название Terra vergine: romanzo colombiano
Автор произведения Barrili Anton Giulio
Жанр Зарубежная классика
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Издательство Зарубежная классика
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dire: ti pianta in asso. Palmara, dicono i genovesi quel cavo che lega i battelli alla spiaggia.

      – E piantami! – rispose Cosma, sforzandosi di sorridere. – Tanto, so bene che andresti poco lontano.

      – Ah bravo! – replicò Damiano. – Ho piacere che tu te ne ricordi, che siamo tutt'e due nello stesso guscio di noce. Per la vita e per la morte non abbiamo giurato di stare insieme? Tu piangi, io rido; e tra buon vento e cattivo la barca va. Tu vorresti il mondo rifatto a modo tuo, caro amico; io lo accetto com'è; per intanto andiamo tutt'e due a cercarne un altro. Ci sarà? e se c'è, sarà migliore del vecchio?

      – Mistero!

      – Con che aria lo dici? A me non fa nè caldo nè freddo. Mi par di giuocarla a croce e grifo; quel che sarà sarà. E spero, – soggiunse Damiano, – che tu ammirerai la mia filosofia, molto adatta per un viaggio di scoperta come questo.

      – Perchè?

      – Perchè si piglia il nuovo mondo come viene.

      – Matto! – esclamò Cosma. – E così, tu non hai neanche bisogno di fede, per conservare il tuo buon umore!

      – Chi te lo dice? Ho la mia fede ancor io; incomincio ad averne molta nell'almirante. Ed è naturale. Io vado a mano a mano raccattando quella che pèrdono gli altri. Non ti nascondo che questo nostro concittadino mi piace. Ed è nato lanaiuolo! Dunque fuori di porta Soprana, nella strada che mette al ponticello di Rivo Torbido. I lanaiuoli abitano tutti da quelle parti. E lanaiuolo com'è di origine, e marinaio di professione, ci ha un'aria di gentiluomo che consola.

      – Non dei nostri, per altro.

      – Ah sì, di un'altra stirpe, davvero. Ma vedi… Cosma? Io mi son fatto un giudizio tutto mio, in questa faccenda. L'uomo fa l'aspetto secondo le passioni che lo muovono. Metti per dieci, venti, cinquanta e cent'anni una famiglia contro l'altra, tutte disposte a mangiarsi il naso, e vedrai che facce ti vengon fuori. È certamente per questo che gli Adorni e i Fregosi, da un pezzo in qua, son tutte facce proibite. Anche i Fieschi, sai, anche i Fieschi; – soggiunse Damiano, ridendo. – E frattanto, che avviene? Che le facce serene e piacevoli, da veri gentiluomini, bisogna cercarsele altrove.

      – Tra i lanaiuoli, allora?

      – Sicuramente; e tra quelli, più facilmente che nelle altre professioni. Quelli, a buon conto, devono esser nati nel soffice. —

      Il colloquio dei due marinai genovesi fu interrotto dal suono della campana, che dal castello di poppa chiamava l'equipaggio alla preghiera serale. Era quell'ora che il nostro maggior poeta ha cantata con versi tanto soavemente malinconici nelle celebri terzine del Purgatorio:

      Era già l'ora che volge 'l desio

      A' naviganti e 'ntenerisce il core

      Lo dì ch'han detto ai dolci amici addio;

      E che lo novo peregrin d'amore

      Punge, se ode squilla di lontano

      Che paia 'l giorno pianger che si more.

      Tutti inginocchiati in coperta, e fattosi umilmente il segno della croce, i marinai della Santa Mariamormoravano con l'Almirante, che la proferiva ad alta voce, la preghiera dell'Angelus Domini, istituita nell'anno 1095 da papa Urbano II, al concilio di Clermont, pei crociati che andavano in Palestina, e rimessa in vigore un secolo dopo, da Gregorio IX, per tutto l'orbe cattolico. Mai, fino a quel giorno, squilla vespertina e preghiera di cristiani s'erano udite più lontano nell'aria. Le navi di Cristoforo Colombo erano allora a trecento leghe di là dai confini d'Europa.

