I rossi e i neri, vol. 2. Barrili Anton Giulio

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Название I rossi e i neri, vol. 2
Автор произведения Barrili Anton Giulio
Жанр Зарубежная классика
Серия
Издательство Зарубежная классика
Год выпуска 0
isbn http://www.gutenberg.org/ebooks/29846



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prove__» – canticchiò Marcello Contini, dall'altro capo della tavola, – «__Che la terra si bagna allor che piove__.»

      – Chètati, Orfeo! – gridò il Lorenzini. – Io dico e sostengo, anche se m'aveste a pigliare per un poeta, che la donna è cosa tutta divina, o poco meno. Ne ho veduta una, quest'oggi, in via Luccoli, per la quale darei, Dio mi perdoni, tutte le ostriche che sono ancora nel piatto.

      – Bello sforzo! – esclamò il Giuliani. – Ce n'hai lasciate sette.

      – Anzi, mi piglio anche queste, e proseguo. Credete alla Sacra Scrittura?

      – Siamo gente battezzata! – rispose per tutti il gran maestro Dodero.

      – Orbene, narra la Sacra Scrittura che Iddio in principio creò il cielo e la terra…

      – __Avocat, passez le déluge!__

      – Non posso, Giuliani; non posso uscire dalla Genesi.

      – Tanto meglio, poichè, in tal caso, avrete posto mente che Iddio creò la terra, ogni specie d'animali, e l'uomo medesimo, colla grossa materia, contentandosi, per quest'ultimo, di soffiargli addosso.

      – Sta bene; e che cos'è la donna, se non carne della sua carne?

      – Adagio Biagio! L'ha detto Adamo, e per dire una corbelleria di quella fatta, poteva fare a meno di svegliarsi. Osso delle sue ossa, meno male, ed anche per una centesima parte.

      – Tu stesso lo ammetti; – disse di rimando il Savioli; – la donna è fatta d'una costa dell'uomo.

      – Bravissimo, d'una costa. Tu ti danni colle tue ragioni; ti aguzzi il palo sulle ginocchia. Notate bene, o signori; è fatta di una costa, carne od osso che sia, cioè a dire materia già ridotta e trasformata dalla volontà del Creatore. Sappiamo dunque che ella non viene direttamente dalla mota, come l'uomo, suo indegno vicino. Ora, poi, come potrebbe una costa pigliar statura e forma di donna, senza l'aiuto di un nuovo elemento?

      – E l'aria? – dimandò il Savioli.

      – Ah, tu credi, – proseguì il Lorenzini, – che sia stata gonfiata d'aria, come le bottiglie, o come i palloncini?

      – E perchè no?

      – Infatti, – disse il Contini, tornando a cantare.

      La donna è mobile

      Qual piuma al vento…

      – Sta zitto… Piave! e poni mente anche tu alle mie parole. La donna non ci ha di umano altro che la quantità di una costa, cioè a dire venti o venticinque grammi; il resto, cinquanta o sessanta chilogrammi, è tutto soffio di Dio. Io lo vedo, il Creatore, – proseguì con ardita ipotipòsi il Lorenzini, – soffiare sopra una mota di fango per far l'uomo, ma soffiar dentro a una costa per foggiarne la donna; l'unica cosa creata che contenga, checchè ne dicano i chimici, maggior parte di Dio. —

      La chiusa del Lorenzini fu accolta dalla brigata con una salva di applausi.

      – Peccato non ci siano donne ad udirti! – esclamò il giornalista Giuliani.

      – Non siamo Templarii per nulla! – notò il Savioli. – Le donne se ne stiano da banda. Dov'è la donna, non c'è più libertà di parola; sottentra la cerimonia, o la passione; quella mette il bavaglio alla verità, questa soffoca il raziocinio. Ho detto – proseguì con burlesca gravità l'oratore – e non patisco osservazioni, perchè questa è la mia opinione.

      – Sia bene o male – entrò a dire Mauro Dodero – poichè non ci sono donne tra noi, farò una variante alla storia del Lorenzini.

      – Ne muta il senso? – dimandò questi.

      – Press'a poco.

      – Mi riserbo la facoltà di combatterla.

      – Anzitutto, sentiamola; – disse il Savioli. – Capitano, hai la parola.

