Название | Eroina, Traditrice, Figlia |
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Автор произведения | Морган Райс |
Жанр | Героическая фантастика |
Серия | Di Corone e di Gloria |
Издательство | Героическая фантастика |
Год выпуска | 0 |
isbn | 9781640290976 |
Jacket image Copyright Ralf Juergen Kraft, used under license from istock.com.
INDICE
CAPITOLO UNO
Akila stava aggrappato alle reti della sua nave e vedeva la morte che avanzava.
Ne era terrorizzato. Non era mai stato tipo da credere a segni e presagi, ma ce n’erano alcuni che non poteva ignorare. Akila era stato un combattente per la maggior parte della sua vita e una forma o nell’altra, eppure non aveva mai visto una flotta come quella che si stava avvicinando adesso. Faceva sembrare quella che l’Impero aveva mandato ad Haylon come una serie di barchette di carta fatte galleggiare da dei bambini nell’acqua di uno stagno.
Faceva sembrare ancora più inferiore quella che Akila aveva con sé adesso.
“Ce ne sono troppe,” disse uno dei marinai vicino a lui tra le funi.
Akila non rispose perché in quel momento non aveva una risposta da dare. Però doveva trovarne presto una. Una che non implicasse la certezza che gli stava opprimendo il petto. Stava già pensando alle cose che bisognava fare mentre iniziava a scendere. Avrebbero dovuto sollevare la catena del porto. Avrebbero dovuto approntare le catapulte sul molo.
Dovevano dividersi, perché lanciarsi all’attacco tutti insieme contro una flotta di quella stazza sarebbe stata un’impresa suicida. Dovevano fare la parte dei lupi che danno la caccia ai grandi buoi muschiati, che sfrecciano e prendono un boccone qua e là sfinendoli allo stremo.
Akila sorrise a quel pensiero. Stava quasi facendo progetti come se avessero potuto vincere e avere la meglio. Chi lo aveva preso per un ottimista?
“Ce ne sono troppe,” disse un altro marinaio mentre lui passava.
Akila udì lo stesso commento da altri dell’equipaggio mentre tornava sul ponte. Quando raggiunse il posto di comando trovò almeno una decina di ribelli che lo aspettavano con espressioni preoccupate sul volto.
“Non possiamo sconfiggerli,” disse uno.
“Sarà come se non fossimo nemmeno qui,” confermò un altro.
“Ci uccideranno tutti. Dobbiamo scappare.”
Akila li sentì. Poteva capire cosa volessero fare. Fuggire aveva senso. Fuggire mentre ancora potevano. Mettere le navi in formazione una dietro l’altra e scappare lungo la costa fino a che non fossero riusciti a liberarsi e a tornare a Haylon.
Una parte di lui forse voleva pure farlo. Forse sarebbero addirittura stati al sicuro se fossero riusciti ad arrivare a Haylon. Cadipolvere avrebbe visto le forze che avevano, le difese del loro porto, e avrebbero diffidato dell’idea di seguirli.
Almeno per una volta.
“Amici,” gridò abbastanza forte da farsi sentire da tutti sulla nave. “Potete vedere la minaccia che ci attende, e sì, ho sentito gli uomini che vogliono scappare.”
Allargò le braccia per calmare i mormorii che seguirono.
“Lo so, vi sento. Ho navigato con voi e non siete dei codardi. Nessuno potrebbe dire questo di voi.”
Ma se fossero fuggiti adesso, gli uomini li avrebbero chiamati codardi. Akila lo sapeva. Avrebbero dato la colpa ai guerrieri di Haylon, nonostante tutto quello che avevano fatto. Però non volle dirlo. Non voleva costringere i suoi uomini a farlo.
“Anche io voglio fuggire. Abbiamo fatto la nostra parte. Abbiamo battuto l’Impero. Ci siamo guadagnati il diritto di andare a casa, piuttosto che stare qui a morire per le cause di altra gente.”
Questo era ovvio. Erano venuti qui solo dopo che Tano li aveva implorati, dopotutto.
Scosse la testa. “Ma non lo farò. Non scapperò quando questo significa abbandonare la gente che conta su di me. Non scapperò quando ci hanno detto cosa accadrà alla gente di Delo. Non scapperò, perché chi sono loro per dirmi di scappare?”
Puntò un dito contro la flotta che avanzava, poi lo trasformò nel gesto più volgare che gli poté venire in mente così su due piedi. Questo almeno fece ridere i suoi uomini. Bene, avevano tutti bisogno di risate in quel momento.
“La verità è che il male è la causa di tutti. Un uomo mi dice di inginocchiarmi o morire, allora io gli do un pugno in faccia!” Questo li fece ridere ancora di più. “E non lo faccio perché mi ha minacciato. Lo faccio perché il genere di persona che dice alla gente di inginocchiarsi, deve essere preso a pugni!”
Con questo ottenne un grido di esultanza. Pareva che Akila avesse ben giudicato le cose. Indicò il punto dove si trovava un gruppo di navi, legate lungo la sua