Название | Jessica Ek |
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Автор произведения | Giovanni Haas |
Жанр | Триллеры |
Серия | |
Издательство | Триллеры |
Год выпуска | 0 |
isbn | 9788835406846 |
«Sì, mio marito Marco è morto due anni fa; la domenica di solito mi viene a trovare Matteo, ma ora è preso da un caso molto importante e domenica scorsa non è potuto venire. Sinceramente, dopo la telefonata di questa mattina, non sono sicura che passerà neppure la prossima: era sconvolto dalla notizia che lei gli ha dato. Il suo intervento ha messo me in una situazione difficile, Jessica.»
«Sono davvero dispiaciuta di averle procurato questi problemi, non era certo mia intenzione sciupare l’armonia della vostra famiglia e, a dire il vero, mi sono resa conto da sola di non possedere la fermezza d’animo necessaria a comunicare qualcosa di così delicato a Matteo. Mi sono sentita come il classico elefante nella cristalleria, stamattina, mi scuserò con Matteo ma … come si fa a essere preparati a una cosa simile? Lui è mio fratello e non lo vedo da decenni, si metta nei miei panni: davvero pensa che avrei fatto meglio a sparire e a rinunciare per sempre a lui?»
Le due restano in silenzio; sono sedute sul divano e sulla poltrona di pelle scura, gli unici pezzi dell'arredo che mostrano il segno degli anni, mentre il resto del mobilio è in legno lavorato in stile classico. L'unica cosa moderna è il televisore a schermo piatto, appoggiato su una credenza con accanto due fotografie con la cornice d'argento: una di Matteo e l'altra probabilmente del marito.
«No» dice infine la donna, «ma io sono stata sua madre e continuo a volerlo proteggere come quando era piccolo, anche se ora è un uomo e… ha tutto il diritto di conoscere la storia della sua famiglia di origine, qualsiasi essa sia.
Confortata da quelle parole, Jessica alza lo sguardo e si accorge che la signora Balestra la sta esaminando.
«Gli assomigli molto» le dice l'anziana, quasi a scusarsi.
«A Matteo?»
«Sì, hai i suoi lineamenti, quelli che noi non potevamo avere. Eppure, c’è sempre stato chi diceva: “ha gli occhi di suo padre” o “ride proprio come te, Elisa”.»
Jessica sorride con dolcezza.
«Io… Ho scoperto solo una settimana fa di avere dei fratelli, ed è stato uno shock dal quale devo ancora riprendermi. Quando sono riuscita a trovare Matteo, ho voluto conoscerlo subito, senza pensare alle conseguenze.» Jessica sospira e scuote la testa. «Speravo che sarebbe stato felice di conoscermi, invece mi ha praticamente buttato fuori di casa, e forse non mi vorrà più vedere.»
«Oh, questo non me lo ha detto. E perché mai?»
«Sono stata troppo brusca, ma non ho davvero saputo fare di meglio, mi creda. Credo che non mi abbia creduto. Che abbia pensato che io fossi una ciarlatana, una sorta di truffatrice, non so.» Jessica preferisce non raccontare della premonizione di Matteo.
«Lo posso capire, è tutto così incredibile. Poche ore fa ho scoperto che Matteo ha una sorella e ora che ha anche un fratello, per giunta gemello. E tu come l'hai saputo?»
Jessica normalmente non racconta di essere in grado di leggere il pensiero, per evitare di spaventare la gente o di essere presa per una squilibrata; Elisa, però, si è già confrontata con le capacità sensitive di Matteo, e Jessica si sente libera di raccontarle di cosa è capace, in modo che possa capire meglio la sua storia.
«Quando sono andata a parlare con mia madre, non voleva raccontarmi dei miei fratelli, si vergognava. Ma il suo pensiero è stato così forte che non poteva sfuggirmi, e ho rivisto la sua sofferenza nel doversi staccare da loro e gli sforzi che ha fatto negli anni per tornare sulle loro tracce.»
Elisa le prende una mano. «Jessica, mi devi perdonare. Sono stata un’egoista poco fa. La mia reazione è stata quella della madre protettiva e spaventata e… »
«E perché mai?»