      – Grazie tante; – soggiunse capitan Dodero; – ecco la variante. Il Signore aveva tolta la costa all'uomo. Fin qui la è storia conosciuta…

      – Sicuramente; – interruppe il Giuliani; – «__immisit ergo Dominus Deus soporem in Adam: cumque obdormisset, tulit unam de costis eius, et replevit carnem pro ea__.»

      – Tutto benissimo, salvo l'ultima frase! – ripigliò a dire capitan Dodero. – Il Signore aveva tolta la costa di Adamo ed era lì per farle quell'uffizio che ci raccontò il Lorenzini, allorquando fu veduto dalla volpe, che passava a caso da quella parte dell'Eden. Voi sapete meglio di me che gli animali erano già creati, quel giorno, e ciascheduno secondo la specie sua.

      – Verissimo! – tornò a dire il Giuliani, che era forte di Sacra Scrittura, come i suoi colleghi del __Cattolico__; – Ed eccovi il testo che lo dice: «__Et fecit Deus bestias terrae juxta species suas, et jumenta, et omne reptile terrae in genere suo. Et vidit Deus quod esset bonum.__»

      – Vuoi finirla. Giuliani, col tuo latino? – gridò Marcello Contini.

      – Non mio, ma di san Gerolamo; del resto, ho finito.

      – Meno male; ora, continua tu, Dodero, che parli in genovese, come Iddio comanda.

      – E come difatti parlavano Adamo ed Eva, poichè la genovese è la prima lingua del mondo; – disse gravemente Mauro Dodero, pettinandosi la barba colle dita, come era suo costume. – Ora torno al racconto. La volpe adocchiò la costoletta, e, spiccato un salto, vi pose il dente, come se fosse roba sua, e il Signore non l'avesse tolta all'uomo se non per farne un presente a lei. Fu per tal guisa, come vedete, la prima costoletta mangiata a questo mondo.

      – E allora? – dimandò il Lorenzini.

      – Allora avvenne che messer Domineddio, volendo riavere la costoletta, sporse la mano per afferrare la volpe; ma siccome la volpe fuggiva, egli non fece in tempo a pigliarla pel collo, e non agguantò altro di lei che la coda. E qui, tira lui per un verso, tira quella per l'altro, accadde che al Signore rimase la coda in mano, e la volpe sguizzò lontana da lui, portandosi la sua preda tra' denti.

      – E allora? io torno a dimandartelo, e allora?

      – Allora, messer Domineddio, rimasto con quel negozio in mano, sorrise, e poichè di riavere il fatto suo non c'era neanche a pensare, fece in tal guisa i suoi conti: – «Abbiamo già tolta all'uomo una costa, e a levargliene un'altra gli si potrebbe recar troppo danno. Ora, poichè non possiamo fare la donna ad immagine dell'uomo, facciamola ad immagine della volpe». Detto, fatto; il Signore accostò la coda della volpe alle labbra, soffiò, fece la donna…

      – __Et vidit Deus quod esset bonum;__ – soggiunse l'impenitente latinista Giuliani.

      – Questo non so; – proseguì capitan Dodero, – la variante non lo dice. Questo so bene che essa ci chiarisce come e perchè la donna nascesse molto più astuta dell'uomo, e come il serpente trovasse il terreno già preparato, quando le entrò del negozio del pomo.

      – È grossa, capitano, è grossa! – esclamò l'avvocato Emanuel.

      – Che volete, amici? Non l'ho mica inventata io. Ve la racconteranno tutti i contadini di Quinto, dai quali l'ho raccolta, e che forse l'avranno avuta dal parroco.

      – Fortuna per te, che non ci siano donne ad udirti! – gridò il Lorenzini, copiando a suo modo una frase del Giuliani.

      – Che! in fondo in fondo, possiamo esser d'accordo, poichè tutt'e due ammettiamo il soffio di Dio. Quanto alle donne, esse potrebbero risponderci che tra una coda di volpe e una costa d'uomo non c'è poi quella gran differenza, da doversene dar briga.

      – L'uomo è un brutto animale; non l'ho sempre detto io? – gridò il giornalista.

      – Parla per te, Giuliani! – disse di rimando il Contini.

      – Ah sì, scusate, dimenticavo… l'Apollo del Belvedere, – prosegui il Giuliani ridendo. – Ma, in fede mia, non avete notato voi altri che nella specie umana