Название | L’ascesa Del Prode |
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Автор произведения | Морган Райс |
Жанр | Героическая фантастика |
Серия | Re e Stregoni |
Издательство | Героическая фантастика |
Год выпуска | 0 |
isbn | 9781632913326 |
Duncan e Seavig, il signore di Esefo, erano stati amici un tempo. Erano andati in battaglia insieme come fratelli d’armi innumerevoli volte e Duncan aveva navigato con lui più di una volta. Ma dall’invasione si erano persi di vista. Seavig, un tempo un valoroso capitano, ora era un umile soldato incapace di solcare i mari, incapace di governare una città o visitare altre fortezze come altri capitani. Poteva anche darsi che lo tenessero detenuto e lo avessero etichettato come prigioniero come tutti gli altri capitani di Escalon.
Duncan cavalcava nella notte, le colline illuminate solo dalle torce dei suoi uomini, centinaia di lampi di luce diretti verso sud. Mentre avanzavano la neve cadeva e il vento infuriava e le torce restavano accese a fatica mentre la luna lottava per fare capolino tra le nuvole. Ma l’esercito di Duncan andava avanti guadagnando terreno. Quegli uomini sarebbero andati ovunque sulla faccia della terra per lui. Duncan sapeva che era insolito attaccare di notte, tanto più con la neve, ma lui era sempre stato un guerriero poco convenzionale. Questo gli aveva permesso di distinguersi tra i ranghi e diventare il primo comandante del vecchio re; questo lo aveva portato ad avere una fortezza tutta per sé. E sempre questo lo aveva fatto diventare uno dei più rispettati tra i capitani dispersi. Duncan non faceva mai ciò che facevano gli altri. C’era un motto che cercava di seguire nella sua vita: fare ciò che gli altri meno si aspettano.
I Pandesiani non si sarebbero mai aspettati un attacco dato che la notizia della rivolta di Duncan non poteva essersi diffusa verso sud così rapidamente, non se Duncan fosse arrivato in tempo. E sicuramente non si sarebbero mai aspettati un attacco di notte, meno che meno in mezzo alla neve. Conoscevano i rischi del viaggiare di notte, di cavalli che si rompevano le gambe e di una miriade di altri problemi. Duncan sapeva bene che le guerre erano spesso vinte più per sorpresa e velocità che per effetto di forza.
Duncan aveva programmato di viaggiare tutta la notte fino a raggiungere Esefo, di cercare di conquistare il vasto forte pandesiano e riprendere quella grandiosa città con le sue poche centinaia di uomini. E se avessero preso Esefo allora forse avrebbe guadagnato slancio per cominciare la guerra e riconquistare tutta Escalon.
“Laggiù!” gridò Anvin indicando nella neve.
Duncan abbassò lo sguardo nella vallata di sotto e scorse, in mezzo alla neve e alla nebbia, numerosi piccoli villaggi che punteggiavano la campagna. Sapeva che quei villaggi erano abitati da coraggiosi guerrieri leali ad Escalon. Ciascuno di loro aveva sicuramente una manciata di uomini, ma tutti insieme avrebbero fatto numero. Avrebbe potuto acquistare slancio e rimpinguare i ranghi del suo esercito.
Duncan gridò al di sopra del vento e del rumore dei cavalli per farsi sentire.
“Fate suonare i corni!”
I suoi uomini suonarono una serie di corni, l’antico grido di raccolta di Escalon, un suono che gli scaldava il cuore, un suono che ad Escalon non si sentiva da anni. Era un suono che sarebbe stato familiare ai suoi compagni della campagna, un suono che avrebbe detto loro ciò che avevano bisogno di sapere. Se c’erano dei brav’uomini in quel villaggio, quel suono li avrebbe smossi.
I corni suonarono ripetutamente e mentre si avvicinavano lentamente nei villaggi vennero accese delle torce. I paesani allertati dalla loro presenza, iniziarono a scendere nelle strade con le torce che baluginavano nella neve. Gli uomini si vestirono frettolosamente, afferrarono le loro armi e si misero le rozze armature che avevano. Guardarono tutti verso la collina e videro Duncan e i suoi uomini che si avvicinavano facendo loro segno come se pieni di domande. Duncan poteva solo immaginare l’effetto prodotto dalla vista dei suoi uomini che galoppavano nel fitto della notte, nella tempesta di neve, scendendo la collina e sollevando centinaia di torce come una legione di fuoco che combatteva la neve.
Duncan e i suoi raggiunsero il primo villaggio e si fermarono, le loro torce che illuminavano i volti sorpresi. Duncan guardò i volti speranzosi di quegli uomini e mostrò il suo più feroce sguardo da battaglia, preparandosi ad ispirare i suoi seguaci come mai prima d’ora.
