Il Ventottesimo Libro. Guido Pagliarino

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Название Il Ventottesimo Libro
Автор произведения Guido Pagliarino
Жанр Философия
Серия
Издательство Философия
Год выпуска 0
isbn 9788873044031



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inusitato l’ha toccato, e gli ha detto: "Lo voglio. Sei sanato". La lebbra è scomparsa. Il Maestro ha raccomandato al guarito di non raccontarlo a nessuno, ma semplicemente di mostrarsi al sacerdote per ottenere la dichiarazione ufficiale di sanità, per essere riammesso fra la gente. Gli ha chiesto di presentare a Mosè l'offerta prescritta per i guariti, così che i sacerdoti avessero testimonianza che grazie al bene era avvenuta la guarigione, non per opera del maligno. Ecco l’inaspettato commento del giovane Giovanni, subito dopo avermi raccontato l'episodio: "Quell'uomo, inginocchiandosi, ha voluto mostrare al Maestro d'adorarlo: in lui ha sicuramente riconosciuto il cielo stesso!". Stava per aggiungere altro ma io, esterrefatto, l'ho zittito prima che qualcuno potesse udirlo e accusarlo di bestemmia. Non abbiamo, dopo secoli e secoli, ritenuto divini neppure Abramo, Mosè ed Elia, i più grandi di noi! I più grandi ma pur sempre semplici uomini! Gesú, è vero, perdona i peccati, e questo è prerogativa dell’Altissimo, ma certo lo fa in nome e col benestare del cielo, essendo suo Messia, non credendosi lui stesso l’Altissimo. Possibile che Giovannino sia così impulsivo da pensare che Gesú sia Colui che cammina sulla sfera di cristallo del firmamento? Egli è l'Unto, ma può forse essere considerato maggiore di Mosè? e se pure lo fosse, quale abisso, comunque, rispetto all'Incommensurabile! Giovannino è ancora un ragazzo, lo capisco, ma dovrebbe studiare a fondo la Torah e avere un po' più di prudenza. M'ero proprio sbagliato nel pensare che avesse una buona cultura religiosa.

      Entrando in Cafarnao, Gesú s'è visto venire incontro il centurione che comanda la caserma locale, un uomo che io conosco bene perché a lui consegnavo le imposte riscosse. Ormai quasi anziano, di origine plebea, ha fatto tutta la carriera nella nostra terra, iniziando dai ranghi. È vedovo e ha perso in battaglia l’unico figlio. È noto come uomo comprensivo, sebbene non si sottragga al dovere di castigare i suoi uomini che sbagliano e di combattere gli zeloti che attentano alla sicurezza della sua centuria. Non s’è convertito alla nostra religione ma è affascinato dall’idea d’un unico Creatore e Signore. Un paio di volte ne aveva discorso con me in piazza sapendo che conosco la Torah. La fama del Maestro doveva essergli giunta. Lo ha dunque implorato: "Signore, un servo che m’è caro giace in casa paralizzato, soffrendo terribilmente! L’avevo accolto tanti anni fa, piccino, in casa mia, essendo divenuto orfano di entrambi i genitori. Aveva fatto amicizia col mio unico bambino, giocavano assieme. Mio figlio mi è morto cinque anni fa combattendo al comando d’una decuria e quel servitore suo amico è divenuto per me interamente come un altro figlio. Sciaguratamente, da giorni non può più camminare, è debolissimo e temo sia rivolto egli pure alla morte. Mia moglie non c’è più, non lasciare ch’io resti del tutto solo". Il Maestro s'è detto subito disposto a recarsi a casa sua, ma il centurione ha risposto di no, perché non si sentiva degno di lasciar entrare Gesú sotto il proprio tetto; però sarebbe di certo bastata una sua parola, ha aggiunto, e il suo servo sarebbe guarito, così come lui centurione, pur essendo solo un ufficiale inferiore, se dava ordini veniva obbedito, e se diceva a uno dei suoi va', questi andava, o se gli ordinava vieni, l'altro veniva, oppure se gli diceva fa', faceva. Gesú è rimasto ammirato e ha esclamato: "Vi dico in verità che non ho mai trovato in Israele una fede così grande! Vi dico che molti gentili verranno dall'oriente e dall'occidente convertendosi, e saranno a mensa nel regno dei cieli con Abramo, Isacco e Giacobbe; ma aggiungo addolorato che parte dei figli d'Israele sarà nelle tenebre con sofferenza, in pianto". Quindi, al centurione: "Va', e sia fatto secondo la tua fede". S'è poi saputo che, proprio nello stesso tempo, il servo era guarito. Ho chiesto ai condiscepoli: "Cosa voleva dire Gesú affermando che non tutti i figli d'Israele saranno nella luce? ". Il solito Giovannino ‘sotutto’ m’ha risposto: "Voleva dire che non tutti gli ebrei accetteranno Gesú come Messia".

      Ecco, io ricordavo che solo a quel punto il Maestro, giunto a casa, avesse guarito la suocera di Simone. Infatti, proprio lo stesso giorno avevo saputo, dalla gente del mercato, del servo appena sanato e della guarigione della donna. Però, e l’avevo già annotato, è assai probabile che Simone si ricordi meglio di me, visto ch’era presente. Forse m'avevano parlato, insieme, d'un fatto appena accaduto e d’uno precedente.

