Parvenze e sembianze. Albertazzi Adolfo

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Название Parvenze e sembianze
Автор произведения Albertazzi Adolfo
Жанр Документальная литература
Серия
Издательство Документальная литература
Год выпуска 0
isbn 4064066087333



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Pierina Legnani:

      Bruna sei tu ma il bruno il bel non toglie;

      dovette anche recare certa consolazione piegare a soavi atti donne come Costanza Cospi,

      Un sí bel viso, un cuor di tigre e d'orsa!;

      Aurelia Marsili,

      Beltà ch'asconde un cuor ritroso e schivo;

      Laura dall'Armi,

      Mirata de ciascun passa e non mira,

      e la contessa Bianchi

      Campeggiar d'occhi e fulgorar di sguardi;

      né dovettero spiacere le carezze di Ginevra Isolani

      Oh bella man che mi trafigge il cuore!;

      ma quale de' gentiluomini bolognesi non avrebbe ceduto magari l'amore di tutte per [pg!33] l'amore della sola Bianca Bentivogli Barbazza

      Alli spirti celesti in vista eguale —?23

      Dicono che Bianca Cappello ebbe i capelli biondi e gli occhi neri (io non ricordo la tela in cui la ritrasse il Bronzino); il poeta Rinaldi pareva ammirare in Pellegrina Bonaventura il candore della carnagione nel lume dei neri occhi e nel riflesso dei capelli neri; a Bianca Barbazza, rassomigliante in questo alla madre piú che alla nonna, fu pure attribuita la vivacità del “nero e del bianco„ in altra serie di “motti„, parte satirici e parte laudatori. Eccone alcuni:

      Piombino da muratore — Virginia Ricordati Maranini

      Il zibellino — Dorotea Albanesa Bulgarini

      La mula del papa — N. Simoni Peppia

      Il guardo soave — Diana Barbieri Rinieri

      Il parapetto — Caterina Caccialupi Alamandini

      La Ninfa — Livia Rossi Fantuzzi

      La modesta — Camilla Beri Bandini

      La tramontana — Camilla Orsi Leoni

      La buona — Camilla Orsi Ghisellieri

      La favorita — Doratrice Oro Gambari

      La matrona — Silvia Orsi Sampieri

      [pg!34]

      La pensosa — Valeria Lambertini Guidotti

      La buona notte — Claudia Fantuzzi Paltroni

      Il delfino, La cassa di noce — Camilla Fantuzzi Bandini

      Il buondí — Clementina Orsi Ercolani

      Il falcone — Orsina Foscherari Favi

      L'Armida, Il Giardino d'Amore — Lodovica Amorini Campeggi

      La parlatrice — Olimpia Guerrini Ghiselli

      La splendida — Ippolita Campagni Ghiezzi

      Il bianco et il nero — Bianca Bentivogli Barbazzi24.

      Ma le sembianze di Bianca Bentivogli meritaron ben altro che l'insulsa indeterminatezza di questi attributi! Ella, “sole di beltà„, come la chiamò il Malvasia nella Felsina pittrice, per arte di Guido Reni si rivide immortale in figura d'una Cleopatra che Andrea Barbazza acquistò, non so l'anno, e Antonio Bruni credette di rendere in rima:

      .... Non sembra in tela espressa,

      Perché il pittor l'avviva, amor l'ancide;

      Le dà spirto il pennel, l'angue l'uccide25.

      Cosí dunque, con lieve sforzo di fantasia, possiamo imaginare Bianca nell'effusione di tutto il giovanile splendore a quella festa che né pure un anno dopo le sue nozze, al carnevale [pg!35] del 1615, fu data nel palazzo del Podestà, e che per magnificenza d'apparati e vestiari e novità d'invenzione e per la nobiltà dei cavalieri che vi tornearono — con essi anche il Barbazza e il fratello di Bianca Alessandro — parve meravigliosa e degna d'imperituro ricordo26.

      Ne era venuta l'idea a parecchi gentiluomini i quali avendo ricercato una sera, come solevano di frequente per passare le ore, “qual fosse la piú espedita via d'acquistare la grazia dell'amata donna„, né essendo riusciuti ad accordarsi sulle varie proposte, avevan risoluto di rimettersene al giudizio delle armi. Detto, fatto; e per l'operosità in ispecie di Gabriele Guidotti, che inventò favola e macchine, curò l'allestimento del teatro e instruí i cavalieri, il 2 marzo a un'ora di notte tutta l'eletta società di Bologna poté convenire all'atteso divertimento.

