Название | Il Sorriso Perfetto |
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Автор произведения | Блейк Пирс |
Жанр | Зарубежные детективы |
Серия | |
Издательство | Зарубежные детективы |
Год выпуска | 0 |
isbn | 9781094310718 |
“Ma,” intervenne Jessie, finalmente pronta a tirare fuori il suo asso nella manica, “non è realmente peggio dello stato attuale. Ormai da quasi due settimane sono stata sotto protezione. Ma nessuno ha scoperto nulla sugli uomini che mi danno la caccia, che possa cambiare tale stato attuale. La cosa sta diventando un costo per la città, per il Dipartimento di Polizia di Los Angeles e per il Servizio Federale, senza nessun risultato in vista. Per il modo in cui stanno andando le cose, potrei davvero trovarmi a dover assumere una nuova identità… per la seconda volta in vita mia!”
“Noi non la vediamo…” iniziò Murph.
“La prego di lasciarmi finire, agente,” lo interruppe Jessie, la sua voce ora priva di ogni traccia di sarcasmo o impertinenza. “Questa cosa deve finire. Faccio incubi ogni notte dove i miei protettori vengono assassinati. Salto per ogni rumore inaspettato e mi irrigidisco per ogni movimento improvviso. Sono una prigioniera in quella casa, anche se non ho fatto niente di sbagliato. Non è così che voglio vivere. Preferisco tentare di catturare questi uomini e finire morta, piuttosto che passare il resto dei miei giorni vivendo nella paura. Ho le abilità e le conoscenze per trovarli entrambi. Permettetemi di fare buon uso delle mie competenze. Non è una richiesta irragionevole.”
Decker e Murph si scambiarono un’occhiata. Dopo quella che parve un’eternità, l’agente federale parlò.
“Ne discuterò con Corcoran,” disse, poi aggiunse: “se accetterà certi termini.”
“Quali termini?” chiese Jessie, anche se era disposta ad accettare praticamente tutto a questo punto.
“La sua squadra di protezione rimane con lei tutto il tempo, nessun tentativo di seminarla. Lei continua a passare le notti nella casa messa in sicurezza. Lei accetta tutte le precauzioni di sicurezza sul campo, anche le manovre evasive che potrebbe considerare eccessive. Lei si sottopone al giudizio dei federali in qualsiasi scenario, indipendentemente da quanto eccessivamente cauta lei reputi la cosa. Se le diciamo di andarsene, lei se ne va, senza obiezioni. Può accettare questi termini, signorina Hunt?”
“Sì,” rispose lei senza esitazione, che accettasse realmente di aderirvi o meno.
“Allora, in attesa di autorizzazione da parte del mio superiore, potete procedere.”
Jessie guardò Decker, che pareva essere impegnato a contenere un sorriso.
“Vuole conoscere il suo collega temporaneo?” le chiese.
CAPITOLO QUATTRO
Jessie non era impressionata.
L’agente dell’FBI prestato al dipartimento per il caso di accoltellamento assomigliava a un vecchio giocatore di baseball chiamato a giocare perché tutti i migliori erano infortunati. Mentre gli andava incontro per presentarsi, Jessie notò che l’uomo, che sembrava essere – anno più anno meno – sulla quarantina, aveva una pancia piuttosto prominente per essere un agente dell’FBI.
Oltre a questo, i capelli erano lunghi e spettinati, e quasi del tutto grigi. Il volto segnato e l’odore di mare suggerivano che passasse più tempo a fare surf che a lavorare su un caso. Il soprabito che indossava aveva il colletto liso e il nodo della cravatta appariva allentato. E anche se era soltanto mattina, aveva già accumulato un’impressionante gamma di macchie di cibo sui pantaloni stropicciati.
“Jack Dolan,” disse, porgendole la mano mentre si avvicinava, ma senza aggiungere alcuna altra forma di saluto.
“Jessie Hunt,” disse lei, cercando di non sussultare per la sua stretta salda e forte.
“Ah sì, la famosa profiler forense, barra figlia di un serial killer, barra donna che sussurra agli psicopatici, che si nasconde dagli uomini che colpiscono di notte.”