      Due settimane dopo Gesú ha chiesto ai discepoli di passare con lui all'altra riva del Giordano per andare laddove non era ancora conosciuto, nella regione dei Gadareni; ma solo nel caso che si fossero sentiti pronti a sacrificarsi. Uno scriba ch’era divenuto suo seguace gli s'è avvicinato promettendogli che avrebbe continuato a seguirlo ovunque. Il Maestro ha voluto però metterlo in guardia da facili illusioni, fargli capire che seguirlo avrebbe voluto dire fornire un impegno totale: "Persino le volpi37 ", gli ha detto, "hanno le loro tane e gli uccelli i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo". Lo scriba ha desistito: "Continuerò a servire l’Altissimo in sinagoga". Gesú ha approvato. Al contrario, un altro discepolo gli ha chiesto di non seguirlo fin a quando fosse stato vivo il proprio padre, dicendogli nel nostro colorito linguaggio: "Permettimi prima di seppellire mio padre". In questo caso, evidentemente conoscendo la sua vigorosa fibra, Gesú lo ha esortato a lasciare il genitore e a seguirlo, rispondendogli con altrettanto colore: "Seguimi e lascia i morti seppellire i morti".

      Partito dunque coi discepoli più robusti e passato il fiume, Gesú ha percorso la strada che, per un certo tratto, costeggia il lago sull'altra sponda. Faceva assai caldo e si sono fermati presso un pescatore amico di Giacomo e Giovanni, per dissetarsi con la fresca acqua del suo pozzo. Visto che l’uomo aveva una barca con l’albero per la vela rotto, il Maestro gli ha chiesto se gliel’avrebbe imprestata, insieme a una piccola rete, nel caso lui gliel’avesse messa a posto. La strada a quel punto finisce e il terreno è accidentato, per cui sul lago si procede più speditamente. Sapendolo carpentiere provetto, il padrone ha subito accettato. Simone ha voluto aiutare Gesú, ma non essendo uno del mestiere, più che altro è stato d’ostacolo. Finalmente hanno salpato. In un buon punto, Andrea ha lanciato la rete e, dopo non molto, il Maestro ha detto: "C’è quanto basta" e l’ha recuperata egli stesso. In effetti, ce n'era una quantità grande, e dopo che hanno buttato in acqua il pesce impuro perché non squamato, è rimasto cibo puro più che bastante per tutti, che avrebbero consumato una volta approdati. Dopo un poco Gesú s'è addormentato; ed ecco che il cielo s’è fatto improvvisamente scuro di nuvoli, come tante volte succede sul nostro lago, ed è scoppiata una tempesta terribile; ma lui ha continuato a dormire. Così i discepoli, certo ispirati dall’Alto, l'hanno scosso implorandolo: "Salvaci tu, o siamo perduti!". S'è guardato per un attimo intorno, poi ha detto: "Perché avete paura, uomini di poca fede?". S'è alzato in piedi e, sgridando i venti e il lago ha ottenuto bonaccia. Tutti si sono meravigliati: "Chi è mai costui a cui addirittura i venti e il lago obbediscono?". È evidente che, pur avendo spontaneamente chiesto aiuto a Gesú, di fede non dovevano averne avuta molta. Finalmente sono sbarcati nel paese pagano dei Gadareni. Hanno cotto e mangiato il pesce, poi si sono avviati. Dopo poche centinaia di cubiti, da un sepolcreto dov'erano nascosti sono sbucati inaspettatamente due indemoniati completamente ignudi che, dopo essersi messi a saltellare sul posto, movendo su e giù le braccia come ali d’uccellaccio e con gli attributi virili che ballonzolavano in ogni direzione, sono scattati di corsa verso la compagnia urlando con voci stridule: "Merda! Culo! Che cosa abbiamo in comune con te, figlio dell’Altissimo? Sei venuto a tormentarci prima del tempo? Merda! Merda! Culo! Culo!". Immediatamente il Maestro ha fatto per scacciare la legione di diavoli della pazzia chiusa in quei poveretti, ma gli spiriti immondi, per bocca d’uno degli ossessi, l'hanno implorato: "Se vuoi scacciarci, mandaci almeno in quella mandria di porci ch’è là sull’altura, dove potremo rimanere comodi". Gesú ha acconsentito. I demòni, usciti dai corpi degl'insani son dunque entrati nei maiali, che immediatamente hanno preso a mordersi fra di loro; dopo un poco, hanno iniziato a saltare tutti assieme, in sincrono, su e giù, a ogni salto divaricando le zampe per quant’è possibile a quelle bestiacce, così come prima quei due uomini avevano fatto con le braccia; intanto grugnivano senza interruzione le parole umane: "Merda! Culo! Merda! Culo!". Ovviamente il guardiano dei porci s’è disperato; ma non era finita: improvvisamente tutta la mandria s'è precipitata giù verso il lago e le bestiacce, nessuna esclusa, son cadute nei flutti e sono morte.