      La preghiera dell'Angelus era finita da poco, e tutti i marinai che non erano di guardia alle vele, in vedetta sulla gabbia, o al timone, si disponevano a scendere nei ranci sotto coperta, quando una strana luce apparì davanti a loro, quattro o cinque leghe, lontana sul mare. Una striscia luminosa e rossastra si dipingeva nel cielo, solcandolo ad arco, e facendo sentire un alto fragore, come di artiglierie sparate in distanza. Pareva di vedere una palla di ferro rovente, o parecchie, vomitate da un mortaio; le quali scoppiassero per via, andando a sprofondarsi nel mare, e lasciando dietro di sè un gran solco di fuoco. La straordinaria grossezza di quel globo luminoso non permetteva di pensare alle stelle cadenti, fenomeno abbastanza comune nelle calde regioni e in certi mesi dell'anno. Nè la più parte di quei marinai avevano veduto mai bòlidi; nessuno ne aveva mai veduto uno così fuor di misura; e del resto, ad ogni fenomeno naturale di cui non si conosce la causa, è più facile sgomentarsi che rinfrancare gli spiriti. Che cosa significava quel razzo? era esso il principio del finimondo? non prenunziava forse tutta una sequela di scoppi e di rovine?

      Ma niente avvenne, di ciò che incominciavano a temere. Del solco luminoso non rimaneva più traccia nel cielo. La pace regnò quella notte e i giorni seguenti. Spirava da levante una brezza viva e costante, che teneva in continuo esercizio le vele, senza dar travaglio all'alberatura e al sartiame. Tutto andava dunque a seconda; favorevoli i segni del cielo, più favorevoli ancora i segni del mare.

      Infatti, sentite: s'incominciava a vedere sulla superficie delle acque un grazioso spettacolo. Qua e là galleggianti sui flutti, o, per dir più veramente, sulla liquida lastra del mare, lievemente increspata dalla brezza, si scorgevano piccoli strati, come chiazze di verde. Entrandoci le navi per mezzo, si vedevano quegli strati esser fatti di erbe verdi, tanto verdi che parevano strappate di fresco dalle zolle natali. E le chiazze si facevano a mano a mano più larghe, più frequenti, più fitte.

      Fu a tutta prima una festa degli occhi, e per conseguenza una allegrezza dei cuori. L'assenza del verde è la malattia del marinaio. Il verde è il gradito colore della terra. Dicono gli astronomi che a guardarlo dall'osservatorio degli altri pianeti, il nostro globo tramandi una luce di smeraldo, a cagione delle sue terre e della vegetazione che le ricopre. Peccato non esser là, su Marte, o su Giove, a vedere la bella figura di pietra preziosa che dobbiamo far noi, nella immensità dello spazio!

      – Le isole sono vicine! – gridavano i marinai. – Vedete come son fresche, queste erbe. Sembrano staccate ieri dal suolo.

      – Effetto dello stare in acqua; – notava qualcuno.

      – E sia, diciamo due giorni, tre, cinque. Ma a lungo andare, marcirebbero. E poichè queste sono così fresche, siano di un giorno o di cinque, la terra dev'essere vicina.

      – Mettiamo di sei, e crepi l'avarizia. Io mi contenterei di toccar terra fra sette. —

      Così ridevano e scherzavano, dimenticando le recenti paure. Un marinaio si buttò in acqua per cogliere una manata di quelle erbe, e portò a bordo un granchio vivo, che fu subito presentato all'Almirante.

      Quel povero crostaceo dell'Oceano non differiva punto punto dagli altri congeneri suoi delle coste d'Europa. Ma dalla sua presenza in quelle latitudini si poteva, a sentire i marinai di Moguer, grandi pescatori nel cospetto di Dio, cavare un eccellente pronostico di spiagge vicine. Essi infatti sostenevano che di granchi, a ottanta leghe da terra, non se ne ritrovano più.

      – Distanza giusta per metterci casa; – bisbigliò Damiano all'orecchio di Cosma. – Non c'è più pericolo di pescarne. —

      Poco dopo il granchio, indizio sicuro di terra entro le ottanta leghe di distanza, si vide uno sciame di tonni che vennero a guizzare nella scia delle navi. E poco dopo i tonni che scherzavano in acqua, venne un'altra cingallegra a svolazzare tra l'albero di maestra e il trinchetto della Santa Maria. Fors'anche era la cingallegra dei giorni scorsi, povera cingallegra sperduta, che aveva intenerito il cuore di Cosma. Ma comunque fosse, cingallegra e tonni erano altri indizi di terre vicine. Anche l'onda marina, assaggiata dal pescatore del granchio, e poi via via da altri curiosi, era meno salata in quei paraggi che non fosse nelle acque delle Canarie. E quello, per bacco, era indizio di terre vastissime, di un continente a dirittura, donde si scaricassero nell'Oceano le acque dolci di grandissimi fiumi. E il mare sempre tranquillo; e il vento sempre favorevole. Laggiù da settentrione l'atmosfera un tantino più fosca; altro indizio di terra. E poi un fitto sciame d'uccelli che passavano alti, volgendo a ponente; nuovo e prezioso indizio che da ponente o da tramontana, ma sempre là, davanti a loro, fosse vicina la meta.

      La