Lia. Delio Zinoni

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Название Lia
Автор произведения Delio Zinoni
Жанр Научная фантастика
Серия
Издательство Научная фантастика
Год выпуска 0
isbn 9788885356016



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Una folla di donne era raccolta sui moli, e i marinai salutavano dalle navi, le vele già spiegate al vento. Ma come potevano essere così lontani? Il Cortile non era grande tanto da contenere un porto... Ancora un’illusione: si trattava delle marionette, in un nuovo costume, vicine ma piccole.

      In primo piano, un sacerdote di venerabile aspetto. Con voce triste ma ferma narrò l’antefatto. L’isola di Nexus era devastata da pestilenza e sterilità: una maledizione della dea del mare, irata perché i suoi abitanti avevano lasciato perire i naufraghi di una nave senza prestare loro soccorso, onde potersi impadronire del ricco carico... Era la storia di Phenissa e di Teseius.

       Il naufrago si interruppe e ci guardò.

       Forse non la conoscete. Appartiene ad una terra lontana da qui. Bene dunque: ve la racconterò così come venne rappresentata quella sera da Lelius e dalla sua compagnia, nel Cortile Segreto di Morraine.

      (3) LA RECITA

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      Il sacerdote uscì, accompagnato da una solenne melodia di tube e di polifanti. Dalla parte opposta del palcoscenico entrò un eroe in splendida armatura. Anch’egli, nella generale sventura, aveva da portare il suo fardello. Si era sposato appena il giorno prima con la fanciulla più bella dell’isola. Aveva trascorso con lei appena una notte, ed ora doveva partire insieme agli ultimi uomini validi rimasti sull’isola, per cercare una nuova patria. Ed ecco giungere la diletta sposa, per l’ultimo saluto.

      Voi già immaginerete chi era la fanciulla che interpretava la parte di Phenissa. Ed io pure, quella sera nel Cortile Segreto di Morraine. Era colei che avevo atteso di vedere, fin da quando il carro si era allontanato lungo la strada. L’ovale bianco e perfetto del viso. Le labbra rosse come corallo. È inutile che mi dilunghi.

      Ma la sposa era velata. Come l’Ambiguità allegorica nel fregio del cortile, non mostrava il suo volto.

      Ma non poteva che essere lei! La grazia pudica dei movimenti, la figura esile e flessuosa sotto il ricco vestito in velluto porpora e verde smeraldo. E le mani: il loro roseo pallore sembrava imprigionare la luce delle lampade.

       A questo punto il viaggiatore rimase assorto qualche momento.

      Quando lei si sollevò il velo, i miei occhi erano così pieni di lacrime che non riuscii a distinguere il suo viso, e dovetti sbattere più volte le palpebre. Le labbra si muovevano. Stava parlando. Mi ero dimenticato di ascoltare. Con espressioni di tenero amore e di strazio per l’imminente separazione, si rivolgeva al marito Teseius, all’attore Lelius. Come può capitare a qualsiasi adolescente, sentivo quelle parole rivolte a me.

      Ma torniamo alla storia.

      Al pari delle altre donne, Phenissa giura al marito eterna fedeltà. Fosse pure fino alla fine dei loro giorni, attenderanno i loro uomini, tenendo acceso un fuoco in cima alla torre del faro. Teseius scompare dietro le quinte. Le navi partono, su un mare di tela azzurra ondeggiante.

      Termina così il primo atto. Cambia la scena: la città adesso è sullo sfondo; in primo piano una spiaggia deserta. Ricompare il sacerdote narrante: lunghi anni sono trascorsi in vana attesa. Esce il sacerdote ed entra Phenissa.

      Se prima avevo visto solo il suo viso, questa volta non potei fare a meno di guardare il suo corpo. Mi sentii avvampare. Il vestito della fanciulla era candido e piuttosto trasparente. E anche succinto. Era la prima volta in vita mia che vedevo tanto di una donna. In altri luoghi è diverso, ma Morraine è una città alquanto morigerata. D’altra parte, era l’abito consono alla situazione: Phenissa era venuta sulla spiaggia a bagnarsi, ma soprattutto a scrutare il mare e a sospirare per lo sposo lontano.

      In maniera del tutto naturale, il suo dolore si esprime attraverso il canto. Non cercherò di descrivere la sua voce. A che serve dire che era limpida come un ruscello montano, struggente come vento su una foresta innevata... Rammento solo il ritornello:

       Passò la rondine sopra le onde.