“È quello che c’è scritto sul mio biglietto da visita,” rispose Jessie con tono acido, non proprio allietata dai presupposti che quel tizio stava elencando così su due piedi.
“Agente Dolan,” si intromise Decker, interrompendo il gelido scambio, “dato che il caso di accoltellamento di Studio City ha diverse potenziali caratteristiche tipiche sia di Xander Thurman che di Bolton Crutchfield, abbiamo deciso che la signorina Hunt debba unirsi a lei per valutare se ci sia la probabilità che uno di loro possa essere il responsabile.”
Dolan guardò Decker, poi Jessie e infine Murph.
“Quindi,” chiese, apparentemente confuso. “Ora sono io a farle da baby sitter? O facciamo a gara per chi arriva per primo?”
Jessie aprì la bocca, incerta su cosa poter dire senza dover ricorrere a delle parolacce. Ma prima che potesse anche solo dire una parola, Decker rispose.
“La consideri la sua collega per la durata del caso. Scommetto che lei coprirebbe le spalle di un collega, giusto, agente Dolan? Questo non è un caso diverso.”
Dolan trattenne la lingua. Con la coda dell’occhio, Jessie vide Murph che sopprimeva un sorriso. Si rivolse allora a Decker.
“Posso parlarle privatamente un secondo?” gli chiese.
Lui annuì ed entrambi fecero per uscire in corridoio.
“Aspettate,” disse Murph. “Usciamo io e l’agente. Voi due parlate qui: meno persone vi vedono e meglio è.”
Dopo che furono usciti, Jessie si voltò verso Decker con occhi di fuoco.
“È una specie di punizione? È per questo che mi sta mettendo a lavorare con questo tipo? Non potrebbe semplicemente sollevare Hernandez dal caso che sta seguendo e mettermi in squadra con lui?”
“Il detective Hernandez non è disponibile,” rispose lui con tono indifferente ma deciso. “Non andiamo a tirare fuori dei detective da un caso di triplice omicidio per accontentare i capricci di altri agenti. Non si aspetti di sentirlo a breve. Se accade, significa che non sta facendo il suo lavoro. Inoltre Dolan è più qualificato per questo caso. Ed è lui che è stato messo a disposizione dal Bureau. Quindi trovi un modo per lavorarci insieme. Altrimenti se ne può tornare alla sua casa di sicurezza. Sta a lei decidere, Hunt.”
*
Il tragitto in auto fino a Studio City fu particolarmente spiacevole.
Dolan chiaramente non era felice di dover viaggiare nel sedile posteriore di una berlina guidata da un agente federale. Murph e Toomey allo stesso modo non erano entusiasti di dover fare da autisti a due scontrosi investigatori. E Jessie era più o meno scocciata per tutto.
Nonostante quello che Dereck le aveva detto, si sentiva come se ci fossero tre baby sitter con lei nell’auto, e altri due nel veicolo che li seguiva. A quanto pareva il suo collega considerava il suo coinvolgimento nel caso solo una concessione simbolica. E gli agenti federali erano chiaramente risentiti per aver assunto quel ruolo di valletti accompagnatori. Quando arrivarono sulla scena del crimine, erano tutti tesi.
Toomey trovò facilmente la casa. Era la bella casetta a un piano in stile spagnolo con mezza dozzina di auto della polizia e infinite strisce di nastro giallo attorno. C’erano anche due furgoncini della televisione. L’agente passò oltre e parcheggiò a metà dell’isolato, dove nessuno li avrebbe visti.
“Come ci organizziamo?” chiese al resto dell’equipaggio. “Non possiamo permettere che la Hunt si faccia vedere entrare in quella casa. Se questa è opera di Thurman o di Crutchfield, staranno molto attenti se lei si fa vedere o meno. E anche se non si tratta di loro, certo non vogliamo che la sua faccia venga spiattellata su tutti i notiziari.”
Jessie aspettò che qualcuno di loro suggerisse la soluzione più ovvia. Vedendo che non lo facevano, prese la parola.
“Andiamo verso il retro,” ordinò loro. “Non c’è nessun vialetto. Significa che c’è un accesso al garage dal viale. Lì saremo alla larga dalle troupe televisive, che non riusciranno a portare