Название | Riflessioni Ironiche Di Un Moderno Migrante Italiano |
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Автор произведения | Massimo Longo E Maria Grazia Gullo |
Жанр | Юмор: прочее |
Серия | |
Издательство | Юмор: прочее |
Год выпуска | 0 |
isbn | 9788835417286 |
Non mi permetterei mai di dire che molti Comuni della Sicilia fanno di tutto per evitare che l'acqua arrivi nelle case in modo continuativo, costringendo le persone a costruire vasche e autoclavi!
Eppure, il Comune era riuscito a finanziare un campo da hockey senza nessun controllo dello Stato centrale: “Evviva l’autonomia degli enti locali”.
Ci sarebbe da discutere su quale utilità questa autonomia abbia portato negli anni al nostro Paese.
Tutto questo sembrava un record sino a quandoooo, rulli di tamburi, dopo aver costruito un ospedale completamente nuovo e all'avanguardia e averci trasferito il vecchio lo abbandonarono appena qualche anno dopo alla fase tre, lasciando la popolazione in balia di un X-FILE a cui nemmeno Skally e Murder avrebbero potuto dare una spiegazione.
Mia moglie, leggendo la parola avanguardia, mi ha fatto notare che forse proprio all'avanguardia l'ospedale non era, visto che mia cognata ci raccontò questo agghiacciante avvenimento: la malcapitata, dopo aver partorito la sua seconda figlia, piena di punti per il parto cesareo, veniva trasportata sulla barella per i corridoi dell’ospedale, portandola dalla sala operatoria a destinazione, la camera. Improvvisamente arrivarono ad un punto cieco, davanti a loro solamente un grande finestrone. Ancora stordita dall’anestesia non riusciva a capire perché gli infermieri si affaccendassero attorno all'enorme finestrone, quando lo capì fu troppo tardi, si vide trasferire da una barella ad un'altra attraverso quel grande foro nel muro.
Gli infermieri, alla richiesta di spiegazioni, la informarono di come il progetto della costruzione fosse sbagliato e mancasse un passaggio dalla sala operatoria alle camere dei pazienti.
Nessuna delle istituzioni centrali si interessò a questi sprechi finendo così come normalità nella fossa del "così vanno le cose", nonostante un servizio del telegiornale satirico più famoso lo dichiarò tra i Comuni con più opere incompiute d'Italia
Strano come qualcuno ancora si domandi dove vanno a finire i soldi delle nostre tasse.
Il fastidio è irritante, nel sentire certe frasi di alcuni politici, che quando gli vengono poste queste questioni, come le pensioni d’oro, il costo al km dell’autostrada, il costo dei vitalizi, le costruzioni inutili o abbandonate ecc. ecc. si esprimono in questo modo:
“Sì, ma vede, questi sono fatti etici, di principio, le dico onestamente, portano pochi soldi alle casse dello Stato, non fanno la differenza. Dalle pensioni d’oro, per farle un esempio, si ricaverebbero solamente 200 milioni di euro”.
“SOLAMENTE!”
Proverò ad improvvisare un dialogo teorico, tra l’uomo della strada e padre di famiglia che deve far quadrare i conti e il politico di turno. Il primo risponderebbe:
“Intanto 200 milioni di euro non sono pochi, paragoniamoli solo al budget con cui lo Stato finanzia le disabilità e poi 200 di qua, 300 da là e via così, si volatilizzano i miliardi e comunque anche fossero 2 euro andrebbero tagliati prima delle pensioni o dell’assistenza ai disabili, partiamo da là poi, se non bastano, saremo tutti felici di fare qualche sacrificio”.
È però pronta la risposta: “Si, ma per fare le leggi ci vuole troppo tempo, ci sono le lungaggini parlamentari ecc. ecc.”
Contro risposta:
“Saranno lunghe ma la riforma Fornero della pensione l’avete fatta in due settimane”.
Lasciamo perdere questo dialogo che nella vita reale finirebbe con la lapidazione del secondo e torniamo a cose più frivole.
Torniamo al tennis, noi riuscivamo a trasformare i normali sport, in sport estremi. Ad esempio, avevamo aggiunto al tennis i piegamenti, infatti, in un momento di impasse, ci balenò in mente un'idea. Chi avesse rotto il palleggio, avrebbe dovuto fare, per penitenza, dieci piegamenti a terra, trasformando la partita in un massacro dove alla fine non si beccava una palla. Non che all’inizio si scambiasse alla "meckie in ro"(l'ho scritto così come l'ho sempre sentito).
Oppure, per citarne un altro, fare fuoristrada, sì, ma con il motorino Ciao.
Comunque, senza soldi e telefonini, ci si divertiva un sacco.
Capitolo terzo
“Erano finiti i bei tempi”
Erano finiti i bei tempi, le giornate in cui nel quartiere da ragazzino mi bastava scendere le scale di casa, dopo che il mio caro compagno di infanzia Giovanni aveva suonato il campanello, e con un semplice bastone di legno andavamo a lottare come Jedi contro i fiori spinosi con la cresta viola, che dalle nostre parti diventano altissimi, mozzandogli le teste. O le infinite partite sotto il sole cocente, con le scarpine buone eleganti da scuola, che distruggevo in un attimo per la disperazione di mia madre.
Oppure alle bellissime calie (da noi si chiama così quando marini la scuola) in cui andavamo direttamente al mare a fare il bagno in pieno giugno tuffandoci sotto le onde.
La prima calia al mare, causa la mia inesperienza, non andò bene. Mia madre appena misi il primo piede in casa mi chiese se fossi andato a scuola: “Certo torno dà la proprio adesso”, le risposi.
Con voce suadente e tenebrosa mi disse:
” Va bene, vieni, vieni, avvicinati”.
Mi avvicinai, lei con la dolcezza ineguagliabile di una mamma mi baciò su una guancia.
In verità, mi leccò leggermente la faccia.
Il suo viso si scurì, indubbiamente sapevo di sale.
Mi puntò il dito contro e sentenziò:
“Sei andato al mare!”
Io negai ma non potei sottrarmi a qualche cinghiata.
Qua tutti i perbenisti diranno: ”La violenza, le cinghiate, gli schiaffi, o no, orrore” invece io non lo ricordo assolutamente come un trauma e non ho nessun risentimento nei confronti di mia madre. Penso, mettendomi nei suoi panni, quale problema fosse mettere un limite alle mie monellerie valutando il fatto che ero già più grosso di lei. Difficile sculacciarmi, così un rimedio doveva trovarlo, penso senza esagerare che “quannu ci volunu su megghiu du pani” tradotto “quando ci vogliono sono meglio del pane”.
Questo non mi convinse a non fare più calie al mare, solamente a farmi più furbo. Infatti, prima di tornare a casa, ci fermavamo alla fontanella del paese e, tolta la maglietta, ci lavavamo dal bacino in su.
Effettivamente ero una peste, qualche giorno prima mi stavo arrampicando sulla cima di un albero alto venti metri quando sentii la sua voce chiamarmi:
” MASSIMO, SCENDI! “
Mi girai e la vidi gridare dal balcone facendo tutti i segni possibili:
“SCENDI, TI AMMAZZERAI!”.
Scesi senza ammazzarmi. Senza dargli tregua nei giorni seguenti, trascinai anche la mia sorellina nella calia che anche quella volta scoprì.
Mi stupisco ancora a pensarci come in soli trent’anni possa essere cambiato radicalmente il modo di divertirsi dei bambini e dei ragazzi, non che uno sia migliore