      Tre ordini di gradini e tre ordini di logge accolsero gli spettatori: nei gradi a mezzodí le dame; di fronte a loro il cardinal legato Capponi e i magistrati; a destra e [pg!36] a sinistra i cavalieri. Nella scena dell'azione s'ergeva un tempio dorico circondato d'alberi; nell'alto, al principio, s'aprí una nube e apparve Giove in mezzo agli dei; e a lui Venere, con a lato il figliuolo cui accennava, chiese licenza di scendere in terra per soccorso e consiglio delle misere donne. Giove, manco a dirlo, assentí, e la nuvola si rinchiuse. Ed ecco uscire dal tempio un coro di sacerdoti, i quali si disponevano a sacrificare alla dea un leone un capro e un drago, quando a suono d'una musica sí dolce che — asserisce uno il quale l'udí, non io — “tutti gli spettatori sembrava ardessero del soavissimo fuoco d'Amore„, comparvero Venere e il figlio e l'amico di casa, Marte. Amore liberò le belve dall'imminente sacrificio:

      E questo altar or sia — disse

      Il tribunale ove porrò la seggia

      Per giudicar de' cori

      Quali sian di pene e premi

      Meritevoli ardori.

      Un Amorino venne a querelarsi al picciolo Iddio di certa giovinetta che aveva [pg!37] abbandonato l'amante suo, ma poiché Venere difese la colpevole e poiché Marte, il quale aveva ragioni sue proprie di contraddizione alla dea, sostenne il cavaliere amante, bisognò trovare la fine del contrasto in particolari certami e in un generale torneo. Veramente ci fu ad intermezzo la comparsa della Gelosia in forma di larva orrenda con uno stuolo di “mostri neri ignudi alati„ e “con uno strepito di anime perdute„ in una voragine di fuoco; ma come la femmina maligna non riuscí a “mettere contagio nell'anima degli spettatori„ — asserisce uno spettatore, non io — posso risparmiarne la descrizione.

      E siamo cosí al meglio dello spettacolo. Arrivano due tamburini, ventiquattro paggi con scudi, e sei staffieri con due azze, due picche e due mazze; e dietro loro i cavalieri padrini del mantenitore, Francesco Cospi e Giovan Gabriello Guidotti; poi infine il mantenitore di Venere, Alessandro Bentivoglio, “vestito di morello e d'argento; calza intiera con tagli di cordelle d'argento, foderate di tela d'argento e morella, e strascinandosi [pg!38] dietro lunghissimo manto di seta morella, ricamato di fiori d'argento e di vari colori, tempestato di grosse gemme e perle, con cimiero altissimo di piume in pomposa mostra„. Di contro a lui, in una pianura, sorge uno scoglio con sópravi una donna — la Terra! —, che esorta le donne ad amare e cantare le lodi di Amore e quindi se ne va, mentre giunge una testuggine (qualcosa come il cigno wagneriano) recando con i loro padrini i due cavalieri Florimanno e Ribano — Alessio e Giovanni Orsi —, i quali vengono a sostenere “che la virtú non è compagna d'Amore„. Ma mal per essi, giacché Candauro, ossia il Bentivoglio, li abbatte entrambi. E sparisce la scena e apparisce il mare in cui s'eleva Proteo a dire anche lui non so quali belle parole: indi due altri cavalieri arrivano per farsi vincere dal cavaliere di Venere. Seguono due altri condotti da Iride, dei quali pure avviene l'abbattimento, e poi....

      “... udissi un rimbombo.... et il cielo incominciò a rosseggiare, e balenando e fiammeggiando in guisa che parea che egli [pg!39] veramente ardesse, e a poco a poco radunandosi tutte quelle fiamme in globi, formarono come nuvola di fiamme in mezzo della quale udivasi la voce di persona, che rassomigliava il Fuoco, e cosí diceva de' suoi cavalieri:

      E questi miei di vive fiamme ardenti,

      Fiamme,