Название | Una Trappola per Zero |
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Автор произведения | Джек Марс |
Жанр | Шпионские детективы |
Серия | |
Издательство | Шпионские детективы |
Год выпуска | 0 |
isbn | 9781094304748 |
Non ricevette risposta. La linea squillò quattro volte prima di passare alla segreteria telefonica. Non lasciò un messaggio. Non sapeva cosa dire.
Finalmente l'aereo arrivò e una processione di passeggeri a passo veloce si avviò lungo il corridoio, superando i cancelli e il controllo di sicurezza e portandosi tra le braccia dei propri cari che li attendevano oppure al punto di ritiro bagagli.
Strickland lo vide per primo. L'agente Todd Strickland era giovane, ventisette anni, con un taglio in stile militare e un collo largo. Camminava con una leggera spavalderia che era in qualche modo accessibile ma autoritaria allo stesso tempo. Ancora più importante, Strickland non sembrava affatto sorpreso di vedere Reid; senza dubbio la CIA gli aveva detto che Kent Steele era stato rilasciato. Fece un semplice cenno a Reid mentre accompagnava le due ragazze alla lunga passerella.
Sembrava che Strickland non avesse detto a nessuna delle sue figlie che sarebbe stato lì al loro arrivo, e per questo Reid gli era grato. Maya lo vide subito dopo, e sebbene le sue gambe continuassero a muoversi, la sua mascella le cadde per lo stupore. Sara batté le palpebre due volte, poi le sue labbra si spalancarono in un sorriso sinceramente euforico. Nonostante il suo braccio fosse ingessato - si era rotta il braccio dopo essersi lanciata da un treno in movimento - corse da lui. "Papà!"
Reid si piegò su un ginocchio e la abbracciò forte. Maya si avvicinò subito dopo la sorella, e tutti e tre si abbracciarono a lungo.
"Come è possibile?" Maya gli sussurrò piano nell'orecchio. Entrambe le ragazze avevano molte ragioni di credere che non avrebbero rivisto il padre per molto tempo.
"Ne parliamo più tardi", promise Reid. Poi si alzò rivolgendosi a Strickland. "Grazie per averle riportate a casa sane e salve".
Strickland annuì e strinse la mano di Reid. "Ho semplicemente mantenuto la mia parola". Nell'Europa dell'Est, Strickland e Reid avevano raggiunto una forma di comprensione reciproca e il giovane agente aveva fatto la promessa di proteggere le due ragazze, indipendentemente dal fatto che Reid fosse presente o meno. "Credo di poter andare", disse loro. "Voi due state bene". Sorrise alle ragazze e si allontanò dalla famiglia riunita.
Il viaggio verso casa fu breve, durò solo mezz'ora, e Sara lo rese ancora più breve intrattenendolo con un insolito chiacchiericcio. Gli disse quanto bene l'agente Strickland le avesse trattate e come i dottori in Polonia le avevano permesso di scegliere il colore della sua benda al braccio, ma che aveva scelto comunque il classico beige in modo da poterlo colorare da sola con dei pennarelli. Maya sedeva silenziosa sul sedile del passeggero, lanciando di tanto in tanto un'occhiata alla sua sorellina e sorridendo brevemente.
Poi arrivarono a casa loro ad Alessandria, e fu come se la porta d'ingresso avesse assorbito qualsiasi pensiero allegro o gioioso. L'umore cambiò in un secondo; l'ultima volta che erano entrati nell'atrio c'era un uomo morto che giaceva proprio di fronte alla cucina. Dave Thompson, il loro vicino, era un agente della CIA in pensione che era stato ucciso dall'assassino che aveva rapito Maya e Sara.
Nessuno parlò mentre Reid chiudeva la porta e digitava il codice per disattivare il sistema di allarme. Le ragazze sembravano esitanti ad entrare in casa.
"Va tutto bene", disse Raid piano, e sebbene lui stesso quasi non ci credesse, fece strada verso la cucina per dimostrare che non c'era nulla di cui avere paura. La squadra di pulizia della scena del crimine aveva svolto un lavoro minuzioso, ma era evidente dal forte odore di ammoniaca e dal pulito immacolato tra le piastrelle che qualcuno era stato lì da poco, per rimuovere il sangue ed eliminare ogni traccia del fatto che in quel luogo si fosse verificato un omicidio.
