Sette Pianeti. Massimo Longo E Maria Grazia Gullo

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Название Sette Pianeti
Автор произведения Massimo Longo E Maria Grazia Gullo
Жанр Зарубежное фэнтези
Серия
Издательство Зарубежное фэнтези
Год выпуска 0
isbn 9788835417187



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su un albero grazie alle sue estensioni di seta, planò silenziosa sui soldati di Mastigo nascosti fra le sterpaglie, come un falco sulla sua preda, e li colpì a morte.

      Smessi i colpi le femmine accorsero a recuperare i piccoli fra le braccia di Zàira che giaceva a terra colpita, Xam e Ulica si precipitarono da lei.

      La piazza era vuota, un vento si alzò fortissimo, come un piccolo turbine si diresse verso il centro del villaggio senza distruggere nulla lungo il proprio tragitto. Zàira, Xam e Ulica sentirono i loro movimenti irrigidirsi e, come trattenuti per magia, non riuscirono a sfuggirgli. Volteggiarono per diversi secondi prima di essere depositati sul limite di un costone di quell’isola galleggiante.

      Per un momento Ulica si sentì sospesa nel vuoto. La testa ancora le girava come quando da bambina per gioco, tenendo per mano le amiche, ruotava a più non posso, ma si riprese e cercò i suoi compagni di viaggio.

      Xam aveva già trovato Zàira, che aveva perso i sensi, e le stava accanto in ginocchio: i suoi occhi scuri erano pieni di tristezza, un debole per quell’Oriana l’aveva sempre accompagnato.

      Ulica si avvicinò a loro e, concreta come sempre, cominciò a controllare Zàira per capire cosa fare, le tastò il polso e disse:

      - Battito lento ma normale, il suo corpo sta cercando di minimizzare lo sforzo per recuperare.

      La girò lentamente per vedere dove l’avessero colpita, le scostò il vestito che portava legato dietro il collo e le lasciava scoperta la schiena per permetterle di arrotolarsi se necessario e la cingeva sui fianchi fino a metà coscia.

      - È ferita sul fianco destro, dietro la schiena, fortunatamente di striscio, la sua corazza l’ha protetta.

      Non aveva perso molto sangue, il laser aveva cauterizzato in parte la ferita che non era profonda.

      - Non sembra abbia colpito organi vitali o sarebbe già morta - continuò Ulica.

      Xam la guardava attonito, quell’uomo indomito che durante la battaglia non stillava una goccia di paura e pietà per i suoi nemici, abituato ai campi di battaglia dove l’orrore della guerra e del sangue erano cosa comune, non riusciva a parlare.

      Fece cenno con la testa che era d’accordo.

      - Dobbiamo trovare un posto per curare la ferita - suggerì Ulica.

      Xam aveva già preso in braccio Zàira e si avviava verso quello che sembrava un tempio, sulla cima di una collina verdissima.

      La sua vicinanza e il suo profumo gli riportarono alla mente quando da ragazzi Zàira lo tirò fuori dal Canyon dei Cristalli su Oria, era accaduto in uno dei i pochi periodi in cui lasciava l’accademia, per lui unica famiglia conosciuta.

      Durante le vacanze, quasi tutti gli amici di corso rientravano nelle proprie famiglie. Non tutti i ragazzi avevano questa fortuna: alcuni erano orfani, come Xam; altri rimanevano perché le proprie famiglie erano troppo occupate dalle loro ambizioni lavorative; altri ancora, invece, appartenevano a famiglie dove realmente il troppo carico di lavoro non permetteva il loro rientro. Per tutti loro venivano organizzati dei campi estivi e spesso la meta era Oria.

      Su questo pianeta, l’atmosfera era rarefatta a causa delle sue piccole dimensioni che comportavano una bassa forza gravitazionale. Tutti coloro che non erano Oriani dovevano indossare un piccolo compensatore d’aria per ottenere un’ossigenazione ottimale, senza si sarebbero sentiti come sopra la vetta di una montagna che supera gli ottomila metri.

      Il soggiorno al campo estivo di Oria era scandito da una moltitudine di impegni ma alla fine delle attività giornaliere, Xam si ritrovava a bighellonare nei dintorni del campus, nelle cui vicinanze si trovava la fattoria del padre di Zàira e fu lì che la conobbe.