“Uomini di Escalon!” disse con voce tonante facendo rallentare i cavalli al passo e girando attorno nel tentativo di rivolgersi a tutti mentre gli si raccoglievano attorno.
“Abbiamo sofferto troppo a lungo sotto l’oppressione di Pandesia! Potete scegliere di stare qui e continuare a vivere in questo villaggio ricordando la Escalon di un tempo. Oppure potete insorgere da uomini liberi e aiutarci ad iniziare la grande guerra per la libertà!”
Si levò un grido di gioia tra gli abitanti del villaggio che all’unanimità corsero in avanti.
“I Pandesiani adesso stanno prendendo le nostre ragazze!” gridò un uomo. “Se questa è libertà, allora non so cosa significhi!”
Tutti esultarono.
“Siamo con te, Duncan!” gridò un altro. “Andremo con te verso la nostra morte!”
Si levò un altro grido di gioia e gli uomini corsero a montare sui loro cavalli e si unirono al suo esercito. Duncan, soddisfatto per la crescita dei suoi ranghi, spronò il cavallo e continuò a cavalcare uscendo dal villaggio e iniziando a rendersi conto da quanto tempo Escalon aspettasse una rivolta.
Presto raggiunsero un altro villaggio, gli uomini già fuori in attesa con le torce accese da quando avevano sentito i corni suonare e le grida e avevano visto l’esercito crescere capendo all’istante cosa stesse succedendo. I paesani del luogo si chiamavano tra loro riconoscendosi l’un l’altro e capendo cosa stava accadendo senza bisogno di altre parole. Duncan passò attraverso quel villaggio e non ci volle nessuno sforzo per convincere gli uomini – troppo desiderosi di libertà, troppo desiderosi di avere la propria dignità rinnovata – a montare a cavallo, afferrare le loro armi e unirsi ai ranghi di Duncan, ovunque dovesse portarli.
Duncan passò di villaggio in villaggio coprendo tutta la campagna, illuminando la notte, nonostante il vento, nonostante la neve, nonostante il buio della notte. Il loro desiderio di libertà era troppo forte per fare qualcosa di diverso dall’illuminare la notte più buia, imbracciare le armi e riconquistarsi le proprie vite.
Duncan cavalcava nella notte conducendo il suo esercito verso sud, le mani screpolate e intorpidite per il freddo mentre stringeva le redini. Più avanzavano verso sud, più il terreno iniziava a cambiare e il freddo di Volis veniva sostituito dal fresco umido di Esefo, l’aria pesante che Duncan ricordava, pregna dell’umidità del mare e dell’odore del sale. Gli alberi erano più bassi qui, piegati dal vento, tutti apparentemente piegati dalle raffiche orientali che non cessavano mai.
Valicarono una collina dopo l’altra. Le nuvole si fecero da parte nonostante la neve e la luna apparve nel cielo brillando su di loro e illuminando tutta la strada davanti a loro fino a dove riuscivano a vedere. Cavalcavano, guerrieri contro la notte, ed era una notte che Duncan avrebbe ricordato, lo sapeva bene, per il resto della sua vita. Sempre ammesso che fosse sopravvissuto. Quella sarebbe stata la battaglia dalla quale tutto dipendeva. Pensò a Kyra, alla sua famiglia, alla sua casa. Non voleva perderle. La sua vita era in linea insieme alle vite di tutti coloro che conosceva e amava ed era pronto a rischiare tutto quella notte.
Duncan si guardò alle spalle e fu felice di vedere che aveva raccolto parecchie centinaia di uomini, tutti che procedevano insieme verso uno scopo comune. Sapeva che anche con quei numeri si sarebbero trovati in estrema minoranza, di fronte a un esercito di professionisti. Migliaia di Pandesiani si trovavano ad Esefo. Duncan sapeva che Seavig aveva ancora centinaia dei suoi uomini allontananti dall’esercito a sua disposizione, ovviamente, ma non si poteva sapere se avrebbe rischiato tutto per unirsi a lui. Duncan pensava che non l’avrebbe fatto.
Presto si trovarono in cima all’ennesima collina e subito si fermarono tutti senza il bisogno di riceverne ordine. Perché lì in basso si distendeva il Mare delle Lacrime con le onde che si infrangevano contro la costa; il grande porto e la città di Esefo accanto ad esso. Sembrava che la città fosse stata costruita nel mare e le onde andavano a sbattere contro le sue mura di pietra. La città dava il retro alla vallata e si affacciava sul mare, con cancelli e inferriate che affondavano nell’acqua, più preoccupati di accogliere navi piuttosto che cavalli.
Duncan studiò il porto, le innumerevoli navi che