"Qualcuno ha fame?" Chiese Reid, cercando di sembrare sereno ma risultando piuttosto teatrale.
"No", disse Maya piano. Sara scosse la testa.
“Okay”. Il silenzio che seguì fu palpabile, come un palloncino invisibile che si gonfiava sempre di più tra di loro. “Bene”, disse infine Reid, sperando di farlo scoppiare, “Non so voi, ma io sono sfinito. Penso che dovremmo riposarci".
Le ragazze annuirono di nuovo. Reid baciò Sara in fronte e lei si trascinò su per le scale fino a camera sua, camminando radente al muro, sebbene non ci fosse nulla che bloccasse il percorso.
Maya rimase in attesa in silenzio, ascoltando attentamente i passi di sua sorella sulle scale finché non ebbe raggiunto il piano di sopra. Si tolse le scarpe e poi chiese all'improvviso: "È morto?"
Reid batté le palpebre due volte. "Chi è morto?"
Maya non alzò lo sguardo. “L'uomo che ci ha preso. Quello che ha ucciso il signor Thompson. "Rais".
"Sì", disse Reid piano.
"L'hai ucciso tu?" Il suo sguardo era sostenuto, ma non arrabbiato. Voleva la verità, non un'altra copertura o un'altra bugia.
"Sì", ammise dopo un istante.
"Bene", disse in un sussurro.
"Ti ha detto il suo nome?" Chiese Reid.
Maya annuì e poi lo guardò senza batter ciglio. “C'era un altro nome che voleva che io conoscessi. Kent Steele".
Reid chiuse gli occhi e sospirò. In qualche modo Rais continuava a tormentarlo, anche dalla tomba. "Ora è tutto finito".
"Lo giuri?" Sollevò entrambe le sopracciglia, sperando che fosse sincero.
"Sì. Te lo giuro".
Maya annuì. Reid sapeva fin troppo bene che non sarebbe finita lì; era troppo intelligente e curiosa per farsi andar bene una bugia. Ma per il momento, le sue risposte sembravano soddisfarla e quindi salì le scale.
Odiava mentire alle sue figlie. Odiava ancora di più mentire a se stesso. Non aveva finito con il lavoro sul campo, forse aveva finito con il lavoro retribuito sul campo, ma avrebbe avuto ancora molto da fare se gli fosse riaffiorata alla memoria la cospirazione che aveva appena iniziato a ricordare. Non aveva scelta; finché sapeva qualcosa, era ancora in pericolo. Le sue ragazze potevano essere ancora in pericolo.
Desiderò per un attimo di non sapere nulla, di poter dimenticare ciò che sapeva sull'agenzia, sulle cospirazioni e di essere solo un professore universitario e un padre per le sue figlie.
Ma non puoi. Quindi devi fare il contrario.
Non aveva bisogno di meno ricordi; ci aveva provato prima e non aveva mai funzionato. Aveva bisogno di più ricordi. Più riusciva a ricordare ciò che sapeva due anni fa, meno fatica avrebbe dovuto fare per scoprire la verità. E forse non avrebbe dovuto preoccuparsi a lungo.
In piedi in cucina, a pochi passi dal luogo in cui Thompson era stato ucciso, Reid prese la sua decisione. Avrebbe trovato la vecchia lettera di Alan Reidigger e il nome del neurologo svizzero che aveva impiantato il soppressore della memoria nella sua testa.
CAPITOLO UNO
Abdallah bin Mohammed era morto.
Il corpo del vecchio giaceva su una lastra di granito nel cortile del complesso, un gruppo murato di strutture beige squadrate situato a circa cinquanta miglia a ovest di Albaghdadi nel deserto dell'Iraq. Era lì che la Fratellanza era sopravvissuta all'espulsione da Hamas, nonché al controllo delle forze americane durante l'occupazione e alla successiva democratizzazione del paese. Per chiunque al di fuori della Fratellanza, il complesso era semplicemente una comunità di sciiti ortodossi; incursioni e ispezioni forzate della proprietà non avevano portato nulla alla luce. I loro rifugi erano ben nascosti.
Il vecchio aveva vissuto personalmente la loro sopravvivenza, dedicando la vita al servizio della sua ideologia. Ma ora Bin Mohammed era morto.
Awad stava fermo accanto alla