Название | Arena Due |
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Автор произведения | Морган Райс |
Жанр | Героическая фантастика |
Серия | Trilogia Della Sopravvivenza |
Издательство | Героическая фантастика |
Год выпуска | 0 |
isbn | 9781632911520 |
“UNO! DUE! TRE!” grida papà.
Vengo lanciata verso l’alto non appena papà mi lancia tenendomi la mano, e lo stesso fa mamma con Bree. Volo in aria e supero l’onda, urlando mentre ci passo sopra e la sento infrangersi dietro di me. È sorprendente che papà riesca a rimanere fermo, forte, come una roccia, praticamente invulnerabile rispetto alla natura.
Sprofondo nell’oceano impattando bruscamente sull’acqua fredda, di petto. Stringo ancora di più la mano di papà come sento tornare la corrente, e lui di nuovo mi tiene forte. In quel momento ho l’impressione che mi proteggerà da tutto, per sempre.
Le onde si abbattono una dopo l’altra, e per la prima volta da chissà quando, mamma e papà non hanno fretta. Ci fanno volare in continuazione, e Bree strilla felice sempre più. Non so quanto tempo passa in questa magnifica giornata estiva, su questa spiaggia così pacifica, sotto un cielo terso, con gli schizzi in faccia. Vorrei che il sole non tramontasse mai, che tutto rimanga esattamente com’è. Vorrei stare qui, così, per sempre. E in questo momento sembra poter succedere.
Apro gli occhi lentamente, disorientata da quanto ho di fronte. Non sono al mare, ma seduta sul lato passeggero di una barca a motore che corre su un fiume. Non è estate, ma inverno, e le rive sono ricoperte di neve. Ogni tanto spunta un blocco di ghiaccio che galleggia. Sento gli schizzi d’acqua sulla faccia, ma non è quella fresca delle onde dell’oceano estivo bensì quella gelata dell’Hudson ghiacciato durante l’inverno. Strizzo gli occhi diverse volte prima di rendermi conto che non è una tersa mattina estiva, ma un nuvoloso pomeriggio invernale. Cerco di ricostruire cos’è successo, come ha fatto tutto a cambiare.
Mi metto seduta tremando un po’, mi guardo attorno, subito in guardia. Non mi addormentavo durante il giorno da non so quanto tempo, e sono sorpresa. Inizio a orientarmi, vedo Logan, stoicamente al timone, con gli occhi fissi sull’acqua, intento a navigare l’Hudson. Mi volto e vedo Ben, con la testa fra le mani, che fissa il fiume, perso nel suo mondo. Dall’altro lato della barca c’è Bree seduta, con gli occhi chiusi, appoggiata sul suo sedile, e la sua nuova amica Rose abbracciata a lei, addormentata sulla sua spalla. Sul suo grembo dorme il nostro nuovo amico animale, il chihuahua con un occhio solo.
Sono stupita dal fatto di essermi addormentata così, ma non appena guardo in basso e noto la bottiglia di champagne che tengo in mano, capisco che a mettermi fuori combattimento dev’essere stato l’alcool – che non toccavo da anni – combinato a tante notti insonni e altrettante giornate adrenaliniche. Ho il corpo talmente a pezzi, pieno di lividi e ferite, che dev’essersi addormentato da solo. Mi sento in colpa: non avevo mai perso di vista Bree prima d’ora. Ma appena guardo Logan, con la sua presenza così forte, capisco che devo essermi sentita abbastanza protetta per farlo. In qualche modo, è come avere di nuovo mio papà. Sarà per questo che l’ho sognato?
“Piacere di riaverti tra noi” risuona la voce profonda di Logan. Guarda verso di me, e gli si forma un piccolo sorriso sull’angolo delle labbra.
Mi sporgo in avanti e osservo il fiume davanti mentre lo tagliamo come il burro. Il rombo del motore è assordante. La barca risale la corrente, muovendosi su e giù con lievi oscillazioni, sbattendo un poco. Gli schizzi gelati mi arrivano dritto in faccia, guardo in basso e vedo che ho ancora addosso gli stessi vestiti che indosso da giorni. I vestiti sono praticamente appiccicati alla pelle, incrostati di sudore, sangue e sporcizia – e ora umidi per gli schizzi. Sono bagnata, infreddolita e affamata. Farei di tutto per una doccia calda, una cioccolata calda, un bel fuoco, e un cambio d’abiti.
