Название | Eroina, Traditrice, Figlia |
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Автор произведения | Морган Райс |
Жанр | Героическая фантастика |
Серия | Di Corone e di Gloria |
Издательство | Героическая фантастика |
Год выпуска | 0 |
isbn | 9781640290976 |
Akila aspettò un momento per lasciare che l’orrore di quella dichiarazione facesse presa.
“Lo hanno fatto perché pensavano di spaventarci,” disse Akila. “Lo hanno fatto perché pensavano che ci avrebbero così fatto scappare più veloci. Io dico che se un uomo fa del male a uno dei miei fratelli a questo modo, mi fa venire voglia di farlo a pezzi come un cane!”
Altro grido di esultanza.
“Ma non ve lo ordinerò,” disse Akila. “Se volete andare a casa… beh, nessuno può dire che non ve lo siete guadagnato. E quando verranno a prendervi, forse sarà rimasto qualcuno a aiutarvi.” Scrollò le spalle. “Io resto, e se servirà, resterò da solo. Starò sul molo, e il loro esercito potrà venire addosso a me un soldato alla volta per farsi fare a pezzi.”
A quel punto si guardò attorno, fissando gli uomini che conosceva, i fratelli di Haylon e gli schiavi liberati, le matricole trasformate in combattenti liberi e gli uomini che avevano probabilmente iniziato come poco più che tagliagole.
Sapeva che se avesse chiesto a questi uomini di combattere con lui, molti di loro sarebbero probabilmente morti. Probabilmente non sarebbe mai più riuscito a vedere le cascate che scorrevano tra le colline di Haylon. Probabilmente sarebbe morto senza neanche sapere se ciò che aveva fatto era servito a salvare Delo o no. Una parte di lui avrebbe voluto non aver mai conosciuto Tano, né essere trascinato in quella ribellione.
Lo stesso si diede sostegno.
“Sarò da solo, amici?” chiese. “Dovrò farmi strada a pugni da solo verso il più zuccone di loro?”
Il coro di “No!” riecheggiò sul mare. Sperava che la flotta nemica l’avesse sentito. Sperava che lo avessero sentito e che ne fossero terrorizzati.
Gli dei sapevano che lui lo era.
“Allora bene, amici,” tuonò Akila. “Ai vostri remi. Abbiamo una battaglia da vincere!”
Allora li vide correre e non sarebbe potuto essere più fiero di loro. Iniziò a pensare e a dare ordini. C’erano messaggi da inviare al castello, difese da preparare.
Già Akila poteva sentire il suono delle campane di avvertimento che risuonavano in città.
“Voi due, issate le bandiere di segnalazione! Scirrem, voglio delle scialuppe e catrame per incendiare le navi all’imbocco del porto. Sto parlando da solo quassù?”
“È possibile,” rispose il marinaio. “Dicono che i matti lo fanno. Ma provvederò.”
“Ti rendi conto che in un vero esercito verresti frustato, vero?” ribatté Akila sorridendo. Quella era la strana cosa del trovarsi alla soglia di una battaglia. Erano ora così vicini a una probabile morte, eppure era il momento in cui Akila si sentiva più vivo.
“Ora, Akila,” disse il marinaio. “Sai che non lascerebbero mai quelli come noi entrare in un esercito vero.”
Akila allora rise, e non solo perché era probabilmente vero. Quanti generali potevano dire di non avere il rispetto dei loro uomini, ma vero e proprio senso di cameratismo e amicizia? Quanti potevano chiedere ai loro soldati di lanciarsi nel pericolo, non per lealtà o paura o disciplina, ma perché erano loro a chiederlo? Akila sentiva di poter essere orgoglioso almeno di quella parte.
Mentre il marinaio avanzava velocemente, gli vennero in mente altri ordini da dare.
“Non appena avremo sgomberato, dovremo tirare su la catena del porto,” disse.
Uno dei giovani marinai vicino a lui sembrava preoccupato. Akila poté vedere la paura nonostante le sue parole. Era più che normale.
“Se tiriamo su la catena, non significa anche che non potremo ritirarci nel porto?” chiese il ragazzo.