       Passò l’estate e passò l’inverno.

      Poi Phenissa si alza di scatto. Cosa ha visto? Scruta il mare... Le navi che tornano? Lancia un grido strozzato. Non è di gioia, piuttosto di angoscia. Corre sulla spiaggia. Mediante qualche macchina scenica, fra le finte onde appare una zattera, con una figura riversa a bordo.

      Ãˆ un naufrago, uno straniero. Phenissa è impaurita, eccitata, incerta. Ma un pensiero più di ogni altro la sprona: ecco, questa è forse l’occasione di fare ammenda dell’offesa recata alla Dea del Mare, causa di tutte le pene della sua gente. Un naufrago da salvare! Lo prende fra le sue braccia, lo rianima. Poi, forse per pudore o forse per timore, forse per un oscuro desiderio di possesso (anche se di tutto questo allora non compresi nulla), lo nasconde nella sua casa. Non osa rivelare alle altre donne la sua presenza.

      E a questo punto, immaginate il seguito. Chi di voi potrebbe rimproverare Phenissa: sposa per una sola notte ad un uomo che forse non sarebbe più tornato? Giovane, bella, piena di tenerezza, avendo accanto a sé un uomo dalle molte avventure?

      Si innamorò di lui. Resistette a lungo, ma Teseius lontano e appena conosciuto lasciò a poco a poco spazio nel suo cuore allo straniero, presente e salvato dalle acque.

      Non dalla furia delle altre donne, però. Poiché il frutto del loro amore non poté restare celato. In un’isola abitata solo da vecchi, donne e bambini, ecco Phenissa attendere un figlio! Lei non poté, non volle nasconderlo.

      Il giuramento violato, la gelosia, forse l'invidia, infiammano le donne, che decretano la morte degli adulteri. A stento il vecchio sacerdote riesce a salvare dalla loro furia il bimbo appena partorito.

      E per la seconda volta, nel tempo di una sola generazione, un naufrago sacro alla Dea del Mare (che nella sua triplice forma è anche Signora del Cielo Stellato e Ispiratrice del Desiderio Amoroso) veniva ucciso sull’isola di Nexus.

      La Dea medesima appare sulla scena, fra abbaglianti lampi di luce e fumi multicolori e musica minacciosa. La sapienza scenica di Lelius raggiungeva qui il suo culmine. La Dea, impersonata dalla signora del carro, maestosa nella sua furia. lancia la sua maledizione contro l’isola. Chiama in suo aiuto i venti di ponente e di occidente, di settentrione e di mezzogiorno. Evoca perfino le oscure potenze della terra profonda, il cui nome non è lecito pronunciare.

      Un maremoto tremendo squassa l’isola. Ondate immense la sommergono. Uccidendone tutti gli abitanti superstiti.

      Una tenebra rossastra calò sul palcoscenico. Poi, con la lentezza di un’alba primaverile, la luce si fece azzurra, limpidissima. Apparve l’isola: rigogliosa di piante, che ricoprono rovine un tempo maestose.

      Ed ecco una vela appare all’orizzonte. È una nave solitaria, male in arnese, che approda a fatica. I marinai sbarcano (sono le marionette), e due uomini avanzano sul proscenio. Sono anziani, la pelle scura e incartapecorita dal sole e dalla salsedine. Con accenti di gioia incredula e stanca salutano la loro buona stella. Finalmente hanno trovato una terra vergine per il loro popolo!

      Poi scorgono le rovine. Incertezza, angoscia, orrore si susseguono mentre riconoscono i palazzi, i fori, le case della loro giovinezza. Il vecchio Teseius esce di scena, disperato, quasi folle per il dolore della lunga, inutile separazione. Nella scena successiva è solo. Stringe in una mano qualcosa, che contempla fra le lacrime. È il monile che ha dato alla moglie come dono di nozze e pegno di fedeltà. Nell’altra mano, tiene un secondo monile: è di foggia straniera. Li ha trovati accanto a due scheletri, abbracciati nella morte, sotto un cumulo di pietre.

      I segni sono chiari, e Teseius è come annichilito da essi. L’altro vecchio cerca di confortarlo, di insinuare dei dubbi, ma la sua voce è priva di convinzione. Teseius piange,