      Quell’estate la loro amicizia si fece più solida. Come tutti gli adolescenti amavano mettersi nei guai più o meno grandi. Zàira, infatti, quell’estate raccontò a Xam di un luogo che a lei sembrava incantato, non svelò tutto in verità, tenne segreta una parte per non rovinare la sorpresa e soprattutto nascose che gli adulti lo vietavano per la sua pericolosità.

      Fu così che trascinò l’amico in quell’avventura nel deserto. Chiese a Xam di indossare gli scarponi più pesanti che possedesse e non volle che portasse degli amici con sé, sarebbe dovuto rimanere un luogo segreto.

      Camminarono a lungo, Xam non riusciva a capire perché, in quella giornata di caldo torrido, Zàira gli avesse fatto indossare quei maledetti scarponi.

      Zàira non era mai stata una grande chiacchierona, percorsero un bel po’ di strada in silenzio finché Xam stanco le chiese:

      - Quanto manca ancora?

      - Non fare la schiappa, siamo quasi arrivati - rispose Zàira.

      - Spero ne valga la pena!

      - Vedrai che sarà così. Ci basterà arrivare in cima a quella salita.

      - Allora vediamo chi arriva per primo - gridò Xam iniziando a correre.

      Zàira si precipitò all’inseguimento, cercando in tutti i modi di fermarlo, ma Xam preso dalla corsa non la sentì.

      Riuscì a placcarlo solo sulla cima del costone.

      Xam, disteso a terra a faccia in giù, stupito, si voltò verso di lei:

      - Perché mi sei saltata addosso?

      - Non hai notato niente? - disse Zàira indicando con il dito - Ti ci volevi tuffare dentro?

      - Wow, avevi ragione, è incredibile!

      Davanti agli occhi di Xam si presentò un panorama fantastico, un grande canyon si apriva innanzi a loro.

      Non era molto largo, ma non si riusciva a vederne il fondo. I fianchi apparivano con delle sfumature orizzontali brillanti, il colore vicino alla sommità era chiaro e dorato come la sabbia, più si guardava verso il basso più il colore sfumava avvicinandosi al rosso granata. Era diviso in due zone: una, più lontana da loro, piena di gruppi di cristallo di ametista che riflettevano il colore della roccia, l’altra piena di grandissimi fiori a calice dentro i quali ci si sarebbe potuti sdraiare comodamente in due. I calici si muovevano instancabilmente come un mantice per permettere alla pianta di incamerare una maggiore disponibilità di ossigeno, dando vita ad un danzante effetto scenografico.

      Xam, stranamente, sentiva il suo corpo più leggero del solito, guardava meravigliato, tutta quella strada gli aveva fatto venire fame.

      - Bene, veramente un bel posto per fare uno spuntino, spero che nel tuo zaino ci sia qualcosa di buono.

      - Pensi sempre a mangiare - sorrise Zàira che

      tirò fuori dallo zaino una fune, si sedette a terra, si tolse gli scarponi e li legò ad alcuni arbusti, dopodiché si avvicinò al canyon.

      Xam non si rendeva conto di cosa la sua amica stesse combinando.

      Non ebbe il tempo di domandarglielo che vide Zàira lanciarsi nel vuoto. Il terrore lo assalì e corse sull’orlo del precipizio per vedere che fine avesse fatto.

      Si sporse dal costone e vide Zàira ridere e svolazzare.

      In quell’istante avrebbe voluto ucciderla per la paura che gli aveva procurato, ma allo stesso tempo si sentì sollevato e felice di vederla.

      Zàira si avvicinò velocemente al bordo e atterrò vicino Xam.

      - Ma cosa ti è saltato in mente? Pensavo ti fossi spiaccicata sulle rocce. Potevi avvertirmi! - disse un po’ stizzito.

      - Se te lo avessi detto mi sarei persa la tua espressione, avresti dovuto vederti! - rise divertita.

      - Brava! - rispose ironicamente Xam sentendosi preso in giro.

      - Scusami, non volevo spaventarti - aggiunse Zàira rendendosi conto che forse aveva esagerato.

       - Lascia stare, piuttosto cosa ci fai con quelle bombolette d’aria in mano?

      Domandò Xam sorridendo, pensando a come non riuscisse