Название | Ribelle, Pedina, Re |
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Автор произведения | Морган Райс |
Жанр | Героическая фантастика |
Серия | Di Corone e di Gloria |
Издательство | Героическая фантастика |
Год выпуска | 0 |
isbn | 9781632919847 |
Poi vide Lucio tra loro e capì. Era tutta opera di Lucio, e in un certo senso anche colpa sua. Se solo fosse stata più veloce nel dargli la caccia quando aveva offerto la sua sfida. Se solo avesse trovato un qualche modo di ucciderlo prima di questo.
Lucio incombeva sul soldato che stava gridando, girando una spada conficcata in lui per tirargli fuori un chiaro suono di agonia. Ceres vide un piccolo gruppo di torturatori e boia incappucciati di nero attorno a lui che guardavano come se stessero prendendo nota, o possibilmente anche solo apprezzando qualcuno che dimostrava una contorta espressione della loro professione. Ceres avrebbe voluto arrivare a loro e ucciderli tutti.
Lucio sollevò lo sguardo e Ceres percepì il momento in cui i loro occhi si incrociarono. Era qualcosa di simile a quello di cui cantano i bardi quando descrivono gli occhi degli amanti che si incrociano in una stanza, solo che qui c’era solo odio. Proprio in quel momento Ceres avrebbe ucciso Lucio in qualsiasi modo, e poté vedere cosa lui aveva in serbo per lei.
Vide il suo sorriso allargarsi lentamente ad illuminare i suoi tratti e lo osservò dare alla spada un ultimo giro, sempre con gli occhi fissi su di lei, prima di raddrizzarsi e pulirsi con noncuranza le mani sporche di sangue su uno straccio. Rimase lì come un attore che sta per fare un discorso a un pubblico in attesa. Agli occhi di Ceres non sembrava niente più che un macellaio.
“Ogni uomo e donna qui presente è un traditore dell’Impero,” dichiarò Lucio. “Ma penso che tutti noi sappiamo che non è colpa vostra. Siete stati fuorviati. Corrotti da altri. Corrotti da uno in particolare.”
Ceres lo vide lanciare un’altra occhiata verso di lei.
“Quindi ho intenzione di offrire grazia alla gente ordinaria tra voi. Strisciate da me. Implorate di essere fatti schiavi, e vi verrà permesso di vivere. L’Impero ha sempre bisogno di nuova manodopera.”
Nessuno si mosse. Ceres non sapeva se essere fiera o gridare loro di accettare l’offerta. Dopotutto sapevano di certo qual era la loro sorte.
“No?” disse Lucio, e c’era un pizzico di sorpresa nel suo tono di voce. Forse, pensò Ceres, si era genuinamente aspettato che tutti volessero darsi intenzionalmente alla schiavitù per salvarsi la vita. Forse non capiva sul serio cosa fosse la ribellione, o che c’erano cose peggiori della morte. “Nessuno?”
Ceres vide la finzione di calmo controllo scivolare via da lui come una maschera, rivelando ciò che era celato sotto.
“Questo è quello che succede quando degli scemi come voi iniziano ad ascoltare la feccia che vuole portarvi sulla strada sbagliata!” disse Lucio. “Dimenticate quale sia il vostro posto! Dimenticate che ci sono conseguenze per qualsiasi cosa facciate voi paesani! Bene, intendo ricordarvi che ci sono delle conseguenze. Morirete tutti, dal primo all’ultimo, e lo farete in modi di cui la gente bisbiglierà ogni volta che gli verrà in mente di tradire i loro superiori. E per esserne certo, porterò qui le vostre famiglie a guardare. Intendo farli scappare dalle loro penose case dandogli fuoco e farò in modo che stiano ben attenti mentre gridate!”
L’avrebbe fatto, Ceres non ne aveva alcun dubbio. Lo vide indicare uno dei soldati, poi uno dei congegni che si trovavano lì.
“Iniziate con questo. Cominciate da uno qualsiasi di loro. Non me ne frega niente. Assicuratevi solo che tutti soffrano prima di morire.” Puntò un dito verso la cella di Ceres. “E assicuratevi che lei sia l’ultima. Fatele guardare tutti loro morire uno alla volta. Voglio che ne impazzisca. Voglio che capisca quanto impotente è realmente, non importa quanto sangue degli Antichi si vanti di avere nelle vene davanti ai suoi uomini.”