«Quando hai suonato il campanello e ho aperto la porta, ti ho vista come qualcuno che voleva portarsi via il mio Matteo, non avevo capito quanto fosse importante per te ritrovare quella parte di famiglia che non hai mai conosciuto.»
«Non voglio portarle via suo figlio.»
«Certo, l’ho capito e ho intenzione di aiutarvi a trovare vostro fratello. Dimmi, cosa posso fare?»
«Vede, Elisa…»
«Ti prego, dammi del tu.»
«Ti ringrazio. Purtroppo, non so neanch'io come fare a trovare Ronaldo.»
«Ronaldo?» Elisa spalanca gli occhi.
«Sì, Ronaldo. Ti dice qualcosa?»
La donna sembra terribilmente confusa.
«Elisa?»
«Non ci avevano detto che fosse suo fratello.»
«Chi non ve lo aveva detto?» Jessica sbarra gli occhi.
«Quando, dopo tanti mesi di attesa, dall'orfanotrofio ci confermarono che la nostra candidatura come genitori adottivi era stata accettata e che c'era un bambino che corrispondeva a quanto da noi desiderato – richieste che si limitavano al sesso e all'età – ci dissero anche che si chiamava Ronaldo.»
«Quindi è come speravo io, erano nello stesso istituto! È per questo che sono venuta qui, ho bisogno del nome di quell'orfanotrofio.»
«Istituto Santa Margherita, vicino a Frosinone, ma temo che purtroppo non ti servirà a nulla.»
Jessica perde il sorriso.
«Cosa vuoi dire?»
«Ci vollero circa due mesi prima di ricevere il via libera per andare a conoscerlo. Avremmo dovuto passare alcuni fine settimana con lui per avere il definitivo benestare all’adozione. Noi naturalmente avevamo già preparato la sua cameretta e sulla porta c'era il suo nome, che mia madre aveva ricamato con delle letterine nei colori dell'arcobaleno. Tutto era pronto, i nostri più cari amici e parenti erano preparati a dare il benvenuto a Ronaldo, ma...»
«Cosa accadde poi?»
«Beh, arrivati all'orfanotrofio per la prima visita, la direttrice ci accolse sul portone d'entrata. Io mi aspettavo che avesse Ronaldo accanto a sé e che fosse circondata da altri bambini, invece era sola. Si capiva che non era serena e aveva un'aria molto stanca. Quando ci diede la mano per salutarci, notai che indossava dei guanti di cotone bianco, come quelli di un autista di limousine. Un'altra cosa che mi colpì fu come teneva sempre una certa distanza da noi, più di quanto facciano normalmente le persone che stanno parlando. Non mi era sembrato un atteggiamento adatto a chi si doveva occupare di bambini. Ci invitò ad accomodarci nel suo ufficio, e lì il suo viso si fece ancora più serio di quanto lo era stato sino a quel momento. Marco le chiese di Ronaldo…»
Jessica può sentire chiaramente le forti sensazioni che stanno riemergendo in Elisa, il volto della direttrice è ormai sfocato, ma è in grado di vivere quei momenti come se quei ricordi fossero suoi.
«Signori Balestra, purtroppo devo darvi una brutta notizia.»
«Quale notizia, dov'è Ronaldo?» domandò Marco.
«Due giorni fa si è sentito male, ha avuto la febbre molto alta, noi pensavamo che fosse influenza.» La direttrice fece un bel respiro, turbata. «Ieri sera, invece, è peggiorato e lo abbiamo portato in ospedale.»
«Ma… ma…» A Elisa non uscirono le parole.
«I medici dicono che è meningite.»
«Meningite?» ripeté Marco.
Elisa collegò i guanti e la distanza che aveva tenuto fino a quel momento la donna.
«Ieri sono venuti dei medici e hanno messo in osservazione tutta la nostra struttura. Qui abbiamo diciassette bambini, la cuoca e due educatori, siamo in troppi per essere ospitati in ospedale. Ora sono tutti nelle loro stanze e ci sono due infermiere che ci tengono sotto controllo.»
«Ronaldo