Scruto l’orizzonte: l’Hudson sembra un grande mare. Stiamo al centro, lontano dalle rive; Logan ci tiene saggiamente lontano da possibili pericoli. Come mi viene in mente, mi volto immediatamente indietro per controllare che non vi siano tracce di mercanti di schiavi. Non ne vedo.
Mi rigiro e cerco segni di barche all’orizzonte. Niente. Scruto le sponde, alla ricerca di segni di attività. Niente. È come se il mondo fosse tutto per noi. È consolante e desolante al tempo stesso.
Lentamente, abbasso la guardia. Mi sembra di aver dormito una vita, ma dalla posizione del sole in cielo vedo che è solo metà pomeriggio. Ho dormito al massimo un’ora. Mi guardo intorno cercando punti di riferimento familiari. Dopotutto, siamo quasi vicino casa. Ma non ne vedo.
“Per quanto ho dormito?” chiedo a Logan.
Alza le spalle. “Forse un’ora”.
Un’ora, penso. Sembra un’eternità.
Controllo l’indicatore della benzina, e vedo che è mezzo vuoto. Non promette bene.
“Segni di benzina in giro?” domando.
Nel momento in cui lo chiedo, mi rendo conto che è una domanda stupida.
Logan mi guarda, come a dire sul serio? Ovviamente, se avesse visto un deposito di benzina, ci sarebbe andato.
“Dove siamo?” domando.
“Siamo dalle parti tue” risponde. “Stavo per farti la stessa domanda”.
Osservo nuovamente il fiume, ma non vedo ancora niente che riconosco. Con l’Hudson funziona così – è ampissimo, si estende all’infinito, ed è facile perdere l’orientamento.
“Perché non mi hai svegliato?” domando.
“Perché avrei dovuto? Avevi bisogno di dormire”.
Non so cos’altro rispondergli. È questo il punto con Logan: mi piace, e sento che gli piaccio, ma non so se abbiamo tutte queste cose da dirci. Il suo atteggiamento guardingo non aiuta, e neanche il mio.
Proseguiamo in silenzio, con l’acqua che schiuma bianca sotto di noi, e mi chiedo quanto ancora potremo andare avanti. Cosa faremo quando si esaurirà il carburante?
Scorgo qualcosa all’orizzonte. Sembra una specie di struttura, nell’acqua. All’inizio non sono neanche sicura che ci sia, ma poi Logan allunga il collo, in allerta, e capisco che deve averla vista anche lui.
“Credo sia un ponte” dice. “Un ponte crollato”.
Mi accorgo che ha ragione. Un grosso pezzo di metallo attorcigliato si fa sempre più vicino, spuntando fuori dall’acqua come una specie di monumento all’inferno. Ricordo questo ponte: una volta attraversava splendidamente il fiume; ora è un grosso cumulo di pezzetti metallo, con gli angoli spigolosi sott’acqua.
Logan rallenta la barca, il motore si fa più silenzioso man mano che ci avviciniamo. La nostra velocità precipita e la barca inizia a sbattere e sbandare. Ovunque sporge metallo frastagliato, e Logan va spostando la barca a destra e a sinistra, creandosi così una piccola via. Appaiono i resti del ponte e non appena ci arriviamo sollevo gli occhi. Sembra innalzarsi per decine di metri, come una testimonianza di ciò che l’umanità è stata una volta in grado di fare, prima di iniziare a uccidersi a vicenda.
“Il Tappan Zee” commento. “Siamo a circa un’ora a nord della città. Abbiamo un buon vantaggio su di loro, nel caso in cui ci stiano inseguendo”.
“Ci stanno inseguendo” dice. “Ci puoi scommettere”.
Lo guardo. “Come fai a essere così sicuro?”.
“Li conosco. Non dimenticano mai”.
Superiamo l’ultimo rottame di metallo, Logan riprende velocità e vengo spinta all’indietro mentre acceleriamo.
“Quanto pensi che siano lontani?” domando.
Guarda l’orizzonte, stoico. E alla fine, alza le spalle.
“Difficile da dire. Dipende da quanto ci mettono a radunare le truppe. C’è tanta neve e questo è buono per noi. Forse tre