Ceres allora si ritrasse dalle sbarre, ma dovevano esserci stati degli uomini dietro alla porta laterale, perché le catene ai polsi e alle caviglie si fecero tese e la trascinarono alla parete bloccandola così che non le era possibile muoversi di più di un centimetro o due in ogni direzione. Quel che era certo era che non poteva distogliere lo sguardo dalla finestra, attraverso la quale poté vedere uno dei boia che controllava la lama dell’ascia.
“No,” disse, cercando di darsi una sicurezza che in quel momento sentiva di non avere. “No, non permetterò che accada. Troverò un modo di impedirlo.”
Non si limitò allora a cercare dentro di sé il suo potere. Si tuffò nello spazio dove normalmente avrebbe trovato ad attenderla l’energia. Cercò di andare oltre lo stato mentale che aveva appreso dal Popolo della Foresta. Andò a caccia del potere che aveva acquisito con una sicurezza tale da sembrare che stesse inseguendo un qualche animale nascosto.
Ma quello restava sempre celato. Ceres le provò tutte. Cercò di calmarsi. Cercò di ricordare le sensazioni che c’erano state altre volte in cui aveva usato il suo potere. Si sforzò di farlo scorrere in lei con uno sforzo di volontà. Nella disperazione cercò anche di implorarlo, tentando di persuaderlo come se fosse un essere a se stante piuttosto che un frammento di lei stessa.
Nessuno di quei tentativi ebbe effetto e Ceres si gettò contro le catene che la trattenevano. Le sentì morderle i polsi e le caviglie mentre si spingeva in avanti, ma non poté riuscire a guadagnare più della lunghezza di un braccio.
Ceres sarebbe dovuta essere capace di spezzare con facilità l’acciaio. Sarebbe dovuta riuscire a liberarsi e a salvare tutti gli altri. Avrebbe dovuto, ma in quel momento non ci riusciva, e la parte peggiore era che neanche sapeva il perché. Perché i poteri che aveva già usato così tanto l’avevano improvvisamente abbandonata? Perché si era arrivati a questo punto?
Perché non poteva far fare alla sua energia quello che voleva? Ceres sentì le lacrime salirle agli occhi mentre lottava disperatamente per essere in grado di fare qualcosa. Per essere in grado di aiutare.
Fuori ebbero inizio le esecuzioni e Ceres non poteva fare nulla per fermarle.
Peggio ancora, sapeva che quando Lucio avesse finito là fuori, sarebbe stato il suo turno.
CAPITOLO QUATTRO
Sartes si svegliò, pronto a combattere. Cercò di alzarsi in piedi, umiliato vedendo che non poteva farlo, e si trovò spinto indietro dallo stivale di una figura dall’aspetto rude che si trovava davanti a lui.
“Pensi ci sia posto perché tu te ne vada in giro qui?” chiese con voce severa.
L’uomo aveva la testa rasata ed era pieno di tatuaggi, gli mancava un dito come conseguenza di una qualche rissa o chissà che altro. C’era stato un tempo in cui Sartes avrebbe forse provato un brivido di paura nel vedere un uomo come quello. Questo accadeva prima dell’esercito, però, e prima della ribellione. Accadeva prima che lui arrivasse a vedere cosa significasse la vera malvagità.
C’erano altri uomini lì, ammassati in un luogo dai muri di legno, con la luce che entrava solo da poche fessure. Fu sufficiente perché Sartes li vedesse vicino a sé, e ciò che vide fu ben lungi dall’essere incoraggiante. L’uomo di fronte a loro era probabilmente uno di quelli dall’aspetto meno rude lì presenti, e il numero totale portò Sartes a provare veramente paura, e non solo per ciò che potevano fargli. Cosa poteva esserci in serbo per lui se era rinchiuso là dentro con uomini come quelli?
Percepì del movimento e si arrischiò a voltare la schiena alla folla di malviventi in modo da poter guardare attraverso una delle crepe nelle pareti di legno. All’esterno vide scorrere un paesaggio polveroso e roccioso. Non riconobbe la zona, ma quanto distante poteva essere da Delo?
“Un carro,” disse. “Siamo in un carro.”
“Ascolta il ragazzo,” disse l’uomo dalla testa rasata. Imitò in maniera approssimativa la voce di Sartes, non certo per farsi scambiare per lui. “Siamo in un carro. Questo ragazzo è un genio a tutti gli effetti. Bene, genio, che ne dici di tenere chiuso il becco adesso? Già stiamo andando alle fosse del catrame. Ci manca solo che continui a parlare.”
“Le fosse del catrame?” disse Sartes, e vide un lampo di rabbia attraversare il volto dell’altro