Akila annuì. “Sì, ma quale bene ci farebbe, ritirarci in una città affacciata sul mare aperto? Se falliamo là fuori, pensi che la città sarà un posto sicuro dove nascondersi?”
Vide il ragazzo considerare la sua spiegazione, cercare di stabilire dove sarebbe stato più al sicuro. Questo oppure desiderare di non essersi mai arruolato.
“Puoi andare con quelli che danno una mano a tirare su la catena se vuoi,” gli offrì Akila. “Poi vai dalle catapulte. Avremo bisogno di gente in gamba che tira contro di loro.”
Il ragazzo scosse la testa. “Resto. Non voglio scappare da loro.”
“Che non ti venga in mente di avere la meglio sulla flotta in modo che io possa fuggire,” gli disse Akila.
Questo fece ridere il giovane mentre andava ai suoi doveri, e il riso era sempre meglio della paura.
Cos’altro c’era da fare? C’era sempre qualcosa da fare, sempre qualcosa da portare al passo successivo. C’erano quelli che parlavano di stare ad aspettare la guerra, ma Akila aveva scoperto che l’attesa conteneva sempre migliaia di piccole cose. La preparazione era la madre del successo, e Akila non aveva intenzione di perdere per mancanza di sforzo.
“No,” mormorò mentre controllava le funi della sua ammiraglia. “La parte dove loro hanno cinque volte più navi di noi farà il resto.”
L’unica speranza era di colpire e spostarsi. Tirarli contro le navi incendiarie. Farli sbattere contro la catena. Usare la velocità delle loro navi per prendere quello che potevano. Lo stesso sarebbe potuto non bastare.
Akila non aveva mai visto una forza di quella stazza. Dubitava che qualcuno l’avesse mai vista. La flotta inviata a Haylon era stata progettata per punizione e distruzione. L’esercito ribelle era stato il risultato del mettere insieme almeno tre grosse forze.
Questa era più grande. Non era un esercito, quanto un intero paese in movimento. Questo era conquista, e più di conquista. Cadipolvere aveva visto un’opportunità, e ora aveva intenzione di prendere tutto ciò che l’Impero aveva.
A meno che noi non li fermiamo, pensò Akila.
Forse non sarebbe stata la sua flotta a fermarli. Forse il meglio che potevano sperare era di poter rallentare e indebolire l’esercito invasore, ma magari sarebbe stato sufficiente. Se avessero potuto guadagnare tempo a Ceres, lei avrebbe potuto trovare un modo di vincere contro ciò che restava. Akila l’aveva vista fare cose impressionanti con quei suoi poteri.
Magari avrebbe preso l’intero esercito di Cadipolvere e avrebbe risparmiato loro la preoccupazione.
Molto più probabilmente Akila sarebbe morto lì. Se questo avrebbe potuto salvare Delo, ne sarebbe valsa la pena? Non era quella la questione. Se avesse potuto salvare la gente lì, e la gente di Haylon, ne sarebbe valsa la pena? Sì, questo valeva la pena per Akila. Uomini come quelli non si accontentavano di quello che avevano. Sarebbero scesi anche su Haylon non appena finito lì. Se il suo sacrificio avesse tenuto al sicuro i contadini dell’isola, Akila l’avrebbe fatto anche mille volte.
Guardò verso il mare dove la flotta era arrivata e la sua voce si ammorbidì.
“Sei in debito con me per questo, Tano,” disse, proprio come il principe era in debito con lui per essere venuto a Delo e non averlo fatto a pezzi a Haylon. Forse la sua vita sarebbe stata molto più semplice se l’avesse fatto.
Guardando la flotta che avanzava, Akila sospettava che sarebbe stata anche molto più lunga.
“Bene!” gridò. “Ai vostri posti, ragazzi! Abbiamo una battaglia da vincere!”
CAPITOLO DUE
Irrien sedeva alla prua della sua ammiraglia provando un misto di soddisfazione e anticipazione. Soddisfazione perché la sua flotta stava avanzando esattamente come lui aveva ordinato. Anticipazione per tutto quello che sarebbe successo dopo.
Attorno a lui la flotta scivolava in avanti quasi in silenzio, come lui aveva ordinato quando avevano iniziato a cingere la costa. Silenziosi come squali che inseguono la preda, silenziosi come il momento